Elezioni / Intervista a Lea Melandri - “Il movimento delle donne è riuscito a sopravvivere al silenzio, esprimendo la sua cultura e il suo pensiero. Ho fiducia nella continuità del femminismo, che ha molto da dire sul ripensamento della sinistra”.
Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2008
Lea Melandri, qual è il suo personale commento sull’esito di queste elezioni?
Credo che per certi versi fosse prevedibile questo arretramento spaventoso della Sinistra Arcobaleno, a cui io faccio riferimento come molte altre del movimento delle donne.
Prevedibile perché, come il femminismo sta dicendo da anni, stiamo vivendo una crisi della politica, della forma ‘partito’, di una visione del mondo che vorrebbe essere radicale, mettendo in discussione la violenza, lo sfruttamento, le logiche di dominio, ma non riesce a fare propria la coscienza storica del femminismo.
La coscienza storica del femminismo è quella che ha evidenziato: la contrapposizione tra un sesso e l’altro, a opera della comunità storica di uomini; la divisione profonda e violenta che si opera nel lavoro, basata sull’essere maschio o femmina; la separazione tra ‘casa’ e ‘polis’; il lavoro di cura e domestico non riconosciuto come tale; la conciliazione come punto nodale che non può prescindere dalla consapevolezza che chi non ha mai conciliato tra casa e lavoro sono gli uomini, non le donne; la contrapposizione dei rapporti di produzione e riproduzione.
È necessario che avvenga un ripensamento radicale della politica a partire dal suo atto fondativo. La politica nasce con l’esclusione di metà dell’umanità, divide la sfera pubblica e quella privata, quella vita personale che comprende vicende essenziali dell’essere umano, come la nascita, la morte, la salute, la malattia, l’interdipendenza dall’altro e dall’altra. Queste analisi, compiute dal femminismo ormai da più di trent’anni, hanno mostrato che sono stati i maschi ad attuare queste divisioni.
Ma la ‘visione sessuata’ (della vita, della politica, della società) non è stata integrata dalla sinistra. E questo è stato un grave errore.
La sinistra alternativa non ha riformulato la sua visione della società e dei conflitti che vi si agitano dentro.
La crisi della sinistra è cominciata molto prima, e ora si manifesta in modo catastrofico per la vita democratica del paese.
Che scenario politico si apre?
Mi allarma, e deve allarmare, il fatto che la destra, che conta oggi su una grande maggioranza, sia una destra che non ha rispetto della costituzione.
Una destra populista, antidemocratica, con leader carismatici, cioè esattamente quella che si potrebbe definire antipolitica e antidemocrazia. La vittoria della Lega è il segno di una diffusa intolleranza, di xenofobia e sessismo, del bisogno di sicurezza che nasconde intenti di repressione.
Questo tipo di ‘destra’ rappresenta un pericolo per alcune garanzie costituzionali e per i movimenti come quello delle donne, gay e lesbico. Movimenti che hanno portato avanti battaglie di difesa della legge 194, battaglie per le unioni civili, per affrontare i temi dell’eutanasia, insomma tutti quei temi detti ‘eticamente sensibili’ ma che sono in realtà questioni politiche. Questioni che dovrebbero emergere, perché sono legate alle esperienze essenziali della persona umana, come la sessualità e la maternità.
Quale può essere l’impatto di questo nuovo scenario sulle donne e delle donne?
Il lavoro delle reti femministe, anche europee, dei forum, come quello di rifondazione, di quei soggetti che hanno preso voce ad esempio sul manifesto e su liberazione, questo lavoro con il suo straordinario apporto di cultura politica è stato cancellato.
Non si tratta di ricominciare da capo, di rifondare la sinistra: basterebbe che la sinistra guardasse cosa è passato nella sua storia.
I movimenti femministi e il movimento non autoritario hanno prodotto un rivolgimento profondo nell’idea di politica, riconducendola alla Persona e alle tematiche del corpo, come luoghi in cui intervengono la legge, la scienza, le religioni, la morale...
Hanno prodotto cultura politica, una cultura critica delle forme tradizionali e storiche del partito, dei concetti di leader, di gerarchia, di autoritarismo, di economicismo.
Queste consapevolezze avrebbero dato alla sinistra la possibilità di prospettare una alternativa, ma il lavoro di questi movimenti non solo è stato cancellato, ma addirittura osteggiato.
Se si riparte, quindi, bisogna dire che non si riparte da zero, ma si riparte guardando cosa è stato cancellato e cosa invece è vitale.
Bisogna uscire dalla contrapposizione tra partiti e movimenti, ricreare forme di rappresentanza non autoritarie, (ri)costruire una politica che legga cosa si agita nella vita delle persone e delle relazioni sociali.
Noi donne continueremo nel nostro impegno collettivo: se il movimento delle donne è riuscito a sopravvivere al silenzio, alla mancanza di luoghi dove esprimere la nostra cultura, attraverso movimenti, associazioni, nelle università, con riviste, libri, significa che esiste una eredità concreta e significativa che va riscoperta.
Ho fiducia nella continuità del femminismo, che ha ripreso il discorso della conflittualità e della violenza, con vigore, anche nelle nuove generazioni. Il femminismo ha molto da dire sul ripensamento della sinistra e non solo.
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