Sabato, 14/09/2013 - Riceviamo da LAIGA (Libera Associazione Italiana Ginecologi per la Applicazione della legge 194) e volentieri pubblichiamo.
La relazione del Ministro della Salute sullo stato di applicazione della legge 194 conferma la netta riduzione dei tassi di abortività nel nostro Paese, sottolineando il dato di fatto che la legge funziona, nonostante gli innumerevoli attacchi subiti nei 35 anni trascorsi dalla sua approvazione.
Apprendiamo con favore la notizia della attivazione di un tavolo tecnico con le regioni, per avviare un monitoraggio riguardante le singole strutture ospedaliere e i consultori, per individuare le criticità, già più volte denunciate da LAIGA e dalle numerose associazioni impegnate per la piena applicazione della legge e riportate con allarme e grande preoccupazione nel dibattito alla Camera citato nella relazione stessa.
Senza dubbio la maggiore criticità è rappresentata dall’uso strumentale del “diritto” all’obiezione di coscienza. In questo senso, come da noi più volte denunciato, i dati reali si discostano notevolmente da quelli ufficiali riportati dal ministro, che non tengono conto dell’esistenza di una “obiezione di struttura”: in molti ospedali del nostro paese, infatti, i servizi per le interruzioni volontarie di gravidanza semplicemente non esistono, per cui i medici che lavorano in queste strutture, obiettori di fatto, non hanno alcun motivo di sollevare obiezione di coscienza, e vengono spesso conteggiati fra i non obiettori. In proposito, colpiscono le conclusioni della ministra: anche se un numero altissimo di ginecologi è obiettore di coscienza, poiché il numero di IVG/anno è più che dimezzato, il numero di non obiettori sarebbe congruo al numero complessivo di IVG. E’ evidente, invece, che le differenze abissali esistenti tra le varie regioni, riportate peraltro nella relazione stessa, rendono assolutamente non significativo il dato riportato su scala nazionale.
Confidiamo allora che il tavolo tecnico da lei approntato possa riportare alla ministra notizie e dati sulle reali condizioni di lavoro dei pochi ginecologi che ancora permettono che una legge dello stato venga applicata, nonché sugli ostacoli che incontra il diritto alla salute delle donne nella stragrande maggioranza delle regioni del nostro paese.
Confidiamo inoltre che il tavolo tecnico possa riportare alla ministra notizie sulle tante donne costrette a migrare in altre provincie o regioni per interrompere una gravidanza indesiderata, nonché sulle tante donne costrette a migrare all’estero per l’aborto terapeutico.
I media hanno acceso i riflettori sul possibile ritorno, nel nostro paese, dell’aborto clandestino, soprattutto tra le cittadine straniere, ma non solo. Vi accenna anche la relazione della ministra, riportando una stima che fa riferimento ad una rilevazione del 2005; si ripete qui la stessa ammissione di assoluta ignoranza dei dati, che hanno già fatto i ministri precedenti, purtroppo senza dire cosa si vuol fare per valutare l’entità del problema e per limitarne la diffusione.
I dati riportati sull’IVG farmacologica confermano che si tratta di una procedura sicura a cui ogni donna dovrebbe poter avere accesso. Purtroppo dalla relazione della ministra non si sottolinea come nel nostro paese scegliere l’aborto farmacologico è ancora, per tantissime donne, un diritto negato. Nella quasi totalità delle regioni italiane, infatti, per l’IVG medica è previsto il ricovero ordinario, con maggiori costi sanitari e difficoltà burocratiche a volte insormontabili. Un maggiore ricorso all’IVG medica in regime di DH, come suggerito dal report di epicentro, il portale dell’Istituto superiore di sanità, permetterebbe una riduzione dei tempi di attesa, che significa, dal punto di vista medico, una minore incidenza di complicazioni, e dunque un’azione a salvaguardia della salute delle donne.
La relazione ci ricorda infine l’importanza della prevenzione, “obiettivo primario delle scelte di sanità pubblica”; senza dubbio la diffusione della conoscenza e dell’uso dei metodi contraccettivi è il fulcro di questo impegno. Confidiamo pertanto che la ministra si adoperi in questo senso, appoggiando anche la nostra battaglia per abbattere gli ostacoli alla contraccezione di emergenza, perché la pillola del giorno dopo possa essere dispensata come prodotto da banco, come avviene ormai in un grandissimo numero di paesi nel mondo.
LAIGA (Libera Associazione Italiana Ginecologi per la Applicazione della legge 194)
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