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Lavoro e famiglia, insieme con affanno

Lavoro e famiglia, insieme con affanno

Intervista a Chiara Saraceno - Hanno smesso di cercarlo, soprattutto al sud, e quelle che non rinunciano non possono contare né sulla famiglia né sui servizi sociali

Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2006

Professore ordinario di sociologia della famiglia presso la Facoltà di Scienze politiche della Università di Torino, Chiara Saraceno ha condotto ricerche e scritto molto sui temi della famiglia. E' tra le massime esperte delle politiche familiari e dei problemi dello stato sociale e della povertà. Raccogliamo la sua voce autorevole sull'attuale situazione delle donne nel lavoro in relazione all'evoluzione demografica e sugli scenari che il governo e la società devono affrontare con un'attenzione specifica alle esperienze femminili e ai rapporti di genere.

E' vero che diminuiscono le donne in cerca di lavoro ?
Sì, è sconfortante anche se non sorprendente. Negli ultimi due anni l’aumento del tasso di attività delle donne si è rallentato e nel mezzogiorno, dove il tasso di occupazione femminile è molto più basso, è cessato. Siamo di nuovo di fronte al fenomeno delle “lavoratrici scoraggiate”A rinunciare sono soprattutto le meno istruite e quelle che l'Istat chiama 'l'offerta grigia'. Donne che cercano lavoro ma solo a condizioni di orario e distanza precisa, stanti i loro carichi familiari. Nel mezzogiorno è difficile sia trovare un lavoro sia sostenerlo avendo anche l'impegno familiare, perchè i servizi sono più scarsi e l'aiuto delle reti familiari è meno accessibile: le nonne hanno più figli e più domande a cui far fronte e poi la loro salute è meno buona. Facilmente una giovane occupata al sud non solo non può contare sui servizi, ma può contare meno che al nord sulla propria mamma o suocera, e può anche trovarsi a far fronte ai bisogni di queste.

Anche le nonne spesso lavorano ...
Questo non riguarda ancora del tutto le sessantenni di oggi, non entrate o uscite presto del mercato del lavoro. Ma le cose stanno cambiando col mutare sia dei tassi di partecipazione che delle norme pensionistiche.Le donne lavoreranno sempre più a lungo. L'attuale soluzione, non solo italiana, per cui le mamme aiutano le figlie che lavorano sarà sempre meno disponibile.

Aumentano le donne che abbandonano il lavoro con la nascita dei figli?
E' aumentato il numero, perché più donne sono occupate; ma non la percentuale. Le difficoltà continuano ad essere molte e pesanti. Soprattutto i primi anni sono durissimi, sia dal punto di vista organizzativo che psicologico. Anche nelle regioni più attente come l'Emilia Romagna, i servizi per la primissima infanzia coprono poco più del 25% a fronte di tassi di occupazione femminile in quella età che sono superiori al 70%. La richiesta di tempo parziale non è sempre possibile e può essere molto costosa. E la cultura diffusa è ancora ambivalente se non negativa nei confronti di una mamma che lavora quando il figlio è molto piccolo.

Come vede evolversi la questione della conciliazione dei tempi ?
Tre le questioni da affrontare: il problema di servizi, degli orari di lavoro e il fatto che occorre capire che la conciliazione è anche un problema degli uomini perché i bambini non sono soltanto delle mamme. Tutto il dibattito sulla conciliazione, sia a livello italiano che europeo, continua a considerare la questione come un problema esclusivamente femminile. Inoltre la necessità di conciliare non riguarda solo i bambini piccoli. Sono in aumento le domande di cura degli anziani fragili. Sono sempre più numerosi gli uomini e le donne che, oltre a stare sul mercato del lavoro, hanno responsabilità di cura di una persona non del tutto autosufficiente e con un carico maggiore dovuto ai pochi figli che possono condividere l'onere quotidiano.

Quale ruolo possono giocare le aziende private in relazione a questi problemi?
Le politiche sociali aziendali possono fare la loro parte. Si parla di 'flessibilità amichevole' per chi lavora e non solo funzionali alle esigenze delle aziende, che continuano ad investire poco in capitale umano. Dovrebbe essere possibile andare in part time in modo reversibile o poter modificare l'orario di lavoro a seconda dei bisogni di cura. Le esperienze in Italia sono poche e bisognerà lavorare sul fatto che il nuovo slogan della responsabilità sociale delle imprese si declini anche in politiche amichevoli verso i propri dipendenti e non soltanto nei confronti della squadra di calcio locale, oppure in un uso adeguato della flessibilità dei servizi esterni, invece di ricorrere in modo selvaggio ai call center. Contrariamente alle battaglie ideologiche di certa sinistra, io sono favorevole ai nidi aziendali aperti alla comunità locale, fatta salva la qualità. Mentre è stato un errore da parte del precedente governo aver tolto il finanziamenti agli Enti Locali allo scopo di finanziare i nidi aziendali, senza considerare che le micro-realtà lavorative del tessuto economico nazionale sono inadeguate a realizzare nidi aziendali. Alle strutture pubbliche non si rinuncia.

Governo Prodi, ha critiche e suggerimenti ?
Non ho risparmiato critiche pubbliche al modo in cui si è arrivati alla formazione del governo, sia per il ruolo marginale assegnato alle donne sia per lo spezzettamento dei Ministeri, in particolare quelli sociali, che rende estremamente difficile quell’approccio integrato che sarebbe necessario. Politiche del lavoro, politiche sociali, politiche della famiglia non sono settori separati. La riflessione su famiglia, organizzazione e responsabilità familiari non può avvenire separatamente dagli interventi e dalle politiche del lavoro da un lato, dalle politiche sociali (incluse quelle previdenziali) e delle pari opportunità dall’altro. Non tutte le politiche della famiglia sono politiche del lavoro, ovviamente. Però se crediamo seriamente che più donne – se lo desiderano - devono stare nel mercato del lavoro e che i giovani debbano avere la possibilità di divenire autonomi e formarsi una propria famiglia, dobbiamo avviare politiche del lavoro (degli orari, dei salari minimi, delle coperture previdenziali) conseguenti. D’altra parte, le politiche sociali, ad esempio nel campo della cura per le persone non autosufficienti, non possono continuare a riferirsi ad un modello di organizzazione familiare che, innanzitutto per motivi demografici, non c’è più.

Perché le donne sono meno presenti in politica?
Sono un po' scoraggiate, e l’organizzazione della politica è ancora meno amichevole di quella del lavoro. Ma non ci si può chiamare fuori. Non possiamo solo considerarci vittime. Se non partecipiamo, anche conflittualmente, non possiamo dirci innocenti.
(27 settembre 2006)

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