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L’unione fa la forza

L’unione fa la forza

Reggio Emilia/ Democrazie partecipate per la coesione civile - Per sollecitare riflessioni e dibattiti tra sindacato, territori, istituzioni e società civile è partita l’iniziativa “Oltre l’otto marzo” che si diffonderà nei prossimi mesi in tut

Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2005

Oltre l’otto marzo, è l’iniziativa è delle donne della CGIL e dello SPI CGIL e ha preso il via lo scorso 11 marzo con un appuntamento dedicato al tema “Universalità dei diritti e cittadinanza di genere. Le sfide nei processi di riforma costituzionale italiana ed europea” che ha visto la partecipazione di Elena Paciotti, Giancarla Codrignani e Marisa Rodano, sollecitate dall'intervento della giornalista Sandra Bonsanti.
“Occorre fare il punto sulla situazione in materia di genere, sia a livello nazionale, regionale che locale – hanno affermato le organizzatrici - incrociando non solo riflessioni a partire dalle normative in vigore che tutelano le donne, ma anche dalle condizioni e dalle pratiche di vita che più marcano e segnano le nostre collettività sulla condizione di genere. Dobbiamo riflettere sul nodo che passa dall'affermazione di un generico principio di uguaglianza e di non discriminazione che attraversa e ripercorre tutti i testi fondamentali del sistema internazionale sui diritti umani, al principio specifico di non discriminazione delle donne e quindi si tratta di fare il punto su ciascun diritto conquistato sul terreno dell'uguaglianza e della differenza. Lo scambio, reale e profondo, deve superare l’ambito sindacale ed estendersi a tutti i soggetti istituzionali, associativi, culturali che intendono lavorare sui temi dell'universalità dei diritti, del riconoscimento delle diversità e della necessaria integrazione sociale, delle libertà fondamentali, nonché sul principio di autodeterminazione. Tutto ciò implica un lavoro d'intreccio tra diritti del lavoro, diritti economici e sociali, principi etici, diritto di famiglia, diritti sessuali e riproduttivi, con un legame inevitabile ai temi caldi dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita, al nostro no netto alla riforma della nostra Carta costituzionale, al diritto-dovere all'integrazione, nel riconoscimento delle diversità culturali, etniche e razziali oltre che di genere”.
Una particolare riflessione in seno a questo percorso è dedicata proprio al Trattato costituzionale europeo e al processo di riforma costituzionale italiano. “Da una parte vi è l’esigenza del rispetto di una sovranità popolare garantita dalle rispettive Carte costituzionali per le quali le regole servono a disciplinare ma anche colmare deficit di democrazia attuativa, dall’altra si fa strada il concetto che il sistema di decisione politica non è solo garantito dal sistema di consenso elettorale, ma piuttosto debba essere legittimato da una rete permanente di coesione civile, sociale e politica che, mentre va a riconoscere la pluralità di culture e di orientamenti, renda effettivamente sostanziale la stessa democrazia. Bisogna inoltre chiedersi – hanno osservato le donne del coordinamento - se Trattato europeo e riforma costituzionale italiana siano entrambi frutto di effettive strategie costituenti tenendo sempre presente che lo scopo di qualsiasi carta costituzionale è quello di garantire ordine e prevedibilità nei rapporti tra gli organi istituzionali, tanto da creare le premesse per la costruzione del consenso e della rappresentanza dei bisogni e delle aspirazioni della gente. Laddove l’obiettivo fallisca il sistema sociale e politico si fonda sul conflitto. Secessionismo, premierato assoluto, centralismo e devolution amplificano il conflitto, definendo di volta in volta campi di scontro, tra Stato e Regioni, tra organismi parlamentari e premier. In particolare, per quanto riguarda il disegno di riforma costituzionale italiana va amplificandosi il conflitto, discriminando, ad esempio, i cittadini in relazione, ai diritti e alle opportunità di diritti fondamentali com’è quello all’istruzione, alla salute alla sicurezza, alla legalità, oltre che alla sostanziale esigibilità di prestazioni sociali e sanitarie, prevedibilmente sempre più disomogenee rispetto a un livello standard nazionale”.
In ordine alle questioni della rappresentanza di genere nelle assemblee elettive, la riflessione riguarda “la grande distanza che separa la maggior parte delle donne dai luoghi del potere politico/economico e dalle istituzioni rappresentative, per cui esiste ancora un certo scollamento dal concetto di cittadinanza plurisoggettiva”. Quello che occorre, dunque, è “battersi per l’affermazione dei diritti fondamentali alla persona e alla cittadinanza, rivisitati in un’ottica di genere, condivisa a livello europeo, per avere pari accesso ai servizi sociali di base, pari opportunità di partecipazione ai processi decisionali in politica e in economia, pari retribuzione per lo stesso lavoro, parità di tutela giuridica e richiedere l’eliminazione di ogni forma di discriminazione sessuale e di violenza nei confronti delle donne. Tutto ciò deve divenire elemento costitutivo della cittadinanza europea e obiettivo della pratica politica”.


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