Bartolini Tiziana Sabato, 26/04/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2014
Nell’arco di una manciata di settimane abbiamo visto giurare sulla Costituzione 8 ministre, poi per le elezioni europee sono state candidate 5 capolista e qualche giorno dopo ecco 3 - o forse 4 - top manager arrivare alla presidenza di importanti società controllate dallo Stato. C’è di che rimanere stordite. I fatti sono incontestabili, ma la loro lettura non è univoca. Luciana Littizzetto dalla tribuna di ‘Che tempo che fa’ ha detto la sua spiegando che “al Governo devono andarci persone competenti, a prescindere che siano uomini, donne, gay, stranieri o opossum” e ha precisato di non credere alla “storia che le donne non hanno possibilità di far carriera”. Ringraziamo per il sostegno, simpatica Luciana, ma ci permettiamo di osservare: 1) che quando in Italia vedremo le competenze nella classe dirigente tutta, compresa quella politica, vorrà dire che saremo finalmente una democrazia compiuta e non più un paese ingessato dalle clientele e dal familismo; 2) che solo quando i posti di responsabilità saranno ‘normalmente’ affidati a chi possiede adeguate capacità potremo smettere di sollevare il problema dell’equilibrio di genere per quei ruoli; 3) che, obiettivamente, non tutti gli uomini ai vertici sono preparati quanto dovrebbero, argomento frequentato solo per analizzare i curricula delle carriere femminili; 4) gli impedimenti per le donne di avanzare nel lavoro sono oggettivi e, volendo, anche certificati da autorevoli istituti di ricerca e da statistiche. La questione vera, piuttosto, è che dobbiamo fare la fatica di continuare a spiegare delle evidenze. Analoga domanda ce la siamo posta ascoltando Sabina Guzzanti che, intervistata da Lilli Gruber a ‘Otto e mezzo’, ha definito le candidature femminili “un’operazione demagogica spacciata per rinnovamento” e le ministre “donne immagine” perché sono “giovani” e non “possono avere le competenze necessarie”. Sembrerebbe un paradosso, ma siamo ad un punto in cui è un problema se le donne ci sono e se non ci sono. D’accordo, rimangono irrisolte alcune questioni fondamentali: quali donne, con che storia, per fare cosa e in che modo, per cambiare ma verso quale direzione…. Sono problemi che non possono appartenere a chi ha deciso quelle nomine. A proposito, il fatto che siano frutto di scelte operate da uno o più uomini è un tema? Certamente lo è, così come è una questione nuova e da approfondire che molte - anzi troppe - di loro non riconducano all’impegno dei movimenti delle donne la designazione ottenuta. Forse è vero un po’ tutto: che sono giunte fin lì perché sono brave e anche perché altre hanno lottato affinché loro potessero arrivarci, che sono state ‘promosse’ perché il dinamico Presidente del Consiglio Renzi non può essere innovatore escludendo le donne, che nei giovani il maschilismo un po’ si è attenuato oppure sa ben camuffarsi, che il Governo usa messaggi simbolici anche per alimentare la demagogia necessaria a sostenerlo. È tutto un po’ vero. Così come è vero che si stanno aprendo scenari che chiedono anche alle donne nuove riflessioni coltivate al di fuori delle categorie e delle contrapposizioni femminili e femministe che hanno attraversato il Novecento. Una nuova agenda è da scrivere, ma intanto ci conviene salutare positivamente l’aumento delle donne ai vertici. Abbiamo la speranza che con loro il dialogo possa muovere da un sentire condiviso, ma siamo anche curiose di costruire rapporti con posizioni apicali sempre più popolate di un femminile che è tutto da sperimentare nella sua capacità di svelarsi al meglio. E, magari, di liberarsi davvero.
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