Baldassarre Bruna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2007
Cubanite acuta per chi conosce anche un frammento cubano! Una popolazione di indio, spagnoli, africani! L’isola di Cayo Largo, una delle 1600 minori (i cayos), 37 km2, di cui 25 di costa è destinata solo ai turisti. Dall’Italia si vola direttamente a Cayo Largo, ma a seconda della Compagnia Aerea, non senza indimenticabili prove iniziatiche: notevoli ritardi, imperdonabili scomodità, cibi che nessun italiano offrirebbe mai al peggior nemico! L’isola, invece è un vero paradiso, come il nome di una sua spiaggia, ma soprattutto il luogo dove nidificano le tartarughe, protette dall’uomo. L’adolescente della categoria, Mary, una tartaruga di appena 80 anni e 150kg, con un suo rampollo, vivono entrambi in una vasca, per attrarre i turisti. Auspicabile l’intervento di un magnate che regalasse alla povera Mary almeno una piscina per farsi qualche nuotata. Suggestivo è anche l’isolotto delle iguane, raggiungibile col catamarano, in pochi minuti dal porto di Marina, dove è facile trovare anche le nutrie ghiotte di pane, a differenza delle iguane che preferiscono le mangrovie! Si mimetizzano con le rocce appuntite, dove vi abitano, scavando la tana, mentre a pochi minuti, ci si tuffa tra la flora marina, sopra la corallina nera e i variopinti pesci tropicali. A Cayo Largo si trovano diversi complessi e villaggi turistici che, embargo permettendo, offrono il meglio di sé, condividendo il carattere empatico dei giovani lavoratori cubani provenienti maggiormente dall’isola della Gioventù, distrutta dopo la rivoluzione da un fortissimo uragano e ripopolata, per volontà di Fidel Castro, soltanto da giovani (attualmente 80.000 abitanti). Tutti laureandi o laureati, quasi inesistente la disoccupazione, seri professionisti, anche per la notevole preparazione artistica che caratterizza la loro formazione scolastica. In tutte le scuole primarie di Cuba si studia, tra l’altro, almeno per tre ore al giorno musica, canto e recitazione. L’arte è formativa e a Cuba, nell’isola della Gioventù -l’isola del tesoro di Stevenson-, nonostante i vivaci e variegati ritmi, non esiste l’ipercinesia, male epocale, decisamente disritmico, causato prevalentemente da cattive abitudini culturali e sociali.
A volte è difficile comprendere il destino di un popolo, ma i cubani, nonostante uno stipendio improponibile per chiunque (circa 20 euro mensili, con un costo della vita simile al nostro, esclusi i cibi), hanno saputo sviluppare un ottimismo, una carica empatica, una dignità, una libertà interiore, quasi esente dal senso d’infelicità che caratterizza i nostri adolescenti. I vantaggi di una iperstruttura statale riguardano soprattutto la sanità e la cultura, gratuite, nel senso che tutti si possono laureare e raggiungere, anche in aereo, le sedi di studio. Sarebbe veramente un sogno se mancassero i “contro”, già noti al mondo. Dal resto, nessun cubano ne parla, perché preferisce riconoscersi nella parte migliore dell’anima di popolo, quella che ama il proprio lavoro, la vita, la libertà. Nell’isoletta si sposano dai 23 ai 27 anni e credono nei valori laici della famiglia, della solidarietà –come tutti i cubani-, e della realizzazione sociale. Sperano in meglio, sognano di poter conoscere altre parti del mondo. Paradossalmente, pur non ignorando le variegate problematiche sociopolitiche, nelle piccole isole si può conoscere una realtà molto lontana dal nostro stress e dai condizionamenti quotidiani. I ritmi sono scanditi non solo da salsa e merengue, ma da un anelito di fiducia, che predispone le donne a vivere dignitosamente la loro realtà, spesso modesta, ma ancora non contaminata dal mito dei facili guadagni, che invece caratterizza gli agglomerati urbani. Nelle isole minori la prostituzione è quasi inesistente. Non manca il timore del futuro o la paura di non farcela, ma i valori prevalgono e si matura più in fretta, sempre che non prendano il sopravvento le omologazioni che contraddistinguono invece il nostro stile di vita
La storia della ventiduenne Maydelis Hernàndez Duharte, figlia unica di una insegnante e di un elettricista, potrebbe essere una storia come tante, ma la sua voce e la sua musica sono un inno alla creatività e alla libertà interiore che caratterizza la vita di un’artista, l’unica cubana che suona il contrabbasso! Un profilo rappresentativo di una giovane realizzata, prossima star.
Entra nel complesso Yahuma Son, invitata da Manuel Fortines, suo insegnante di chitarra, e il resto del gruppo è composto da José Louis, Miguel Peña, José Mantoia, rispettivamente voce e maracas, tres cubano, bongo e capo band. Firmano contratti per venti giorni di concerti per soli 140 pesos –120 euro- a persona!. Nel loro repertorio anche dei brani di Company Segundo.
Maydelis, ora docente di musica presso la stessa scuola primaria, dove a soli 5 anni studia il piano (poi la chitarra basso e recentemente, da autodidatta, il contrabbasso). Dopo la primaria (5-12 anni) il biennio di formazione (12-14 anni), si reca all’Habana, per frequentare la Scuola Nazionale d’Arte. Riesce a conciliare la carriera concertistica e altri studi universitari, perché nell’isola della Gioventù lavorano 20 giorni consecutivi con 10 di riposo. Maydelis racconta di un’infanzia felice, con i valori della solidarietà. “La musica, per me, è un idioma unico, un relax totale”, afferma, perché trasmette un senso di pace. “L’arte è un messaggio di pace e di salvezza dei popoli e se presa seriamente, s’interagisce con essa”! Maydelis porta con sé una Bibbia tascabile, perché le “permette di guardare i fatti del mondo con un altro punto di vista”. Non pensa ancora a sposarsi, ma a studiare e a realizzarsi come artista. “La musica l’ho amata già da piccolissima, anche se a 9 anni volevo diventare infermiera, forse perché spesso ammalata. Ora vorrei conoscere altri Paesi, per scambiare esperienze sulla vita musicale”. Un sogno di ulteriore conoscenza che accomuna tutti i giovani cubani. Occorre solo che qualche acuto manager inviti questo fantastico complesso!
(22 maggio 2007)
Lascia un Commento