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L'identità spazia nel nostro dis-ordine

L'identità spazia nel nostro dis-ordine

Antropologia/ Gli spazi dell'abitare - Un libro sulla casa come luogo metaforico della propria identità e il riordino dello spazio che ci circonda quale attività quotidiana in cui investiamo molto tempo

Hela Mascia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2005

Come può la normazione degli ambienti casalinghi, dettata nei secoli scorsi, ancora influenzare il nostro ordine?
Nel Novecento vi e’ stato un grande cambiamento nella struttura della casa, prima ogni ambiente era destinato ad una funzione mentre, nel secolo, scorso abbiamo assistito all’abbattimento delle pareti delle stanze e sono scomparsi alcuni ambienti come la cucina, i corridoi, i disimpegni.
La fine della cucina e’ avvenuta negli USA come conseguenza dell’emancipazione femmnile; la donna ha rifiutato che la si segregasse in quello spazio mentre il resto della famiglia si ritrovava nel momento conviviale del pranzo o della colazione.

Se la casa è il luogo metaforico della nostra identità, il luogo dove si rappresenta l’intreccio tra il corpo e lo spazio di chi la abita, affidare la costruzione di uno spazio ad un architetto o, peggio ancora, andare ad abitare in luoghi costruiti sulla base di tipologie sociali, è un punto di partenza sbagliato?
Più che sbagliato è un punto di partenza obbligato, ma chiunque, anche il più fortunato di noi che trovi la casa dei suoi sogni, comunque interviene sullo spazio, spostando una porta, aprendo una finestra e questa operazione è l’inizio del “fare ordine”, che continua con la disposizione dei mobili e risponde al bisogno che ognuno di noi ha di esprimere un sè ideale.

Citando De Martino dice che riordinare la propria casa è la maniera in cui il soggetto si radica nel mondo; il rapporto tra il sé maschile e la casa come può essere individuato alla luce di questa affermazione?
Fino alla nostra generazione gli uonini sono stati abituati da madri servizievoli a vivere la casa attraverso l’ordine altrui; anche in quel modo occupavano lo spazio abitativo, ma creavano più disordine che ordine.
I giovani, oggi, sono diversi perché hanno un rapporto con la casa di condivisione delle scelte degli oggetti e dell’appartamento familiare e, quindi, passano attraverso l’ordine.

La casalinga è di fatto un’intellettuale a tempo pieno che passa gran parte della propria vita a classificare un numero spropositato di oggetti diversi. La carica simbolica della sua attività segna il suo corpo; gesti, movimenti, posture che fanno parte di quel linguaggio silenzioso del corpo che sovrintende alla costruzione dell’identità di genere (pag.35) pensi che nelle nuove generazioni di donne occidentali sia ancora forte questa connotazione di genere?
La costruzione di genere delle nuove generazioni si connota molto attraverso i vestiti, gli oggetti di consumo e altri elementi quali il piercing o il tatuaggio, importati da altri contesti culturali che da noi cambiano significato. Nel risignificarli, le nuove generazioni segnano l’appartenenza a gruppi e generazioni. La costruzione dell’identità attraverso lo spazio casa avviene, per i giovani e gli adolescenti soprattutto con l’arredamento della propria camera che rappresenta un terreno off limit per gli altri coabitanti ed è un controaltare alla casa stessa. La camera la si costruisce prendendo ispirazione da elementi di altri luoghi, esterni alla casa, quali le discoteche, i luoghi virtuali ecc..

Ha ancora senso, oggi, la dicotomia del “il personale è politico” dove il sostantivo personale equivaleva al privato inteso anche in senso spaziale?
Lo spazio del privato era la dimensione dove si costringeva il sé femminile e mancava la dimensione pubblica. Tra privato e personale c’è uno scarto di senso: per passare dal privato al personale è stato necessario uscire dalle case attraverso quei luoghi collettivi e politici che sono stati il movimento femminista ed i gruppi di autocoscienza.
E’ evidente che oggi lo spazio pubblico non è più estraneo alle donne come trenta anni fa e come conseguenza viviamo con maggiore libertà lo spazio del privato: dopo aver letto il libro di Carla Pasquinelli pensiamo la casa come “il punto fisso dal quale mi sporgo nel mondo” uno spazio speciale, un contenitore degli oggetti familiari e cari, un luogo che non affideremmo mai ad un organizer.



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