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L’Immacolata Concezione di Vucciria Teatro in scena a Roma

L’Immacolata Concezione di Vucciria Teatro in scena a Roma

Alla Sala Umberto fino al 2 ottobre, lo spettacolo vincitore della V edizione del Festival “I Teatri del Sacro”

Venerdi, 30/09/2022 - L’Immacolata Concezione di Vucciria Teatro - lo spettacolo vincitore della V edizione del Festival “I Teatri del Sacro” -  in scena a Roma (Sala Umberto) fino al 2 ottobre.
La vicenda è cupa: nella Sicilia del 1940 una giovane donna viene offerta dalla famiglia, stremata dalla fame, ad un bordello in cambio di una capra gravida che garantirà la sopravvivenza. Una storia quindi di soprusi, di violenza e di miseria, di uomini prepotenti che sfruttano e umiliano e maltrattano. Calata in un contesto fosco e terribile, questa ragazzina analfabeta, ingenua e semplice, riesce però a rimanere in qualche modo indenne, pura. Anzi, con il suo disarmante sorriso e con la sua logica semplice, saprà ammansire, ammaliare e, alla fine, influenzare positivamente tutti coloro che le stanno intorno. Nonostante lo stupro subito dall’unico cliente di cui si è innamorata, nonostante la prepotenza del boss locale che la vorrebbe soltanto sua, nonostante la vita greve che è obbligata a sopportare, la ragazza ha l’innocenza e la forza che le consentono di andare oltre. Come per magia, chi viene in contatto con lei, se ne innamora o ne è conquistato e ne viene influenzato benevolmente: il fidanzato/cliente sarà meno vigliacco, il prete ammetterà le debolezze della sua carne, la tenutaria del bordello capirà la volontà della “signorina” di tenersi il figlio che porta in grembo, nonostante il divieto delle rigide regole della “maison” e troverà il coraggio di infrangere le leggi imposte dal boss che la tiene in scacco, mostrando infine anche lei un po’ di coraggio.
Una parabola sulla potenza dell’amore che vince ogni avversità, a dispetto di tutto e tutti, che è calata nel Ventennio fascista, alla soglia dell’entrata in guerra dell’Italia, in cui le leggi razziali, la sete di sangue e il culto della virilità incombono e amplificano la portata del messaggio. E, al tempo stesso, un commento amaro sulla condizione femminile nella Sicilia di un passato recente.
Ma Vucciria Teatro non si è mai limitato soltanto a questo, cioè alla forza del testo. La visceralità delle sue messe in scena è ancora una volta protagonista e questo spettacolo è un’ulteriore prova della creatività e della magistrale capacità di rendere teatrale ogni momento e ogni dettaglio. Così quattro uomini che leggono il giornale e apprendono le notizie sull’imminente conflitto o sulla persecuzione degli ebrei in Italia non è soltanto un dialogo a quattro voci, ma diventa una danza meccanica, ritmica, quasi uno spettacolo di marionette, scandito dal movimento/rumore dei fogli di giornale che sono trasformati in strumenti a percussione. E questo aggiunge senso al dialogo, ne espande il significato, trasforma i personaggi in automi assuefatti alla propaganda di regime che, con i loro gesti, ne scandiscono e accentuano supinamente gli slogan in maniera quasi farsesca.
La fisicità è sempre presente negli spettacoli di questa compagnia teatrale che è tra le più innovative ed interessanti nel panorama italiano. Così, nella scena finale, tre uomini sbranano, accovacciati per terra, dei mandarini, allusione al profumo della pelle della protagonista, della sua semplicità e della sua sensualità, mentre lei è appena morta di parto: un accostamento fulminante che sottolinea senza parole la crudele e raccapricciante voracità del mondo in cui la vita di questa ragazzina è stata fatta a pezzi.
La scena, scarna, è costituita da un elemento rotante che ricorda una giostra di paese, con delle tende che gli attori aprono e chiudono per rivelare diversi interni, mentre il resto del palco è nudo, con interruttori e quadri elettrici a vista. Anche in questo caso, il rimando al girotondo inarrestabile dei personaggi e all’ineluttabilità dei fatti storici è immediato e riuscitissimo, così come il contrasto tra spensieratezza dell’infanzia e cruda realtà del presente.
Una storia poetica, dunque, anche se incastonata nella brutalità, nel cinismo e nella violenza, raccontata con la voce roca che si addice alle passioni cupe: gelosia, possesso, vendetta, rivalsa. C’è anche la speranza, la nostalgia per le piccole cose semplici, per un mondo fatto di ingenuità che vince contro le convenzioni sociali e i giochi di potere. La ragazzina non è mai soltanto vittima, da agnello sacrificale diventa perno dell’azione, elemento trainante. Verrà santificata dopo la morte e sarà per tutti il simbolo di colei che accoglie, capisce, perdona e trascende i mali del mondo. Una Madonna, donna e madre sofferente, ma indenne, che col suo candore illumina la miseria e la violenza umana, che col suo latte nutre e redime i peccatori di una società contorta e insulsa. Una donna salverà il mondo con la sua voglia di sperare, con il suo pacifico buon senso, con la sua travolgente voglia di amare: una favola bella, adatta a tempi cupi come il nostro.
I cinque bravissimi interpreti sono Federica Carruba Toscano, luminosa come sempre, Alessandro Lui, Enrico Sortino, Ivano Picciallo e Joele Anastasi che è anche il regista e drammaturgo dello spettacolo, oltre ad offrire un’impeccabile interpretazione, en-travesti, della tenutaria del bordello.
Imperdibile! 

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