Cultura/ L'Iliade di Alessandro Baricco - È di un'attrice la voce di Achille, eroe che non combatte mai ma suona la cetra
Giulia Salvagni Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2004
In questi anni così carichi di tensioni etnico-religiose, non è offensivo portare in scena un testo epico sulla guerra? La domanda, più che ovvia, è giunta da più parti ad Alessandro Baricco che ha presentato di recente la sua lettura dell'Iliade in tre puntate al Romaeuropa festival.
Lo "scrittore che divide", così definito perché amatissimo da alcuni, detestato da altri, lascia che sia lo stesso testo a rispondere. Ma attenzione a saper leggere.
Intelligente visionario che guarda al futuro in modo positivo, Baricco indaga con profondità gli istinti umani. La sua è una lettura condotta con la sensibilità dell'uomo contemporaneo, soprattutto convinto pacifista. La guerra - afferma - è una brutta bestia che va fissata bene negli occhi, con coraggio.
I canti scelti dall'Iliade vengono letti come un concentrato di energie che si rincorrono tra loro, che si coagulano intorno alla figura di Achille. Intorno, ma senza di lui. L'eroe si rifiuta di combattere. Un rifiuto di protesta contro la prepotenza del re Agamennone, che gli sottrae la concubina che invece Achille ama. C'è uno scontro dialettico tra i due, tra il potere e la forza. Agamennone è il re, Achille è il condottiero più bravo, ha una mira eccezionale con l'arco, è anche il capo delle milizie. Ma più forte di lui è il potere del re, vince quindi Agamennone che si prende la donna. L'ira di Achille inizia così.
Si potrebbe dire che l'eroe rifiuta il combattimento per amore di una donna?
In lui – spiega Baricco - c'è odio e amore, ferocia e fanatismo. Sua è questa frase dura e dolce insieme: "Fenice, non amare Agamennone se non vuoi farti odiare da me, che ti amo".
L'Iliade dovrebbe essere un gran monumento alla guerra. Ma Achille non combatte mai, rimane sempre a casa, potrebbe essere considerato quasi un pacifista ante-litteram.
Tutti gli eventi fanno riferimento a lui, ma per la maggior parte della storia, pur essendo l'eroe, l'incarnazione della guerra, non si manifesta. Tutti ne parlano, tutti lo cercano, tutti lo citano. Per alcuni è un pazzo. Lui è lì che suona la cetra. Stravagante eccezione: nell'Iliade solo le donne suonano la cetra.
Secondo la tradizione del gran Consiglio degli Achei, chi parla prende a turno lo scettro in mano. È lo scettro che dà il diritto di parola. Achille parlando getta lo scettro in terra, con quel gesto rifiuta i canoni di comportamento della sua gente. In quel modo non appare più come un tradizionale eroe ma come un nucleo di energia anarchica. Di fronte a tanta guerra i suoi sentimenti prevalgono. La sua è una storia prima di tutto umana.
"Solo un eccesso di stupidità mi avrebbe potuto portare a rappresentarlo bello, alto, muscoloso, biondo…- commenta Baricco - Ho scritto il testo per una voce. Ma quando ho dovuto cercare qualcuno che potesse leggerlo, ho capito che dovevo trovare soprattutto un'energia, un certo tipo di energia. Di sicuro coniugata con l'altro tratto che mi ha sempre colpito di Achille: ha 15 anni, è un ragazzino. Un'energia, un ragazzino, la follia che gira intorno a lui: sulla base di questi elementi ho cercato qualcuno che potesse portare sulla scena una sorta di infantile e forte energia. Scegliendo un'attrice che desse voce ad Achille, ho inseguito soprattutto una forma di forza. È stato come mettere a fuoco il cuore dell'energia, come portare sulla scena una scatoletta e nell'aprirla scoprire che lì dentro c'è un cuore che pulsa".
Per il resto, l'Iliade è tutta una sequenza di battaglie, una specie di continua carneficina. La descrizione dei guerrieri, delle armi, delle ferite è ossessiva. È un monumento alla guerra, un'esaltazione della bellezza della guerra che oggi può sembrare offensiva. Eppure lì tutto è descritto come bellissimo.
In certe cronache di guerra di questi giorni si ritrovano le stesse piccole schegge di fanatismo, barbarie, crudeltà, fierezza, coraggio, eroismo, viltà che facevano parte delle civiltà guerriere, ma che sono sopravvissute a secoli e millenni. Sia ieri che oggi nell'esaltazione della guerra sembra che tutto si trasfiguri, le cose più atroci sembrano belle.
Che senso può esserci dietro alla bellezza delle battaglie? Si chiede Baricco. C'è il senso di intensità che quell'esperienza può dare a un piccolo respiro di vita individuale che in quegli attimi acquista momenti di assoluta intensità.
La guerra allora appare come la soluzione degli uomini per affrancarsi dalla mediocrità della vita quotidiana. Per darle un senso. Per sentirsi vivi.Una vita anemica e avara di emozioni, si increspa con qualcosa che finalmente possa avere valore. Con qualcosa che possa dare l'impressione di essere davvero forti.
Per secoli la guerra ha rappresentato un luogo in cui molti sono andati a cercare la verità su sé stessi. Pensavano di trovarla e poi morivano… In ogni canto dell'Iliade c'è un'attesa, una speranza di intensità di vita, di bellezza della vita. Perché l'esistenza non fosse soltanto, come diceva l'eroe: tornerò a casa, dove sposerò una donna, che sceglierà mio padre… Perché all'epoca era così. Anche oggi nessuno desidera la mediocrità ed ecco allora che molti vanno alla ricerca di qualcosa che scotta. È per questo che la bellezza della guerra ancora affascina. Per secoli la civiltà umana ha pensato lucidamente che, in quella esperienza, la vita desse tutto quello che si poteva desiderare. Per moltissimo tempo la guerra è stato l'unico sistema per cambiare status sociale, per conoscere posti nuovi, per diventare da povero a ricco, per scoprire l'amore e il mondo, per capire chi si è veramente. "Mi colpisce pensare che persino san Francesco non sarebbe diventato quello che è stato, se da giovane non avesse fatto una battaglia" aggiunge lo scrittore.
La nostra storia è piena di conflitti, battaglie, guerre. Di fronte a questa realtà, che fare?
"Un pacifismo reale - risponde Baricco - potrebbe essere quello che non dimentica ma che guarda bene negli occhi la verità umana. Un pacifismo capace di guardare al fatto che gli uomini per millenni sono vissuti così; con questa unica chance di bellezza. Inutile negarlo. È facile dire che la guerra è brutta. Certo è brutta, ma non si può negare che per millenni ha rappresentato il punto rovente dell'esperienza degli umani. La sua bellezza, il suo fascino risiede in quello. Bisogna dirlo perché è quello il punto che bisogna spezzare. Se non lo si affronta serve a poco un generico scendere in piazza e dire che la pace è bella".
Può essere utile fermarsi a pensare che l'uomo potrebbe essere capace di un'altra bellezza, come dice Achille: No, io ora prendo la mia nave e me ne torno indietro.
Per un attimo gli è parsa questa idea: un'altra vita è possibile, la si può vivere. La vita può essere rovente anche in pace. La Vita! Non uno schifo di vita. Non la vita vissuta con lo spirito rassegnato del tipo: guarda un po' cosa mi tocca fare. Ma lo scoprire quanto sia eccitante anche il costruire, come muratori o artigiani, piccoli mattoni, piccole schegge di un'altra vita, di un altro tipo di bellezza. Una vita dove la gente possa scoprire la verità su sé stessi senza dover finire in trincea.
È questa la riflessione che Baricco offre agli spettatori della sua Iliade: "La meravigliosa scoperta della verità è nel quotidiano, nei grandi momenti di dolore o di felicità, nelle nostre battaglie di tutti i giorni. Io sono pacifista perché trovo che di bellezza la vita ne abbia molta, non sento il bisogno di andare in giro con il fucile in mano per scoprire che la vita è intensa. Credo che oggi per molti sia così, ma non per tutti… I veri eroi, oggi, sono quelli che costruiscono un'altra bellezza guardando giorno dopo giorno con energia e coraggio la realtà. Il vero Achille è questo".
La voce che legge i canti di Achille è di Carolina Felline.
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