Domenica, 04/06/2017 - Non lo avevo mai letto prima, e conseguentemente non ci avevo mai riflettuto. Laura Biagiotti veniva definita, come ho imparato nei tanti articoli dopo la sua morte, insieme a pochissimi altri suoi colleghi, “la stilista parlate”, ovvero una donna che diceva la sua non semplicemente sulle sue creazioni di moda ma sui perché di scelte coraggiose, o su come rispondeva all’amore e passione, per il suo lavoro, per l’arte, per la sua città, Roma (... le piaceva ripetere che al contrario si legge amor). Una città a cui ha dedicato un profumo, dalla bottiglia a forma del troncone di una tipica colonna romana scannellata. Un profumo che venduto nel tempo in più di 80 milioni di pezzi, ha garantito le risorse secondo la volontà della Biagiotti per restaurare tante opere della Capitale, comprese le fontane di Piazza Farnese, o una parte della facciata del Campidoglio, disegnata da Michelangelo, per citare luoghi assai famosi. Roma, che Laura Biagiotti amava in maniera attiva e di cui parlava bene, sempre e nonostante, e che di lei rimane orfana e che con lei si porta via una voce costruttiva e positiva di cui la Città ha un disperato bisogno. I giornali l’hanno definita “mecenate” per la città. Un termine un po’ in disuso ma forse il più adeguato per chi, come lei, credeva in Roma e su Roma ha scommesso.
Ho iniziato da quì, da Roma, non solo perché sono romana e ogni volta che si “indebolisce” il fronte di chi l’ama e ha una voce che risuona, mi sento più povera anche io. Ma certo è proprio quel profumo citato che ricorda come lei, Laura, doveva prima e innanzi a tutto la sua fama alla moda, al suo modo d’interpretarla e di dare o suggerire una personalità alle donne che voleva vestire. E si sa, una stilista non parla solo a chi può permettersi i suoi abiti ,ma ispira una linea e uno stile o un modello che verrà vissuto e interpretato a tanti livelli. E allora per noi, per noi donne vorrei dire, già la storia di Laura Biagiotti ispira una credibilità che ha uno spessore di marca femminile che va oltre la moda e racconta una capacità e una energia che ha segnato la sua carriera e la vita.
Laura Biagiotti iniziò il lavoro a fianco della madre Delia, che gestiva un atelier di alta moda sulla via Salaria, e sulla sua scia continuò, nonostante una appassionata laurea in lettere, se ho letto correttamente, con indirizzo in Storia dell’arte, a cui teneva molto e che forse fece inizialmente fatica a lasciare come impegno di lavoro e di vita, tornandovi poi con azioni concrete - come accennavo - e con un “potere” economico e mediatico.
Ma certamente per il mondo, in primis, è venuta a mancare la stilista di successo che, come ha scritto qualcuno, sapeva disegnare i sogni delle donne, la regina del cachemir e del bianco dei cui modelli aveva fatto le sue mosche nocchiere come “l’abito bambola”. L’imprenditrice colta, consapevole e anticipatrice nelle strade da percorrere. Non a caso da pioniera affrontò il mercato cinese .
Questa donna, gentile ma determinata e capace, ha lasciato un'altra donna, la sua unica figlia Lavinia, che da tempo già collaborava con lei, a prendere il testimone di un'impresa di grande successo femminile all’ennesima potenza, per gestione e clientela. Un'impresa che, dietro il fascino e la ricchezza culturale e d’amore per il progetto, presumo dia occupazione a molte persone e impegni figure professionali dai molteplici profili.
Accanto al dispiacere per una morte improvvisa di una bella e importante figura, l’auspicio è che come fu per lei nei confronti di sua madre Delia, Lavinia, che fortunatamente questo impegno già lo condivide da anni, scelga di continuarlo, segnandolo ovviamente più che mai, oggi, della sua personalità ma prendendo spunto da sua madre, alla quale era molto legata, nel rilanciare il tiro di un'impresa poliedrica e vincente di un Made in Italy tanto femminile e tanto di successo. Anche grazie ad una “stilista parlante” perché forte del suo progetto e dei suoi “amori”.
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