Società/ Multiculturalismo/1 - “La laicità è una priorità democratica che partendo dalla pluralità consente di arrivare a un quadro di regole accettate da tutti e valide per ciascuno”
Massimo Mezzetti Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2005
Dal dibattito suscitato dalla legge francese sul velo nelle scuole pubbliche, a quello sulle radici cristiane non menzionate nella Costituzione europea, dall’esposizione del crocefisso nei luoghi pubblici fino all’approvazione di forza della legge 40 e la successiva iniziativa referendaria, la distinzione tra laici e cattolici in Italia sembra, almeno per gli organi d’informazione, sia diventata politicamente più importante di quella tra destra e sinistra. Di nuovo, prepotente si ripropone alla luce della proposta d’istituzione dei PACS, per le coppie di fatto.
La distinzione tra laici e cattolici penetra con forza i partiti e le coalizioni, anche in modo trasversale. In tanti hanno preso posizione pro e contro e c’è chi, con troppa enfasi, si erge a paladino della fede. Sarebbe bello sentire dire una volta, da questi “fedeli in politica”, che anche non pagare le tasse è peccato, oltre che reato. Stefano Levi della Torre ha scritto che “un tempo i credenti pensavano vero ciò che credevano e da ciò traevano la loro identità. Oggi pensano vera l’identità e da ciò traggono il loro credere”. Insomma appare evidente che oggigiorno più della condivisione di convinzioni di fede profonde sembra prevalere la volontà di affermare un’identità collettiva attraverso l’adesione ad un credo religioso.
Questo modo di procedere trasforma la religione in un modo per soddisfare, in qualche modo, dei bisogni e degli egoismi. La religione cattolica come misura del nostro benessere che gli immigrati minacciano perché stranieri e culturalmente differenti. Ecco allora che questo insistere sulla fede religiosa come componente culturale chiamata a svolgere un ruolo prevalentemente identitario rischia di rappresentare, in verità, una vera e propria forma di secolarizzazione di cui la Chiesa, per prima, dovrebbe essere preoccupata.
A fianco di questo fenomeno, non meno preoccupante a me pare, anche come credente, l’incanto e la seduzione che, di fronte al narcisismo dei grandi numeri e dello spettacolo dei papaboys, si esercita su un certo tipo di laico (largamente maggioritario in Italia) che è privo di cognizioni teologiche e prova un vago senso di timore verso i temi religiosi, rispetto ai quali si sente ignorante e incompetente, anche se possie¬de residue, approssimative tracce di un'educazione dottri¬nale infantile o adolescenziale.
Questo tipo di laico non ha l'atteggiamento ostile o freddo dell'agnostico o dell'ateo di¬chiarato, ma è disarmato di fronte alle argomentazioni dot¬trinali della religione-di-chiesa, ed è impacciato di fronte a quelle che la Chiesa gli presenta come le questioni etiche cru¬ciali di cui essa si presenta come la vera «esperta». Plausibile o meno che sia tale tipologia, è interessante la sua ricaduta pubblico-politica. Così finiscono con l’approvare o con il legittimare timidamente le indica¬zioni del magistero della Chiesa (sui temi bioetici, ad esempio). Questa benevolenza verso la religione-di-chiesa non porta con sé alcun «ritorno alla fede» in senso dog¬matico, ma solo valorizzazioni politiche di prese di posi¬zione della Chiesa secondo le opportunità. La verità è che siamo, a mio avviso, in presenza di due significative questioni:
il primo è che in Italia esistono singoli o gruppi di laici ma non possiamo certo dire di essere in presenza di una cultura laica diffusa come complesso coerente e influente di convinzioni e atteggiamenti.
Il secondo problema è che, forse anche conseguente al primo, per lo meno da noi, permane una grande confusione sul significato di “cattolico”, laicità e laicismo.
La qualifica di cattolico assorbe in se quella di cristiano e persino quella di credente e di religioso.
Viceversa laico, ancora troppo spesso, è sinonimo di “non credente”. Al punto che i giornali continuano a parlare di laici e cattolici come di categorie separate.
In realtà, la qualità dei contrasti emergenti riporta in primo piano la questione della laicità dello stato democratico, o meglio la sua ridefinizione. La laicità è una priorità democratica che non si esaurisce nel pluralismo anzi, partendo dalla pluralità delle posizioni, dovrebbe consentire di arrivare a un quadro di regole accettate da tutti e valide per ciascuno.
* Consigliere Regionale Uniti nell’Ulivo-DS/Emilia-Romagna
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