Maria Antonietta Macciocchi - Vale la pena ricordare la sua parola ribelle, spesso eccessiva, irrobustita dal vigore di idee controverse e mai piegate dal conformismo - il 20 a Roma una giornata di studio
Selvi Eleonora Lunedi, 17/05/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2010
“Navighiamo già nell’estuario del post-femminismo, a vele flosce. Oppressione/frustrazione/alienazione delle donne verso i loro Padroni tornano a essere sostantivi che reggono l’attualità. Afasia del movimento femminista di cui si può scrivere la storia che fu”. Erano parole dure quelle con cui Macciocchi, nel 1979, apriva la sua prefazione al libro Le donne e i loro padroni, raccolta di saggi sulle donne da lei curato, tanto da scatenare polemiche sia in Italia che in Francia. Lei, che femminista non era mai stata ma aveva guardato con apertura e interesse al fiorire dei movimenti, ora ne denunciava la stagnazione, il dogmatismo, in una parola l’istituzionalizzazione. Tra le donne e i loro padroni – non solo gli uomini in quanto tali, ma anche gli organizzatori della razionalizzazione capitalista, i padroni delle multinazionali della riproduzione, i politici - si era giunti intanto a un tacito compromesso per mettere fine alla stagione di contestazione più dura e gettare le basi di una nuova conciliazione, fondata nuovamente sulla sottomissione femminile. Mettere al centro degli slogan la proprietà dell’utero, poi, significava cedere a una nuova forma di assoggettamento ai ‘padroni’, alla razionalizzazione capitalista/socialista del consumo e della riproduzione. Negli anni successivi la scrittrice che aveva attraversato un secolo di passioni politiche – dalla Resistenza alla militanza nel Pci, dal maoismo al sostegno ai ribelli del ’77 – avrebbe usato sempre più spesso quella ruvidezza che le era propria, per criticare i compromessi delle donne e attaccare il rapporto tra sesso, mass media e potere. Sono trascorsi tre anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 15 aprile del 2007 e chi abbia apprezzato il suo ingegno e la sua prosa affinata dall’ironia non può fare a meno di domandarsi quali considerazioni le avrebbe ispirato oggi la vista di un potere politico-mediatico che sempre più esalta le muse sfaccendate dei salotti televisivi promuovendole pensatrici politiche e commercia duttili corpi femminili, con le (falsamente) nuove figure della donna-tangente e delle escort autrici di best seller. Nel 1989 Macciocchi aveva pensato di pubblicare un libro che raccogliesse i suoi articoli sulle donne apparsi sul Corriere della Sera, spaziando tra i temi più disparati, dalle protagoniste del pensiero come Simone Weil e Olympe de Gouges, a quelle della politica, come Maria Antonietta, per arrivare alla contemporaneità, al rapporto tra maternità e lavoro, al multiculturalismo, alla violenza. Voleva intitolarlo Un decalogo per il secondo sesso, ma il progetto – di cui resta traccia solo nel suo archivio personale - non avrebbe mai visto la luce, lasciando spazio ad altri lavori, come il libro sulla Mulieris Dignitatem, l’enciclica di papa Wojtyla sulle donne, e alle biografie delle rivoluzionarie napoletane Eleonora Fonseca Pimentel e Luisa Sanfelice, i due romanzi storici che avrebbero chiuso la sua parabola di scrittrice. Una parabola che si era aperta con il libro-reportage Persia in lotta, nel 1952, e che si era sviluppata attraverso decine di libri, molti dei quali divenuti best seller. Ma i libri erano solo una delle dimensioni di una vita intellettuale e politica assai complessa, nella quale avevano trovato posto la Resistenza, la lotta politica nel Pci, la militanza nell’Udi, di cui era stata dirigente dal 1949, la direzione di due grandi giornali come Noi Donne e Vie Nuove, l’attività giornalistica per L’Unità, con la corrispondenza dalla Francia, l’insegnamento universitario a Paris VIII, il lavoro istituzionale nel Parlamento italiano e poi in quello europeo, la frequentazione con intellettuali di tutto il mondo e l’impegno per la costruzione di un’Europa delle idee e della cultura. Per rompere l’oblio che troppo spesso avvolge le figure femminili nella storia, anche quando si tratti di quella più recente, vale la pena oggi fermarsi a ricordare la sua parola ribelle, spesso eccessiva, elegantemente forgiata da decenni di scrittura, irrobustita dal vigore di idee talora controverse ma certo mai banali, mai piegate dal conformismo. Per questo il 20 maggio prossimo l’Università di Roma Tre dedicherà una giornata di studio a “Maria Antonietta Macciocchi, protagonista e interprete del XX secolo”, raccogliendo contributi di studiose e studiosi come Ginevra Conti Odorisio, organizzatrice del convegno, Fiorenza Taricone, Giovanni Belardelli, Giuseppe Vacca, Jean-Yves Frétigné, Christine Fauré e testimonianze personali di chi con lei ha diviso un pezzo di strada, come Barbara Alberti e Miriam Mafai, giovanissima compagna nei giorni della Resistenza a Roma. Nell'ambito della giornata di studio a Roma Tre sarà inaugurata anche una mostra fotografica a lei dedicata, presso la sede di Scienze Politiche, in via Chiabrera 199.
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