Lunedi, 13/10/2014 - Ogni anno in India si "perdono" un milione di bambine: questa la cifra incredibile stimata da uno studio della Central Statistical Organization indiana, analizzando le oscillazioni della proporzione tra i due sessi nelle varie fasce d’età della popolazione negli ultimi 10 anni.
In termini assoluti le bambine indiane dagli 0 ai 6 anni nel 2001 erano 78,83 milioni, mentre nel 2011 erano 75,84 milioni. I maschi sono passati dagli 85,01 milioni del 2001 agli 82,95 milioni del 2011. Da questi e altri dati dello studio si vede che la percentuale di bambine cala più rapidamente rispetto ai maschi. Questo processo ha portato alla perdita di quasi 3 milioni di bambine, molto di più dei 2 milioni di bambini maschi mancanti nel 2011, rispetto al 2001. Adesso ci sono 48 femmine in meno per 1.000 maschi rispetto al 1981.
Nei dieci anni tra il 2001 e il 2011 il decremento nelle aree rurali è stato tre volte maggiore di quello verificatosi nelle città, il che proverebbe che il ricorso all’infanticidio, come anche all’aborto selettivo – probabile pratica più utilizzata in città - è tutt’altro che caduto in disuso. Alle radici di questo fenomeno la preferenza per i figli maschi, che non deprivano la famiglia di beni una volta sposati, al contrario delle femmine a cui bisogna provvedere la dote per assicurare un buon matrimonio. Anche se ormai il sistema della dote è illegale, è ancora ampiamente diffuso nel continente indiano. Serve un forte impegno su tutti i fronti -istituzioni, comunità e organizzazioni civili - per far sì che ogni nascita di bambina venga accolta con la stessa gioia di un maschietto.
Una delle organizzazioni che dal più tempo sono attive contro l’infanticidio è Terre des Hommes Core Trust che è riuscita a ridurre al minimo questo fenomeno nel distretto di Salem, dove solo 20 anni fa era molto evidente. Ho conosciuto in un recente viaggio in India Sudha, la responsabile del progetto Poonthaleer (“bocciolo” in tamil) una donna straordinaria che ha centinaia di “figlie”, oggi adolescenti, che la abbracciano quando entra nei vari centri di TDH Core che adesso frequentano. Alcune, come Vennila, oltre ad avere rischiato di morire da piccole perché femmine, hanno dovuto affrontare prove molto più grandi di loro, come la sieropositività, trasmessa dalla madre al momento del parto. Oggi, a 14 anni, Vennila vive con la nonna, dato che i genitori sono morti entrambi di AIDS. Ogni giorno le tocca prendere 9 pastiglie, che l’organizzazione le fornisce assieme ai materiali scolastici e altri beni di prima necessità.
“Noi le abbiamo salvate dalla morte, quindi siamo responsabili del loro benessere almeno fin quando diventeranno maggiorenni”, spiega Sudha, mentre tutta orgogliosa mi fa mostrare da Madhu Prya il suo album fotografico. Bella come un'attrice di Bollywood nel suo sari bianco e rosa, questa ragazza di 15 anni dice che diventerà una dottoressa e salverà la vita a molti bambini. Accanto a lei c’è la sorella Kashita, 14 anni, che vuole fare la poliziotta da grande. Nella loro casa tra i campi di cotone si respira pace e tranquillità, ma non sempre è stato così. Il padre aveva ordinato alla madre di disfarsi di quelle bambine, sarebbe costato troppo procurare ad entrambi una dote per un buon matrimonio. Per risolvere la cosa la nonna paterna aveva cercato di farle succhiare con il latte anche la linfa velenosa di una pianta locale. Il tempestivo intervento di Sudha e le altre operatrici del progetto ha evitato l’ennesima morte infantile, offrendo un accompagnamento alla famiglia che continua ancora adesso, grazie anche ai fondi raccolti in Italia da Terre des Hommes con il sostegno a distanza.
A Idapaddi, dove è nato il progetto Poonthaleer, è sepolto Edmond Kaiser, l’uomo che nel 1960 ha fondato Terre des Hommes. Negli ultimi anni di vita - una vita interamente dedicata all’“aiuto immediato dell’infanzia sofferente”, come ricorda la Carta di Terre des Hommes - Kaiser aveva deciso di vivere in India e occuparsi attivamente del progetto contro l’infanticidio femminile. “Poco prima che morisse abbiamo salvato due neonate gemelle”, racconta Sudha. “La mamma non voleva tenerle perché era troppo povera e aveva già un maschio e una femmina, il padre era sempre in giro a lavorare come bracciante. Vivevano in una capanna fatta di palme e pietre messe su alla bell’e meglio. “Costruiremo una casa in muratura in modo che non dobbiate preoccuparvi per il prossimo monsone”, promise Kaiser. Così abbiamo fatto, anche se straziati dalla sua morte. Adesso quelle bimbe hanno 14 anni e vanno molto bene a scuola. Ogni loro sorriso ci fa capire di essere sulla strada giusta”.
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