Intervista a Evelina Christillin - Dalle Olimpiadi alla presidenza del Teatro Stabile di Torino, un impegno sempre al servizio del prestigio e della promozione della sua città
Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2007
Evelina Christillin, con quel bel nome di altri tempi, è un esempio tipico di donna moderna in sicura carriera. Pochi vezzi (“non cerco trucchi, vado come vado”), allegra, baldanzosa, vivace, un “cursus honorum” degno di vanto, dotata di un innato potere di persuasione, Evelina è il ritratto della spontaneità. Ora che al lungo elenco di incarichi e onorificenze si è aggiunta la nomina di presidente del Teatro Stabile di Torino, scambiamo due chiacchiere con questa signora valdostana salita in alto senza montare in superbia.
Lei è stata una figura di spicco nelle Olimpiadi di Torino, si è distinta nello sport, è attiva all’Università di Torino. Nel suo curriculum svettano premi e riconoscimenti. Una vertigine. E ora un altro titolo prestigioso. Come pensa di adempiere a questa nuova funzione?
Lo spirito in fondo è sempre lo stesso, quello di impegnarsi non per sé, ma per il prestigio e la promozione della propria città intorno a progetti interessanti sia per l’internazionalità, sia per l’eccezionalità. Che questo avvenga attraverso la cultura, lo sport, l’Università, il Teatro Regio o lo Stabile torinese, non cambia l’approccio: una buona dose di entusiasmo.
Che a lei non fa difetto…
No, è rimasto intatto. Ho esultato tanto per la candidatura inattesa di Torino alle Olimpiadi e per il buon esito finale. Adesso sono contenta di avere cambiato panorama; i progetti sono belli quando hanno un inizio e una fine, se non accompagnano professioni consolidate.
Che compito ha una presidente? Può battere un pugno di ferro sul tavolo?
In teorie potrei, lo statuto assegna poteri ampi: Ma qui c’è un direttore eccellente, Walter Le Moli, che si occupa della parte artistica e operativa. E poi c’è un consiglio di amministrazione. Al di là dell’amicizia che ci lega, è necessario un solido lavoro di squadra e una condivisione di obiettivi e degli eventuali risultati.
Ha avuto voce in capitolo nel cartellone?
No. L’incarico è arrivato a cose fatte. Sono intervenuta per cercare i fondi per il Festival dell’Unione dei teatri europei, una bella sezione del cartellone. Il mio impegno riguarda solo la gestione finanziaria. Nelle scelte artistiche di Walter le Moli non metterò mai parola.
Parliamo di donne al potere, sempre ancora in numero esiguo.
È la regola: i posti più prestigiosi se li aggiudicano gli uomini. Per noi il difficile non è tanto il mandare avanti la baracca una volta raggiunto un posto, è l’arrivarci.
Le donne possono dare qualcosa in più?
Non credo. Non ci sono due categorie distinte, con uomini e donne simili. Ognuno ha una storia, una testa, una formazione e dei gusti propri. Quello che ho riscontrato nella mia ormai lunga esperienza di lavoro – la Fiat, le Olimpiadi, e ora il teatro – è che noi donne siamo più flessibili, forse perché siamo abituate a fare tanti mestieri insieme, fra casa e lavoro.
Che rapporto ha con l’arte del palcoscenico?
Un rapporto d’amore che risale al liceo, quando con la paghetta mi compravo un abbonamento allo Stabile. Sono cresciuta in una famiglia dove non c’è mai stata una gran vocazione per il teatro e per la musica. L’interesse mi é stato trasmesso da una professoressa. La frequentazione giovanile, qualche sprazzo come spettatrice: sempre da autodidatta. Con il progetto “Domani” di Luca Ronconi nelle Olimpiadi del Cultura mi sono riavvicinata alla prosa. Adesso, il nuovo approccio richiederà ben altro coinvolgimento.
Donne di spicco in politica: Turco, Finocchiaro, Bindi, Bonino, Melandri. Chi le piace di piace di più?
Sono amica da sempre di Giovanna Melandri. Il rapporto risale all’infanzia e questo incide sul giudizio. Tutte le donne nominate hanno qualità notevoli. Le due piemontesi, Emma e Livia, (anche Giovanna lo è, per metà) le riconosco come donne di carattere e simpatia umana. Rosy Bindi la trovo coraggiosa, anticonformista e piena di charme intellettuale. Scelgo Emma Bonino, una personalità trascinante.
Come impiega il suo tempo libero?
Non lo trovo mai. Vorrei fare cose normalissime e se possibile leggere o andare al cinema. Non dico all’opera o a teatro perchè è ormai un lavoro. Sono nel consiglio di amministrazione del Teatro Regio e presidente dell’Orchestra. Le scelte considerate di tempo libero diventano per me scelte obbligate.
Il sorriso la illumina di continuo. Lei è una donna appagata?
Sì, direi proprio di sì.
Cosa c’è nei suoi sogni più felici?
Vivo molto alla giornata, non sogno molto. La salute, gli amici e la famiglia, questo desidero. Ha una figlia di 26 anni, fuori di casa, laureata, lavora a Milano e non la vedo quanto vorrei.
La sua vita è regolata più dalla logica o dall’istinto?
Dall’istinto sicuramente.
Sport e cultura, se dovesse fare un taglio, dove lo praticherebbe?
Nello sport. Un’espressione sulla porta del museo di Kabul, martoriato, derubato, bombardato, recita: 'Un paese senza cultura è un paese senza vita'.
Lascia un Commento