Natalia Maramotti Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2007
Il protagonismo femminile, assai circoscritto nei luoghi della decisione politica ed economica, è al contrario molto forte nell’ambito della solidarietà.
Le donne sono presenti nei luoghi dove la prestazione gratuita del loro lavoro per un fine comune, solitamente con rilevanza sociale, consente di giungere a risultati fattivi; le donne ci sono quando hanno la certezza che il loro tempo, risorsa preziosa quanto ridotta, viene convogliato in attività che producono effetti tangibili.
Le associazioni non riconosciute sono lo strumento per dare una veste giuridica all’esercizio in comune di una o più attività , non lucrative, attraverso una organizzazione stabile di più persone.
Ma come funzionano e soprattutto quali sono i rischi economici eventuali che si assumono aderendo ad una associazione?
Partiamo dagli elementi strutturali di una associazione non riconosciuta, ossia: l’esistenza di una organizzazione interna caratterizzata dalla assemblea degli/delle associate e da un organo amministrativo, l’esistenza di un fondo comune, lo scopo non lucrativo quindi culturale, politico o ideale, la struttura aperta del rapporto, cioè la possibilità che aderiscano al gruppo originario nuovi componenti.
L’ordinamento interno e l’organizzazione delle associazioni sono regolati dagli accordi delle/degli associate/i; quindi coloro che intendono associarsi debbono darsi un atto costitutivo ed uno statuto. L’atto costitutivo contiene tra l’altro l’elenco dei soci fondatori e le finalità dell’associazione, nello statuto sono contenute le regole di funzionamento degli organi associativi.
Al riguardo va detto che è consigliabile dare forma scritta a tali atti , anche se non è espressamente richiesto dalla legge, infatti l’atto costitutivo potrebbe anche risultare implicito al fatto che gli /le associati/e agiscono come gruppo organizzato. Ma allora perché apparentemente complicare le cose con la formalità dello scritto? Per vari motivi , ma soprattutto per favorire la prova delle regole dell’associazione, ad esempio nel caso del mancato rispetto delle stesse da parte di taluni associati/e.
Lavorare in gruppo con finalità condivise può essere fonte di conflitti, in particolare per ragioni economiche. Allora bisogna sapere che il “fondo comune” dell’associazione è costituito dai contributi degli associati (in genere il contributo associativo annuale) ed inoltre dai beni acquisiti tra cui anche gli immobili.
Infatti dal 1985 le associazioni non riconosciute possono essere titolari di immobili e dal 1990 possono accettare eredità, legati e donazioni senza richiedere il riconoscimento entro l’anno, come precedentemente previsto. Il patrimonio delle associazioni, costituito dal fondo comune e dai beni acquisiti, ha una sua autonomia patrimoniale in quanto si distingue e si differenzia da quello personale delle/degli associate/i. Tuttavia si parla di una autonomia “imperfetta” perché pur esistendo un patrimonio comune sul quale gli eventuali creditori possono far valere i propri diritti, rispondono delle obbligazioni dell’associazione solidalmente (quindi insieme) e personalmente anche coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione medesima.
Conviene anche ricordare che, finché dura l’associazione, gli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, che infatti appartiene all’associazione e non ai suoi componenti e quindi è intangibile, sia da parte di questi che da parte dei loro creditori personali.
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