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Lavoro, buone pratiche al Governo

Lavoro, buone pratiche al Governo

Intervista a Rosa Rinaldi - Un 'Libro Bianco' che racconti la condizione e il lavoro delle donne nel nostro Paese e che proponga soluzioni a breve ed in prospettiva.

Castelli Alida Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2007

Rosa Rinaldi inizia giovanissima il suo impegno politico e sociale, che matura nell'ambito del lavoro con la Cgil fino ad arrivare nella direzione nazionale della FIOM. Negli anni ’70 è Presidente del comitato di gestione del primo consultorio familiare realizzato nella provincia di Milano e si occupa della popolazione, specialmente femminile, a seguito del drammatico evento di contaminazione di diossina dell’Icmesa di Seveso. In quella realtà incontra i movimenti delle donne, in particolare l’UDI e si impegna nelle battaglie di quegli anni per una maternità libera e consapevole e contro l’abrogazione della legge 194. Assunto l’incarico di rappresentante sindacale della CGIL alla Provincia di Milano realizza, a metà degli anni ’80, la prima esperienza di Azione Positiva nel pubblico impiego. Per Rifondazione Comunista è prima Vice Presidente della Provincia di Roma e oggi Sottosegretaria al Lavoro.


La presenza delle donne sul mercato del lavoro italiano è ancora molto bassa e sarà difficile raggiungere nel 2010 gli obiettivi di Lisbona. Quali le priorità secondo lei ?
In effetti negli ultimi anni abbiamo assistito ad un generale peggioramento nelle condizioni di vita e di lavoro che hanno fatto arretrare diritti e dignità delle lavoratrici e di tutti i lavoratori più in generale. Si manifestano, si aggravano e permangono condizioni di grave discriminazione. I livelli di disparità salariale tra uomini e donne, le condizioni lavorative sempre più precarie e perduranti nel tempo, le pensioni sotto i livelli di sussistenza, le nuove povertà, la perdita del diritto di maternità, in primo luogo come diritto di scelta, sono i segnali gravi che costituiscono tutti una sorta di priorità , se non di vera e propria emergenza. Anche in occasione dell’Anno Europeo per le Pari Opportunità, intendiamo realizzare un programma d’azione, che si propone di superare condizioni di discriminazioni salariale ed occupazionale, francamente intollerabili, a più di 15 anni di distanza dalla Legge 125. Secondo i nostri dati, oggi in Italia le donne guadagnano da un minimo del 15% fino ad un 40% in meno dei loro colleghi uomini, a dispetto di livelli di scolarità decisamente più alti. Così come “la precarietà è donna” in quanto fra gli atipici più del 54% sono donne, a fronte di una minore presenza femminile nell’occupazione, specie al Sud dove siamo drammaticamente lontane dagli obiettivi di Lisbona. Riteniamo importante realizzare una sorta di 'Libro Bianco' sulla condizione delle donne che sappia dar conto del lavoro delle donne nel nostro Paese e sappia anche proporre soluzioni a breve ed in prospettiva.

Una nuova “stagione” di azioni positive potrebbe invertire questa tendenza fortemente discriminatoria nelle retribuzioni?
Nel progetto che abbiamo promosso per il 2007 ci proponiamo di sviluppare a livello nazionale e locale azioni concrete ed innovative, tese a rimuovere le differenze salariali. A seguito di questi interventi valuteremo quelli più virtuosi, “Best Practices” per introdurre una sorta di certificazione di qualità della non discriminazione e proporre modelli riproducibili ed esportabili anche sul piano europeo. Si agirà, inoltre, sulle politiche nazionali e locali anche attraverso la promozione e la revisione di normative e nuovi dispositivi quali un marchio di certificazione di qualità di genere (bollino rosa).

Sulla base delle sue esperienze il ruolo riproduttivo affiancato a quello produttivo condiziona in maniera differente il rapporto donna-lavoro nelle diverse aree del nostro Paese e rispetto al resto d’Europa?
Sicuramente quello delle politiche di conciliazione rimane ancora oggi uno dei grandi problemi insoluti nel nostro Paese, che fa la differenza tra l’Italia ed il resto dell’Europa.
Basti pensare che, ancora oggi, la nascita di un figlio toglie più di una donna su 10 dal mondo del lavoro: il 40% delle donne italiane che non lavora dichiara di farlo per prendersi cura dei figli.
Il processo di condivisione del lavoro domestico per le donne italiane è a livelli molto arretrati rispetto agli altri Paesi dell'UE, ma il fenomeno dell’abbandono del lavoro da parte delle neomamme è determinato non solo dalla debolezza dei servizi di conciliazione ma anche da una certa miopia dei datori di lavoro, che, ancora oggi, sono spaventati dall’eventualità di assenza per maternità e delle sue ricadute. Questa svalutazione della maternità da parte delle imprese è, a mio avviso, il principale ostacolo per tante giovani precarie per potere scegliere liberamente quando fare figli. Scelta che rischia di essere proposta come l’alternativa “obiettiva” alla stabilizzazione.
(15 marzo 2007)

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