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L'arte della natura

L'arte della natura

- Alla Pinacoteca di Brera va in scena l’intreccio tra natura e pittura. È Arte Horto, percorso artistico-botanico

Bartolini Tiziana Domenica, 04/10/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2015

 Lo sfondo, in un angolo, raffigura la raccolta (forse sono ciliegie) e introduce la ‘Fruttivendola’, protagonista, insieme al tripudio di frutti e ortaggi ordinatamente disposti in ceste e piatti, della grande tela di Vincenzo Campi (1536-1591 circa). Ma l’attenzione è richiamata sulle more, frutti del Gelso nero che nel Rinascimento era pianta “connessa alla saggezza, alla pazienza, alla diligenza”. Tra le tante informazioni che l’elegante opuscolo porge al visitatore, si apprende che della Morus nigra L. si apprezzavano “le proprietà medicinali, già riferite da Galeno, che ne impiegava i frutti maturi come purgante, quelli immaturi come astringenti e la corteccia come vermifugo”. Ecco servito ‘l’assaggio’ di Arte Horto, percorso artistico-botanico che propone l’osservazione di alcuni particolari raffigurati in 17 tele, scelte tra i tanti capolavori di pittura ospitati nella Pinacoteca di Brera a Milano. L’intento dell’iniziativa, che si inserisce tra gli eventi di ‘Expo in città’ ed è visitabile fino al 31 ottobre 2015, è quello di sottolineare l’importanza simbolica e culturale del mondo vegetale nei dipinti. La visita continua nell’Orto Botanico adiacente, oppure può iniziare proprio dalla magia dei suoi colori e profumi.

È un itinerario affascinante con cui Aboca, in collaborazione con l’importante struttura museale voluta da Maria Teresa d’Austria, ha voluto richiamare l’attenzione sull’intreccio vitale tra uomo, natura e cultura accanto ai profondi legami con le piante medicinali, per millenni l’unica cura contro le malattie e sollievo dai malanni. Della pera, frutto del Pyrus communis L, conosciamo il sapore e le molteplici forme ma abbiamo dimenticato il suo ruolo terapeutico “utile perfino per eliminare la tossicità dei fungi velenosi”, come spiega un prezioso opuscolo soffermandosi sulla splendida ‘Madonna della Candeletta’ di Carlo Crivelli (1430-1495 circa). Il poetico ‘Fiori nel chiostro’ di Eugenio Gignous (1850-1906) mette in primo piano la Malvarosa, che nel linguaggio dei fiori nell’Ottocento rappresentava la fertilità e l’ambizione femminile ma, prima ancora, secondo Ippocrate era efficacissima “per ogni tipo di ferita e contro i morsi velenosi di serpenti, ragni e scorpioni”. Certo non tutti sanno che la verga consegnata ai pretendenti di Maria fosse di legno di Oleandro; così dice la tradizione, opponendo forse al candore della Madonna l’immagine fosca della sua nota tossicità. E lo spunto per sapere che il Nerium oleander L. è lo stesso ‘ammazzalasino’ delle Metamorfosi di Apuleio lo offre nientemeno che lo ‘Sposalizio della Vergine’ di Raffaello Sanzio (1483-1520). Una mostra nella mostra che regala sorprendenti sguardi, fornisce spunti e informazioni, rinnova miti e leggende in una sapiente e piacevolissima miscellanea che è occasione per apprezzare la ricchezza della trama e dell’ordito con cui è tessuta la nostra cultura. Un insolito viaggio insieme ai maestri della pittura che non delude.

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