Laiga - Tra salute riproduttività e aborto: libertà di scelta a tutto campo
- Per l'applicazione della legge 194 e per contrastare l'alto numero di obiettori di coscienza nelle strutture pubbliche arriva la rete nazionale proposta da LAIGA
Bartolini Tiziana Domenica, 28/12/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2015
Una rete nazionale che abbia il duplice obiettivo di ottenere la piena attuazione della legge 194 e riportare l’attenzione sulla salute riproduttiva e delle donne nel nostro Paese. La proposta è stata lanciata dalla LAIGA, libera associazione ginecologi per l’applicazione della legge 194, in occasione del terzo Convegno nazionale (Napoli, 7/8 novembre) ed è stata accolta positivamente dal composito mondo dell'associazionismo femminile (e non solo femminile) e di categorie professionali presenti all'incontro. È sicuramente l'inizio di un cammino che si rende necessario intraprendere per contrastare il livello raggiunto dalla non applicazione della legge 194, quella che dal 1978 regola l'interruzione volontaria della gravidanza in Italia e sancisce l'autodeterminazione della donna nella maternità che definisce "libera e consapevole". A far maturare in LAIGA l'idea che fosse necessario far entrare in campo la forza di un gruppo di pressione nazionale è stata anche la Risoluzione del Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d'Europa (8 marzo 2014) a seguito di un ricorso presentato da IPPF EN (International Parenthood Federation European Network). Andrea Rotondo e Irene Donadio hanno spiegato i passaggi della battaglia vinta in punta di diritto che la loro ong - attiva nel campo della salute sessuale riproduttiva e della pianificazione familiare a livello globale - ha sostenuto a partire dal 2012 e con un paziente lavoro di raccordo collettivo. Infatti è stato riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978, intendono interrompere la gravidanza. Non è messo in discussione il diritto dei medici all’obiezione di coscienza, ma è affermato “che non può essere usato per ostacolare il diritto della donna, diritto individuale sancito anche dalla Costituzione”.
Un responso, e non una semplice raccomandazione, che ha chiamato in causa direttamente il governo. Infatti la ministra della Salute Beatrice Lorenzin ha istituito subito un Tavolo Tecnico per monitorare il livello di applicazione della legge. Per dire delle resistenze indomite, alcune Regioni - come è il caso della Lombardia - non partecipano ancora al Tavolo. La Risoluzione comunque dà forza a chi in Italia da anni protesta per segnalare il problema e al tempo stesso sollecita la società civile a farsi ancora protagonista. Si capisce bene, dunque, la necessità di costituire un soggetto in qualche modo federato che "con forza agisca unito con l'obbiettivo di evitare che il diritto all'obiezione di coscienza dei ginecologi inibisca il diritto delle donne ad avere accesso all'interruzione volontaria della gravidanza se e quando lo decidono, come previsto da una legge dello Stato". Silvana Agatone, presidente di LAIGA, ha poi elencato alcune questioni su cui questa coalizione potrà impegnarsi per dare più forza alle istanze delle donne. "Accanto alla soluzione dei problemi provocati dall’alta percentuale di obiettori di coscienza, penso alla contraccezione d'emergenza, alla diagnosi prenatale e all'accesso all'aborto dopo i 90 giorni, ma anche all'aborto farmacologico che in Italia è ancora poco utilizzato".
A questa già nutrita agenda, l'assemblea riunita a Napoli ha chiesto di aggiungere anche interventi nelle scuole di specializzazione per spiegare ai futuri ginecologi la legge 194 con le sue modalità di applicazione. Insomma: presidiare la formazione per evitare il protrarsi di una sorta di demonizzazione professionale intorno all’aborto. Affiancata a questa rete di associazioni - che potranno lavorare in modo coordinato su questioni specifiche - e sempre su impulso di LAIGA si è costituita anche una rete di avvocati/e che è stata presentata nel corso del Congresso da Eleonora Moscato. Sono professionisti che mettono a disposizione competenze legali che possono rivelarsi assai preziose sia nel condurre battaglie comuni e coordinate a livello nazionale ma anche nel seguire vertenze territoriali o singoli casi. Tanto più importante è questa opportunità in una situazione che si presenta assai frammentata e con profonde diversità tra regione e regione, ma persino nella stessa Asl, come ha sottolineatoLisa Canitano, di Vita di Donna, associazione che ha messo a disposizione della rete alcuni testi standard da poter utilizzare per sollecitazioni, diffide o addirittura denunce nei casi in cui le donne si trovano di fronte a dinieghi, rinvii o obiezioni di coscienza pretestuose o inesigibili. Del resto, ha continuato Canitano, "le forme di resistenza che le donne incontrano sono le più fantasiose: sappiamo di richieste di firmare consensi informati minacciosi sulla pillola del giorno dopo e in tanti anni abbiamo anche imparato a reagire in modo efficace”.
C’è però chi non trova altre strade e ricorre all’aborto clandestino “che è in crescita perché l’obiezione di coscienza è più forte dei diritti delle donne”, ha spiegato Giovanna Scassellati - ginecologa e responsabile di un modulo dipartimentale per la legge 194 al San Camillo Forlanini (Roma) e fondatrice di ANDRIA (associazione per la promozione di un’assistenza appropriata in ostetricia, ginecologia e medicina perinatale). La questione dell'obiezione di coscienza ha attraversato tutti gli interventi sia sul versante tecnico che operativo, senza tralasciare una lettura più propriamente politica delle ragioni che hanno messo in crisi l'applicazione di una legge dello Stato. "Teniamo conto che dietro all'obiezione di coscienza, al rifiuto della pillola del giorno dopo o alla disapplicazione della 194 non c'è solo una questione etica o un'onesta posizione intellettuale; talvolta c'è anche corruzione. Va detto con chiarezza: c'è gente che specula sull'ignoranza e per il piacere della sopraffazione". Stefania Cantatore, dell'Udi di Napoli, più diretta non poteva essere e ha spiegato una 'semplice' strategia di contrasto attuata in città: un vademecum scritto chiaro chiaro su un tabellone e affisso negli ospedali! “Sopraffazione, certo, ma non sottovalutiamo anche il fatto che c’è tanta ignoranza - ha aggiunto Marina Toschi segretaria di AGITE (associazione dei ginecologi territoriali) - soprattutto tra i giovani colleghi e operatori dei Consultori e tra le giovani in generale”. (…). Il tema della prevenzione, tutela e cura della fertilità e della procreazione dovrebbero essere obiettivi “di una società moderna che abbia a cuore il benessere dei singoli e della collettività”. Per dirla con le conclusioni della Lezione Magistrale di Giovanni Fattorini, Presidente di AGITE. Il tema era “I diritti riproduttivi in Italia” e la sala era affollata e partecipe.
PRO CHOICE - OVVERO IL DIRITTO DI SCEGLIERE
L’immediata conseguenza della conferenza di Napoli è stata la formalizzazione della rete, avvenuta a Roma i primi di dicembre. “PRO CHOICE è un gruppo apartitico, apolitico, asindacale, professionale, il primo gruppo in Italia con queste caratteristiche, che intende chiedere il rispetto della legge affinché l'interruzione volontaria di gravidanza e la somministrazione di anticoncezionali non vengano mai negati a chi li richiede. Possiamo testimoniare attraverso la nostra rete di legali sparsi sul territorio che le donne spesso si trovano davanti a queste negligenze. È una situazione non più tollerabile. L'aumento dei medici obiettori di coscienza, che nel Lazio e in alcune zone raggiungono anche il 91,3%, di fatto interrompe un servizio istituito dalla legge 194 del 1978. Dopo un nostro ricorso, la Corte europea ha sanzionato l'Italia per la ripetuta violazione di questa legge, ma non è bastato” ha dichiarato Silvana Agatone, presidente di LAIGA. La scelta del nome di questa rete, PRO CHOICE, si ponte antiteticamente rispetto al termine PROLIFE, che “identifica coloro che combattono la libertà dei pazienti di decidere sul proprio corpo, in deroga anche a diritti acquisiti da decenni: no all'aborto, no alla dichiarazione di fine vita, no alla diagnosi prenatale, no alla contraccezione. Ecco, per contrastare la cultura del NO, noi mettiamo in campo la cultura del rispetto dei diritti e della libertà di scelta delle persone, e in primo luogo delle donne”.
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