Turismo e cultura - Esperienze e progetti di turismo responsabile nelle giornate AITR. Il volto di un’isola impegnata a promuovere integrazione, natura e dignità
Colla Elisabetta e Roberto Dati Domenica, 20/10/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2013
Quando si dice ‘Lampedusa’, in Italia e non solo, si pensa subito a due cose: gli sbarchi di massa e la spiaggia dei Conigli. Due elementi che, nell’immaginario collettivo, non collimano affatto, in altre parole come si conciliano il turismo e le vacanze nel mare cristallino dell’isola con le drammatiche esperienze migratorie di coloro che, pur di sfuggire ad un destino di povertà e disperazione, accettano il rischio consapevole di morire in quello stesso mare? Non certo con la paura di trovarsi ‘in mezzo’ a situazioni difficili, perché una tale ipotesi, ci confermano gli isolani, appare lontanissima: è proprio questa apparente contraddizione con la quale si misura Lampedusa quotidianamente, da secoli, che ne esalta la capacità rigenerativa e la vocazione all’ospitalità, e mette a fuoco, sempre più nel corso del tempo, un’identità fondata sulla convivenza fra culture, sull’equi-prossimità e la profonda accettazione ed elaborazione - non solo dunque sul sacrosanto rispetto - delle differenze, dalle quali si è fatta e continua a farsi permeare, modellare, trasformare: un’isola in transizione perenne, per questo così vitale. Queste riflessioni e molte altre, sono state oggetto delle giornate ‘Lampedusa, piacere di conoscerci: festa del turismo responsabile e dei diritti umani’, organizzate dall’Associazione Italiana del Turismo Responsabile (AITR) e da Amnesty International, in collaborazione con le istituzioni ed altre associazioni del territorio, per rimarcare sia l’importanza e la sicurezza del fare turismo a Lampedusa (voli permettendo, si sta lavorando per abbassarne i costi), sia il significato profondo dell’accoglienza e della responsabilità, spesso incarnato dalle donne: “Mi piacerebbe - afferma la Sindaca, Giusi Nicolini, un raro esempio di disponibilità e presenza - che insieme alla promozione di Lampedusa come isola di accoglienza a 360°, nello spirito del turismo responsabile, ci fosse insieme la componente umanitaria, qui molto forte. Si può venire sull’isola anche per conoscere meglio le ragioni di chi affronta questo viaggio incredibile, per molti incomprensibile, e per sapere cosa fa questo paese per salvarli, accoglierli e spingerli verso il loro futuro. È tutta una pagina di cui l’Italia dovrebbe essere orgogliosa, non solo i lampedusani, ma spesso si preferisce rappresentare l’idea che l’isola ‘subisce’ la situazione, vorrebbe liberarsi del problema, magari respingendo queste persone (come purtroppo accaduto nel 2009). Qui invece si fa un lavoro importante e utile, un biglietto da visita dell’Europa verso questi popoli in cammino”. Oltre agli incontri con i rappresentanti della Guardia Costiera, del Centro di Soccorso e Prima Accoglienza, e delle associazioni umanitarie (OIM, Save the Children e Croce Rossa) che hanno raccontato il lavoro quotidiano con i migranti - il cui sentimento di smarrimento iniziale, si trasforma a poco a poco in anelito di libertà e speranza - molto interessanti sono risultate le testimonianze legate al tema dell’ambiente: “Pur essendo un piccolo frammento di terra nel Mediterraneo – afferma Elena Prazzi di Legambiente - Lampedusa è un serbatoio di biodiversità e dal 1996 è stata istituita la Riserva Naturale Isola di Lampedusa, che protegge e promuove i luoghi più suggestivi, come la spiaggia dell’Isola dei Conigli, dove è possibile vedere i nidi della Caretta caretta, la tartaruga marina che nelle notti d’estate risale la spiaggia per deporre le uova”. Anche Daniela Freggi, ricercatrice, biologa e professoressa, contagia i visitatori con la sua passione e determinazione: è lei che ha fortemente voluto a Lampedusa un centro medico e di ricerca, realizzato dal WWF Italia, per salvare le tartarughe ferite in mare, curarle e riportarle in acqua. Il Centro è aperto al pubblico dalle 17.00 alle 20.00 ed è possibile vedere le ‘pazienti’ ed ascoltare le spiegazioni ed i racconti dei ricercatori.
Tra i momenti più suggestivi e commoventi va segnalata senz’altro la visita del Cimitero comunale dove riposano tanti migranti deceduti durante la traversata; qui l’amministrazione locale ha voluto dare il proprio contributo affinché le vite umane perdute non siano dimenticate, ponendo lapidi in cui si narra una breve storia delle vittime. La visita è stata condotta con grande sensibilità da Paola La Rosa, attivista lampedusana del circolo locale di Legambiente, che si è dato il nome di Esther Ada, una giovane donna che, dalla Nigeria, è morta nel viaggio della speranza e riposa nel piccolo Cimitero.
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