Giovedi, 02/04/2020 - Una violenza feroce, solo uno dei tanti atti atroci che questa donna, come tante altre, ha subito dentro le mura domestiche. Perché è di questo che si parla, di mura, come se la tana, il focolare dove ognuno di noi dovrebbe e vorrebbe sentirsi protetto, accolto, coccolato, altro non fosse che una prigione Si tratta del “dramma della convivenza forzata”. Certo, perché il problema è la quarantena, il problema è che i due coniugi non possono 'prendersi i loro spazi', non possono stare lontani, non possono escludersi vicendevolmente come hanno fatto finora. Non voglio stare qui a ripetere le stesse cose che leggiamo tutti i giorni contro la violenza sulle donne, contro il sistema maschilista in cui viviamo, contro il potere, contro la forza fallica - o presunta tale. No, oggi mi voglio rivolgere a tutte quelle persone che si trovano in una situazione di evidente e profondo disagio, a tutt* quell* che non hanno mai realmente deciso, che hanno cavalcato con inerzia l'onda della vita, un susseguirsi mero di eventi, senza chiedere, senza pretendere, senza farsi ascoltare. Pronti a giustificare sempre e comunque i comportamenti violenti - materiali o psicologici che siano. Se vivi con una persona che non ti rende felice, allora vattene. Non confondere l'egoismo con l'amor di sé; prendi, guarda negli occhi chi ti ha reso debole, chi ti ha mortificato, chi ti ha fatto credere che non sai pensare, che le tue idee sono sbagliate, che i tuoi comportamenti sono da rivedere, che se ti sgrida, beh, te lo sei meritato. Nessuno fa niente per niente. E invece sì, queste persone sono più debole di te, hanno paura di dire "ti amo", hanno paura di regalarti un fiore o di farti una sorpresa, hanno paura di mostrarti il loro lato fragile, il loro lato umano. Vivono in una spirale drammatica, perché non sanno cosa vogliono, non sanno chi vogliono essere, sono dei perenni insoddisfatti che hanno come unica arma sfogarsi su di te, perché tu continui ad essere per loro. È l'unico modo per sentirsi in qualche modo superiori, per non guardarsi allo specchio tutte le mattine e riconoscere la loro meschina nullificante esistenza. Bene, sai cosa ti dico? Questo non è un tuo problema. Il tuo unico pensiero, perché è di un pensiero che si tratta più che di un problema, è vivere una vita in cui ti alzi la mattina e non hai paura. Mi spiego, la vita non è tutta rose e fiori, anzi viviamo in tempi precari, incerti, in cui la povertà non è un futuro distopico ma una condizione reale che sempre più persone si trovano a fronteggiare. Tanti perdono il lavoro, altrettanti nemmeno lo trovano. Molti sono costretti a vivere illegalmente per poter campare. In altre zone distanti chilometri, sono in corso guerre. Quindi, non fraintendermi, non voglio far passare l'idea che se vuoi qualcosa puoi sempre e comunque ottenerla, basta che ci credi e che ti applichi. No, questa bella favola è e resta una favola. Ma c'è qualcosa che ognuno di noi può e deve fare: non cadere nella trappola della giustificazione, non cadere nel "sì ma lui/lei…", non cedere alle convenzioni sociali, ai pettegolezzi dei vicini, al giudizio dei genitori. Non permettere mai a nessuno di sminuirti, di farti sentire sbagliat*, di farti sentire manchevole di qualcosa. Se pensi ti manchi qualcosa è perché tu senti che ti manca qualcosa e, autonomamente, in totale indipendenza, cerchi di colmare una lacuna che per te è importante, non perché te l'hanno fatto notare gli altri.
Rifletti. Sei chius* in una casa con qualcuno che dovresti e dovrebbe amarti. O magari vi amate, certo, gli amori tossici e violenti esistono. Ma tu ti meriti questo? Ti meriti di sentirti urlare addosso? O magari vieni ignorat*? Questo tempo di quarantena è surreale, è la casella 'imprevisti' del Monopoli dove non ci aspettavamo di incappare. È accaduto, non si cambia il passato, quindi sfrutta questa paralisi del sistema meglio che puoi. Chiuditi in bagno, siediti sul davanzale di una finestra, fissa il soffitto, fa come ti pare, ma pensa. Pensa a come sarebbe se… e quando finirà la quarantena non permettere che quel 'se' resti solo un ricordo, solo un desiderio soffocato dalle cose che sono. Agisci. Ci vuole tanto coraggio, tanta forza, anche perché avrai la tendenza a non farlo da sol*. Ti attaccherai ad un figli*, o magari a qualcuno che pensi sia un nuovo amore, o a qualche parente che sa cosa vivi dentro le mura domestiche. Non accettare neanche questo compromesso. Rifletti, scrivi, pensa che non c'è più tempo perché domani potresti non esserci più e allora forse vivrai un'altra vita uguale, esattamente uguale, di dolore, di frustrazione, di insoddisfazione, all'ombra di qualcun* che non ti ama, ma ti usa per convincersi di aver agito per buone ragioni, per crearsi un'immagine di sé che gli permetta di credere alla bella e finta storia su se stess* che si è creato.
Lo so che ci sono problemi economici, spesso non si può semplicemente prendere, uscire dalla porta, buttare le chiavi in un tombino e non tornare mai più indietro. Dovrebbe essere così, ma questo implicherebbe una libertà che non ha ancora trovato la sua forma di coesistere con lo Stato. Tuttavia, puoi ingegnarti. L'ingegno non è ricco né povero. L'ingegno non ha età, non è di colore diverso. Usalo più che puoi, è la tua clorofilla. Non abbandonarlo alla mercé di altri che credono tu non valga niente. E quando vedi, in modo chiaro e definito cosa devi fare, fallo, agisci. Respira profondamente e salta. Ti tremeranno le gambe, uscirai dal tempo e dallo spazio per un millesimo di secondo, ma avrai assaporato la libertà, la libertà di dire no agli altri e sì a te stess*.
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