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L'altra metà dell'Italia

L'altra metà dell'Italia

Dopo le elezioni - Quella che non ha ceduto alle lusinghe del 'Caimano' e che crede ancora nel bene comune, nel diritto e nell'uguaglianza

Giancarla Codrignani Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2006

D'istinto mi è venuto di pensare: "bene, Berlusconi non è più primo ministro; ma io come ci vivo in un paese per metà così impensabile fino a ieri?". Poi si razionalizza e si capisce che bisognerà inventarsi parecchia politica per convertire gli egoismi incivili. Tuttavia è stato un colpo allo stomaco leggere in un'intervista a Giuseppe De Rita, presidente del Censis (Repubblica, 12 aprile), che tra gli errori del centrosinistra l'illustre sociologo cattolico annovera "quello di aver continuato a parlare di interesse collettivo e non di interesse tout court. L'italiano sarà bizantino, ma il bene comune non lo conosce più". Anche la presentazione del programma non è stata la migliore: "Il guaio è stato articolarlo per temi. Io l'avrei costruito dividendolo sulle esigenze del territorio, area per area: la polemica sulla Tav in Piemonte ha portato voti al centrodestra, che ha monetizzato le paure di chi teme di tagliar fuori dalla ripresa europea la parte più dinamica del paese. Al Friuli poi
devi spiegare come l'Italia aggancerà i mercati dell'Europa centrale e orientale".
Forse è vero che non c'è più il senso del collettivo che c'era al tempo delle ideologie; forse problemi locali di impatto generale sconvolgono il quadro di riferimento valoriale. Ma non si può prendere atto dei pericoli e dare ragione a Berlusconi che li ha sfruttati, corrompendo ulteriormente il paese. Finché "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese", e finché la scuola sarà pubblica non si può accettare che non ci sia più conoscenza del bene comune, che è espressione equivoca perché dove non c'è conoscenza, non c'è bene comune. E, analogamente, non si può accettare che la Tav (l'alta velocità Torino-Lione) sia un problema del solo Piemonte o che le comunicazioni del Veneto con l'Est dell'Europa non riguardino anche i mercati pugliesi e gli autotrasporti dell'intera costa adriatica. Altrimenti dovrebbe andarci bene la devolution di Bossi. Purtroppo Berlusconi ha fatto scuola di cinismo e per questo, dopo averlo ridicolizzato, l'Europa ne teme il contagio. Non sono i temi di un programma elettorale, ma il lavoro politico di lungo periodo che consolida i paesi, fatti ormai di "gente" che, anche se non è più "popolo", non per questo è una variabile di sistema dipendente dal mercato. Occorre dare regole al mercato e far sì che si lavori per vivere e non si viva per lavorare.
Penso che Prodi abbia la tenacia ostinata per farcela. Ma occorrerà tutta la pazienza del centrosinistra per non perdere il controllo dei nervi davanti alle provocazioni che quotidianamente ci ammannirà il caimano e ai tentativi di inquinamento dell'informazione che continueranno a
somministrare le "sue" reti (se va bene in un paio d'anni riusciremo a mandare sul satellite Rete4, ma il resto Silvio se lo tiene). Ci saranno le prese di distanza degli alleati di destra, che debbono pensare al futuro in termini di nuova leadership; ci aiuteranno come ha fatto Tremaglia che,
convinto di portare milioni di voti reazionari dall'estero (ci pensavo anch'io), ha costatato che da lontano le gente anche moderata vedeva non la destra, ma Napoleone, il pagliaccio.
Morale: dobbiamo tenere in piedi tutta la nostra capacità di far fronte a una politica di emergenza che ha bisogno del massimo di unità e di coerenza: resistere, resistere, resistere.
Seconda morale: neppure io ho parlato delle donne, delle loro politiche, delle loro esigenze. Questo significa che ancora contiamo troppo poco e dovremo -come sempre- lavorare di più sia sul fronte comune, sia su quello del bene che le donne possono trasmettere alle istituzioni, che non hanno
in sé volto femminile. Sperare nelle donne di governo? Anche; ma bisogna che le sosteniamo noi dal basso. Comunque, sarebbe molto bello vedere Anna Finocchiaro vicepresidente.
(1 maggio 2006)

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