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L’impertinente Cohen - di Mirella Caveggia

L’impertinente Cohen - di Mirella Caveggia

Almost an Evening, due atti unici messi in scena in occasione di Torino Spiritualità. “Aspettando” e “Il Dibattito” di Ethan Cohen in prima mondiale con la regia di Marco Ponti.

Venerdi, 02/10/2009 - Esilaranti, dissacranti, dissonanti rispetto all’andamento severo e colto degli incontri di Torino Spiritualità, “Aspettando” e “Il Dibattito”, due atti unici di Ethan Cohen (uno solo dei fratelli cinematografici), sono arrivati in Italia in prima mondiale dopo Broadway, prodotti dalla manifestazione, che quest’anno contemplava il tema del Disinganno. La traduzione e l’adattamento molto efficaci si devono al regista torinese Marco Ponti e a Pietro Deandrea. Un fantastico Michele di Mauro li ha interpretati insieme a due attori alla sua altezza, Anita Caprioli e Glenn Blackhall. È sperabile che la piece a dispetto dell’allegra sfrontatezza e dell’irriverenza possa liberamente circolare portando dappertutto la sua originalità, anche a costo di sconcertare le anime sante e brontolone. I due atti uniti dal titolo “Almost an Evening”, sono collocati in una scena dalla cupa luminosità da Roberto Tarasco e nulla hanno in comune se non gli interpreti e tragicomici epiloghi. Il primo è quasi un monologo affidato a quel prodigio di bravura elastica e sorniona che è Michele di Mauro, il quale incarna – si fa per dire – un tipo rigido e azzimato che si ritrova morto in luogo di sequestro in attesa di una liberazione rinviata di secolo in secolo. Tanto che poco alla volta gli si capovolge il cervello in attesa che la fine dell’espiazione sia annunciata dagli stupidi e surreali burocrati preposti al sito senza porte e finestre. Il disinganno sarà feroce, perchè lui si crede in purgatorio, si aspetta il paradiso e si ritroverà all’inferno.

Nella seconda parte si assiste ad una discussione fra il dio intransigente, monolitico e un po’ bullo del Vecchio Testamento, che con turpiloquio da caserma inveisce furibondo contro quello del Vangelo, ascetico e per benino, lievemente tonto, tutto amore, apertura credulona e ingenua bontà. Non si può raccontare l’epilogo, anzi gli epiloghi, perché quando le suspense sembrano spegnersi, si innestano inattese appendici.

Bravo Michele di Mauro, eccellente attore drammatico dotato anche di un’inaspettata agilità comica. Molto divertente è il testo pieno di sapori aciduli e pepati, e ben ritmato l’andamento dello spettacolo, che porta il sigillo dell’irriverenza del cineasta, dal linguaggio “intraducibile di un ebreo del Minnesota” (come ha detto Marco Ponti). Un po’ sguaiata e un po’ raffinata, molto spiritosa, questa commedia su Dio ne mostra “le posteriora” con un’impertinenza degna dell’autore. Ma va detto che il sarcasmo gelido di Ethan Cohen non colpisce la fede e la spiritualità, colpisce piuttosto gli uomini e lascia intatta la figura di Dio, ben lontana da quelle rappresentazioni cariche di humor e di sfrontatezza.

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