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Laura Prati, il femminicidio di una Sindaca

Laura Prati, il femminicidio di una Sindaca

Femminicidio - La morte della Sindaca di Cardano al Campo, Laura Prati

Brizzi Elisabetta Domenica, 29/09/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2013

Cosa accade quando una donna impegnata nella società civile, dedita con passione a ristabilire la legalità nelle istituzioni, promotrice di un nuovo modo di partecipazione alla politica, sostenitrice della lotta per i diritti della donna, incrocia sul suo cammino un uomo che utilizza la divisa per colmare il vuoto di una personalità senza spessore culturale, morale, civico e che ha un culto delle armi pari alla rabbia con cui le utilizza? La risposta è sotto gli occhi di tutti. La morte della Sindaca di Cardano al Campo, Laura Prati, credo debba essere letta in questa chiave. Nei giorni successivi al decesso, avvenuto il 23 luglio 2013, tutti i quotidiani italiani portavano alla luce particolari precisi sulle dinamiche che hanno travolto la vita, non solo della prima cittadina ma di tutte le persone oneste che avevano trovato in lei un riferimento. E man mano si andava costruendo uno scenario da femminicidio. Gli elementi per affermare questo sono i soliti e riconoscibili: un uomo che non accetta di sottomettersi al potere decisionale di una donna, con tutti i corollari connessi. L’ex Comandante dei Vigili Urbani ha accettato dai giudici la condanna per truffa e concussione ma non poteva proprio digerire che una donna gli togliesse la divisa. L’azione della Sindaca è stata una inevitabile ricaduta del primo evento e, soprattutto, dettata dal rigore morale che ci si aspetta in tali circostanze. Quindi se l’assassino, nella sua logica, riteneva di essere stato ingiustamente condannato perché non ha colpito i giudici? Giuseppe Pegoraro viene descritto come un “Rambo per il numero e la tipologia di armi rinvenute nella sua abitazione…”. A dispetto di quelle foto che lo ritraggono come un inoffensivo e attempato uomo con i baffetti. In realtà noi sappiamo, per cronaca quotidiana, quanta violenza possa nascondersi dietro la rassicurante immagine di un padre di famiglia. Quando ha varcato le porte del municipio di Cardano, quel 2 luglio, aveva con sé due fucili, due pistole, due pugnali e 800 proiettili. Avrebbe potuto fare una strage ma a lui interessava “regolare i conti…” con una sola persona. Morta lei, ha dichiarato dopo la cattura, si sarebbe probabilmente suicidato. Sembra ripercorrere la tragica sequenza di atti che ogni giorno, ormai, raccontano la violenza maschile sulle donne. Questo femminicidio rientra a pieno titolo nella lista che si va compilando nel tentativo di dare una collocazione precisa a crimini altrimenti considerati: delitti d’onore, d’amore non corrisposto, da raptus omicida, etc. La filigrana che, in controluce, unisce tante storie è la medesima: riportare la donna al suo stato di soggezione perenne. Anche in modo estremo, appunto. Occorre sottolineare, inoltre, che la percezione dell’accaduto è stata deviata dalla carica istituzionale ricoperta da Laura Prati. Molte delle cose che sono state dette e scritte parlano di “un Sindaco caduto per motivi di servizio”, di “un primo cittadino portato immediatamente in ospedale per le gravi ferite riportate…”. Si è voluto porre l’accento su ciò che la vittima faceva e non sul suo essere donna nel farlo. Tanti discorsi dove la beffa del destino si unisce al danno: Laura Prati era riuscita, all’interno della sua comunità, a trasmettere la giusta consapevolezza del valore delle parole. Lei era “la Sindaca” in quanto donna. E tutti le si rivolgevano in tal modo. Un cambiamento in apparenza piccolo ma con una valenza straordinaria in termini di relazione tra le persone. Leggendo i quotidiani di martedì 23 luglio che davano la triste notizia del decesso si poteva notare una certa ricorrenza nell’impaginazione di varie testate: la morte della Sindaca accanto alla notizia di un cantante indagato per le violenze fatte alla compagna e nello stesso foglio la notizia raccapricciante di un figlio che, dopo aver smembrato il corpo della madre, ne cucinava sulla griglia dei pezzi. È come se si fosse avvertito un fatto prima di averlo compreso. Nessuno parlava di femminicidio per la Prati ma se ne associava il destino con fatti dove ciò era conclamato o con atti violenti contro una donna in quanto tale.



Elisabetta Brizzi, UDILab Monteverde (Roma)

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