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Lavoro: inoccupate, quindi fantasmi

Lavoro: inoccupate, quindi fantasmi

NOTE AI MARGINI -

Castelli Alida Lunedi, 05/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2011


Ogni tanto vale la pena analizzare i dati statistici che riguardano il mercato del lavoro, in ottica di genere e possibilmente nella loro completezza.

Ne sentiamo parlare spesso di questi tempi, qualcuno lo fa per ricordarci che in fin dei conti non stiamo poi così male: nei vari talk show è ormai abitudine sentirci ricordare che in fin dei conti la disoccupazione in Italia si attesta su livelli europei intorno all’8%, ed è vero. Si dimenticano di precisare che in realtà siamo al 7,6% per gli uomini e al 9,7% per le donne. Ma non siamo molto abituati a sentir dati divisi per sesso. Quello che poi nessuno aggiunge è il secondo dato che rappresenta il mercato del lavoro: gli occupati, che sono per il 67,7% maschi e 46,1% femmine. E qui, si deve ricordare l’obiettivo mai raggiunto di Lisbona che prevedeva per tutti i paesi il 60% di occupazione e che le donne italiane sono il fanalino di coda di tutta Europa, anche dopo Romania, Polonia, Slovenia e non solo rispetto ai Paesi del Nord Europa tradizionalmente più attenti all’occupazione femminile. Ma c’è un dato proprio dimenticato che da la vera informazione insieme agli altri sul mercato del lavoro: quello degli inattivi, cioè coloro che per le statistiche non si presentano proprio sul mercato del lavoro, non hanno un lavoro e nemmeno lo cercano. Un livello medio europeo di disoccupazione non intrecciato con quello degli inattivi non è comprensibile. In Italia gli uomini che si dichiarano inattivi, pur in età lavorativa sono il 26,7% le donne il 48,9%. Questo fenomeno è molto grave perché dimostra la totale sfiducia nei confronti delle opportunità di cambiare condizione, non c’è nemmeno più la voglia di cercare un lavoro, e questo dato è evidentemente più grave nelle regioni del sud, e per i giovani e le giovani. Paradossalmente un più elevato tasso di disoccupazione sarebbe meno grave, in quanto porterebbe sì alla luce un problema, ma indicherebbe anche che non c’è sfiducia ma piuttosto speranza. Invece le donne italiane sono le più “sfiduciate” d’Europa rispetto alla possibilità di lavorare.

Purtroppo nemmeno le ultime misure annunciate nella famosa lettera d’intenti all’Europa del mese di ottobre ci fanno sperare che la sfiducia possa diminuire. Nel capitolo definito “efficientamento” del mercato del lavoro si ripropone la solita misura, che è legge dal 2003, ripresa più volte in questi ultimi anni, del contratto di inserimento.

Peccato che l’Europa ci ha già bocciato, più di una volta, questo tipo di contratto perché discriminatorio!

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