- Ottima la partecipazione alla presentazione e interessante il dibattito. L’avvio di un nuovo percorso per questo giornale. Nonostante le difficoltà
Silvia Vaccaro Venerdi, 04/12/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2015
In una sala gremita troneggiava lo sguardo fiero di Anna Magnani, volto scelto per la copertina della prima agenda 2016 NOIDONNEcult, presentata lo scorso 19 novembre alla Casa Internazionale delle donne di Roma. A 70 anni da quel 1946, anno del primo voto ufficiale delle donne italiane, prima alle amministrative di marzo e poi durante il referendum che sancì la fine della monarchia dei Savoia e la nascita della Repubblica italiana, la nostra storica e resistente rivista ha realizzato la prima di - speriamo - una lunga serie di agende cult.
Simbolicamente dedicata alle donne che lottarono affinché il suffragio in Italia fosse davvero universale e non a sesso unico - tra le quali menzioniamo Marisa Cinciari Rodano presente all’incontro e ritratta nella foto - l’agenda ripercorre, settimana dopo settimana, la storia della rivista. Lo fa attraverso alcune delle tantissime copertine, che, una dopo l’altra, restituiscono il valore di una rivista militante che ha avuto sempre l’ambizione di raccontare la società con gli occhi delle donne. E di fare giornalismo. Per presentare l’agenda, siamo partite da quell’anno simbolico, il ’46, rievocato attraverso la lettura di alcuni brani di articoli pubblicati in vecchi numeri di Noi Donne, affidata a Anna Maria Loliva, Tiziana Avarista e Federica Marchettini, ideatrici e protagoniste, insieme a Carmen Giardina, dello spettacolo “Signorinette” dedicato al voto alle donne, che andrà in scena a marzo al Teatro Tor di Nona di Roma.
Dal dopoguerra siamo arrivate al presente, mettendo al centro il tema enorme della rappresentanza e della partecipazione politica delle donne. Ne abbiamo parlato insieme a Simona Ammerata, attivista del collettivo Casa delle donne Lucha y Siesta, Barbara Bonomi Romagnoli giornalista e autrice di “Irriverenti e libere. Femminismi del terzo millennio”, Kwanza Musi Dos Santos attivista dell’associazione QuestaèRoma, Cristina Petrucci attivista e parte della delegazione di Osservatori internazionali alle scorse elezioni in Turchia. Quattro donne molto diverse tra loro ma accomunate dallo sguardo critico e attento e dall’esercizio quotidiano di una cittadinanza attiva.
Oltre i singoli interventi, interessanti e critici rispetto ad uno status quo che come donne autodeterminate e femministe non ci convince e non ci soddisfa, si conferma la necessità di un movimento di donne forte fuori dalle istituzioni, come migliore garanzia perché le donne in politica, ancora poche nel nostro paese (poco più del 21% su 93mila incarichi politici secondo l’ultimo dossier sul tema di Openpolis), si possano sentire portatrici di istanze differenti. Dunque, perché cambino linguaggi e azioni concrete della politica, le donne, fuori e dentro le istituzioni, devono svolgere un ruolo da protagoniste. Come? Mettendosi in ascolto delle donne che non fanno politica e che non si dicono femministe, ma che affrontano concretamente tutte le difficoltà di essere donne in Italia, ancora al 41° posto nella classifica Global Gender Gap 2015.
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