Cara Direttora - Dopo un viaggio nei campi di stermino, una riflessione
Giulia Borghi Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2006
Ad Auschwitz c’era davvero la neve… ma c’eravamo anche noi, il nostro viaggio, l‘andata e il ritorno, le nostre storie, la nosua memoria. Il nostro viaggio è cominciato giovedì 27 Gennaio. Un viaggio che poteva sembrare solo un momento di svago tra amici oppure poteva sembrare solo un modo per trovare divertimento in un paese straniero, fuori dalla nostra solita routine e fuori dalla noiosa città. Ma in realtà in questo viaggio abbiamo visto posti crudeli e luoghi dove sono morte milioni di persone. Si potrebbe chiamare “inferno” quel posto dove lo sterminio degli ebrei veniva in parte mascherato da un’apparente normalità. Mi hanno colpito molto infatti i dipinti sereni sulle pareti dei lavatoi dei deportati al campo di Auschwitz, è un grande contrasto perchè le condizioni dei deportati erano tutt’altro che umane. Questo mostravano volti dei prigionieri: occhi tristi e sbarrati che imploravano “Aiuto” a ciascuno che, davanti a quel muro freddo e pieno di vecchie fotografie capitava di guardare camminando avanti. Persone a cui veniva tolta l’identità e strappato ogni oggetto lasciandola nuda, una cosa che muove braccia e gambe e grazie a questo movimento viene sfruttata con lavori stremanti. Ma tanto allo sfruttatore cosa interessa? Lui è più forte e nessuno contro di lui potrebbe mai ribellarsi, perché lasciando una persona senza nome e senza vestiti, si sente totalmente nuda e priva di vita. Se si viene chiamati con un numero si perde ogni speranza di riacquistare il nome, i vestiti e le cose che arricchivano la propria vita fino a quel momento. Guardando le protesi e gli oggetti esposti al museo di Auschwitz ho visto valigie con scritti i nomi dei proprietari. poi le varie scarpe e i vestiti, ma la cosa che più mi ha colpito sono stati gli occhiali rotti e buttati in un mucchio, una montagna di fili di ferro e lenti opache che negavano anche la possibilità ai deportati di vedere quella crudeltà dell’essere umano e quell’odio che represso da anni esplose fuori d’un colpo, colpendo un popolo sfortunato.Una montagna di capelli femminili ingrigiti invece mi ha fatto notare come a una donna può venire tolta la sua identità, strappando la sua parte di orgoglio di donna. Questo viaggio mi ha fatto capire diverse cose sull’uomo e sulla sua storia. Sono dei “nuovi pensieri” a cui prima non davamo alcuna importanza e che adesso cominciano a sorgere, perchè coi nostri occhi abbiamo visto i luoghi dove è successa una delle più grandi crudeltà della storia. Cadendo nella realtà, inciampando in montagne di corpi privi di vita… perché questo era il mio pensiero visitando i lager: decine, centinaia di corpi distesi a terra, aggrappati a un ultimo filo di vita che rimane, solo un filo di speranza… sperare che quello che è successo sia solo un errore, che l’uomo non stia di colpo impazzendo, ma che un giorno si penta di aver ucciso un suo simile, anzi un suo fratello. Perché non significa essere parenti abitare nello stesso posto, nello stesso momento e con quali sembianze? Se la nostra grande casa è il mondo, ora dobbiamo cercare di ricostruire quello che e stato distrutto dalla stupidità dell’uomo. Tutto quello che vogliono insegnarci gli ex-deportati e i testimoni che hanno vissuto da vicino quegli anni, è di non ripetere queste azioni e di fermare queste idee sul nascere. Grazie a questo viaggio ho avuto la possibilità di capire più da vicino la tragedia dello sterminio degli ebrei e grazie a queste sono cambiata e cresciuta mentalmente.
* Giulia ha 18 annie il suo racconto è già stato pubblicato sul periodico Resistenza Oggi, edito dall’ANPI provinciale di Modena
Lascia un Commento