Autodeterminazione - Coscioni, Welby ed Englaro hanno preteso la sovranità sul proprio corpo. Come hanno fatto le donne
Stefania Friggeri Lunedi, 14/02/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2011
“Io ero, sono e sarò sempre il papà di Eluana, io stesso mi vedo in questa maniera, non solo più semplicemente Beppino…La sua morte sarebbe dovuta avvenire quella notte stessa…Invece questo addio alla vita, tragico ma umano…viene interrotto dalla medicina che non medica e dalla rianimazione che rianima a metà… La senti violentata. E assieme a lei siamo stati violentati noi genitori. Mi incoraggiavo a resistere pensando agli internati dei campi di concentramento. Se sono stati capaci loro di sopportare le azioni indegne degli esseri umani, forse ci riuscirò anch’io…Posso sapere che cosa è bene o male per me visto che non faccio male a nessun altro?…Morto è il contrario di vivo. ‘Non morto’ è il contrario di che cosa?…Tu medico mi crei le difficoltà per uscire da un ‘qualche cosa’ che non esiste in natura, che hai creato tu sostituendoti al dio della vita e della morte”. Queste le parole di Beppino Englaro colpevole di non essersi adattato alla morale ipocrita e bigotta dominante: lasciare morire Eluana, o in ospedale o a casa, nascostamente, in silenzio e fuori dalla legge, come avviene ogni giorno. Anche Luca Coscioni ha dovuto combattere una battaglia. “Dal corpo del malato al cuore della politica” è stato lo slogan con cui ha portato sulla scena pubblica problematiche normalmente escluse. Ovvero i diritti dei malati incurabili e dei disabili: assistenza, cure palliative ma anche ricerca sulle cellule staminali embrionali, ricerca ostacolata dal servilismo di una classe politica prona al fondamentalismo cattolico. Luca Coscioni, con la voce metallica delle macchine, dopo che la SLA l’aveva reso muto, ha detto: “È proprio la democrazia ad essere messa in discussione quando l’acquisizione del sapere, risorsa inesauribile per la sopravvivenza dell’umanità…è negata…Alla violenza di questo cinico proibizionismo sulla ricerca scientifica, sui diritti fondamentali dei cittadini ho risposto con il mio corpo che molti avrebbero voluto ridurre ad una prigione senza speranza.” Perché sia Coscioni che Welby, innocenti e giovanissimi, sono stati condannati a morte, una morte che non sarebbe giunta improvvisa e inaspettata come tutti ci auguriamo, ma dopo anni di prigionia, dentro un corpo in disfacimento. Scrive Mina: “Fino all’ultimo ho provato a dissuaderlo. Arrivai al punto di chiedergli: ‘Non è che ora tu, visto che hai scritto la lettera a Napolitano e hai scatenato questo putiferio, ti senti in dovere di andare fino in fondo?’…Credo che gli abbia fatto molto male. Mi disse molto severamente: ‘Ma allora non hai capito niente?’ Abbiamo litigato spesso negli ultimi mesi, cosa che non era mai successa fino allora. Mi chiese anche di non piangere…Feci uno sforzo immane per entrare in sintonia con lui…Se ne è andato come voleva lui, con grande serenità… È stato in quei momenti che ho iniziato a capire veramente la sua grandissima sofferenza e a comprendere la sua scelta.” Eppure, dopo che Mina ed Englaro sono andati da Fazio e Saviano, il Movimento pro-Vita ha chiesto una replica, accusandoli indirettamente di essere a capo di un “partito della morte” i cui membri non sanno amare i loro cari sofferenti. Siamo alle solite: non esistono le persone in carne ed ossa, esiste l’Amore con la maiuscola, e sull’Amore ha diritto di parola solo la voce autorevole di chi parla in nome di Dio. Ha scritto Maurizio Mori, membro della Consulta di Bioetica: ma chi sceglie di essere celibe o fedele al partner, come mai “non si sente ferito nell’intimo se la TV presenta storie di personaggi adulteri o dediti alla promiscuità?…Perché allora tanto putiferio?” perché sentono che l’opinione pubblica non li segue nelle loro affermazioni scientificamente scorrette e crudeli: che Eluana era una “disabile”, che la nutrizione artificiale non è un atto medico, che equivale alla somministrazione di una minestrina o un bicchiere d’acqua. “Vogliono riaffermare che l’assistenza è l’unica scelta etica e degna nel tentativo di…imporla a tutti per legge” (Mori). Accecati dall’ideologia non si rendono conto che, caduta la laicità dello Stato, teoricamente in futuro i loro cari potrebbero essere sottoposti ad eutanasia per legge, se in Parlamento ci fosse una maggioranza qualificata. Oggi, dopo Coscioni, Welby ed Englaro, l’autodeterminazione delle persone è diventata un punto centrale della politica nazionale, ma il tema della sovranità sul proprio corpo, che oggi interessa il testamento biologico e l’eutanasia, non è forse lo stesso che da sempre riguarda il corpo delle donne? Alle quali però non è mai stato riconosciuto l’Habeas Corpus, il principio caposaldo dello stato liberale per cui nessuno può privare un cittadino della sovranità sul suo corpo (salvo il giudice che può incarcerare). Un principio in tema di diritti civili che anche parte della sinistra scansava, ma che oggi non può non affrontare, soprattutto dentro al PD. Perché volendo fare chiarezza nella relazione fra libertà personale, Stato e religione, si deve fare chiarezza in primo luogo fra laicità dello Stato e libertà femminile.
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