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L’oscurità dei governi ha spento il fuoco di Amnesty

L’oscurità dei governi ha spento il fuoco di Amnesty

Emergenza diritti umani - Roma, Amnesty International: presentato il Rapporto annuale 2008

Valeria De Simone Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2008

‘ E’ meglio accendere una candela che maledire l’oscurità’. Con questo motto , fin dalla sua fondazione nel 1961, Amnesty International ha fatto leva sull’opinione pubblica in favore del rispetto dei diritti umani sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo. Nel giro di pochi anni, così, l'organizzazione ,che conta oggi oltre due milioni di sostenitori provenienti da 140 nazioni, fu insignita del Premio Nobel per la pace e del Premio delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Tutto questo non è stato,evidentemente,sufficiente se il 27 maggio scorso ,in occasione della presentazione del “Rapporto 2008- La situazione dei diritti umani nel mondo”, Amnesty International ha chiesto ai leader mondiali di porgere le proprie scuse per 60 anni di fallimenti in merito alla salvaguardia dei diritti umani.
I dati del 2007 parlano chiaro ; è sufficiente prendere in considerazione alcuni tra i fondamentali articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo per constatare come le promesse siano state disattese:
ARTICOLO 1“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.
Solo nei primi sei mesi del 2007,in Egitto, 250 donne sono state assassinate dal marito o da altro familiare; ogni ora sono stati commessi, in media, due stupri. L’Africa,poi, è tuttora devastata da conflitti armati interni accompagnati da gravi violazioni dei diritti umani come uccisioni illegali e torture di vario genere.
ARTICOLO 7“Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a un’eguale tutela da parte della legge”. Amnesty International ha rilevato, nel 2007, legislazioni discriminatorie contro le donne in almeno 23 paesi, contro i migranti in almeno 15 paesi e contro le minoranze in almeno 14 paesi. Le donne,in particolare quelle migranti, hanno subito discriminazioni diffuse e sistematici abusi dei loro diritti umani. Inoltre,l’assenza in alcuni paesi di leggi che criminalizzino in modo specifico la violenza domestica, ostacola la creazione di servizi adeguati e la prevenzione degli abusi.
ARTICOLO 18“Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”.
Nel 2007, Amnesty International ha registrato prigionieri di coscienza in 45 paesi.
Alcuni paesi latinoamericani, in particolare l’ America Centrale e i Caraibi ,che hanno subito in passato regimi autoritari, risentono,ancora oggi, della mancanza di indipendenza della magistratura e della debolezza politica degli esecutivi . Nel continente asiatico,invece, il protrarsi dei conflitti e l’incremento delle violenze da parte di gruppi armati continuano ad essere all’origine di gravi violazioni ai diritti umani.
L’Europa,infine, è colpevole secondo Amnesty dell’ utilizzo di approcci repressivi verso l’immigrazione irregolare di chi tenta di fuggire da persecuzioni, violenze o povertà.
Anche l’Italia, con il suo‘clima di razzismo ‘- afferma Daniela Carboni, direttrice dell’Ufficio campagne e ricerca della Sezione Italiana di Amnesty International,rischia di ‘trasformarsi in un paese pericoloso’. Infatti, ‘Atti normativi approvati con un approccio affrettato e propagandistico, dichiarazioni discriminatorie e attacchi xenofobi stanno minando seriamente i diritti umani fondamentali delle minoranze presenti nel nostro paese, in una preoccupante linea di continuità nel passaggio da un governo al successivo.’ In questo senso l’omicidio di Giovanna Reggiani, dello scorso novembre,per mano di un rom è percepito non come ‘l’ennesima violenza contro una donna’ ma come frutto della tendenza all’illegalità e alla violenza delle minoranze.
La Carboni sottolinea anche che ‘abbassare la soglia dei diritti per specifici gruppi di popolazione, oltre a essere di per sé inaccettabile, comporta una generale erosione dei diritti individuali di ogni persona in Italia. Per contrasto, invece, le istituzioni italiane non sentono l’urgenza, per esempio, di introdurre misure efficaci contro la tortura né di fermare le esportazioni di armi verso paesi in cui vi sono bambini soldato’. L’Italia,inoltre, non è ancora stata dotata di un’istituzione nazionale di monitoraggio sui diritti umani e di un organismo indipendente di controllo sull’operato della polizia , non ha ancora ratificato il Protocollo opzionale alla CAT (Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura) e ha lasciato irrisolte questioni rilevanti quali le torture al G8 di Genova del 2001.
In generale,il rapporto annuale di Amnesty International ha messo in evidenza come il più grave problema di oggi sia la mancanza di una visione comune e di un’unità di intenti dei leader mondiali che negli ultimi decenni ‘hanno mostrato di privilegiare l’abuso di potere e interessi egoistici piuttosto che il rispetto dei diritti dei popoli che rappresentano.’
‘C’è una sempre maggiore domanda di giustizia, libertà e uguaglianza’- dichiara Paolo Pobbiati, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International, nel corso della presentazione del Rapporto Annuale 2008- ‘Le immagini dei monaci birmani, degli avvocati pakistani e delle donne iraniane che nel 2007 hanno riempito le strade e le piazze dei loro paesi sono state eloquenti: instancabile e indignata, la gente non rimane in silenzio e i leader mondiali non possono correre il rischio d’ignorarla. Al contrario, devono mostrare quella stessa visione, quello stesso coraggio e quello stesso impegno che portarono, 60 anni fa, all’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani’ .


‘In un villaggio del Bangladesh settentrionale, un gruppo di donne siede su stuoie di bambù in un angolo polveroso. Le donne stanno seguendo un programma di formazione sui temi della legalità. Molte di loro riescono a malapena a leggere e a scrivere. Ascoltano attentamente l’insegnante che, mediante poster e disegni, spiega che la legge vieta le spose bambine e prevede il consenso della donna al matrimonio. Le donne hanno appena ricevuto un prestito tramite il sistema del microcredito, gestito dal Comitato per il progresso rurale del Bangladesh, una grande Ong. Una donna ha comprato una mucca e spera di ottenere un reddito maggiore vendendo il latte. Un’altra vuole acquistare una macchina da cucire e ha messo su una piccola sartoria. Cosa spera di ottenere da quell’incontro? “Voglio conoscere meglio i miei diritti”, dice. “Non voglio che le mie figlie soffrano come ho sofferto io, per questo devo imparare come proteggere i miei e i loro diritti”. Nel suoi occhi brilla la speranza e la determinazione di milioni di persone come lei nel mondo.’

(3 giugno 2008)

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