Regione Emilia Romagna - Le azioni condotte in questi anni per arrivare a questo traguardo
Martedi, 26/01/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2010
In un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore lo scorso 23 novembre, intitolato “L’Emilia-Romagna sfiora Lisbona 2010” la nostra Regione è risultata in testa nell’innovazione, registrando progressi in tema di occupazione femminile, assistenza all’infanzia e sostenibilità ambientale.
Nel panorama nazionale solo cinque regioni sono arrivate vicino all’ambizioso traguardo fissato da Lisbona 2010: l’Emilia-Romagna, la Lombardia, la Valle d’Aosta, il Piemonte e il Trentino Alto Adige.
La distanza dagli obiettivi di Lisbona 2010 è la sintesi di quattro macro-indicatori (occupazione, innovazione, coesione sociale e sostenibilità ambientale). Sulla base dei risultati è stata stilata una classifica di valori (non percentuali) dove 100 è la massima distanza dai target di Lisbona e 0 indica che l’obiettivo è stato raggiunto (la fonte citata dal Sole 24Ore: Centro Studi Sintesi). L’Emilia-Romagna è al punto più vicino: 29,9, seguita dalla Lombardia al 36,9.
Cosa ha fatto l’Emilia-Romagna in questi anni per arrivare a questo traguardo
OCCUPAZIONE
Nel secondo trimestre del 2009 risultano occupate in Emilia-Romagna 1.983.000 persone di cui 883.000 donne e 1.100.000 uomini. Nello stesso periodo i disoccupati ammontano a 91.000 unità suddivisi tra 45.000 donne e 46.000 uomini. Il 61,9% dell’occupazione è presente nei Servizi, il 33,9% nell’Industria ed il 4,2% nell’Agricoltura. La presenza femminile è particolarmente forte nei Servizi 76,5%, e molto minore nell’Industria, 20,8%. I maschi sono presenti per il 50,2% nei Servizi e per il 44,4% nell’Industria. Tutti i tassi del mercato del lavoro regionale sono migliori di quelli della media UE a 27 ad esclusione del tasso di occupazione dei 55-64 anni. L’obiettivo sancito a Lisbona per il 2010 del tasso di occupazione femminile è stato superato. Il tasso di occupazione complessivo risulta leggermente inferiore all’obiettivo di Lisbona per il 2010. Il tasso di occupazione dei 55-64enni è 12 punti percentuali distante da tale traguardo.
INNOVAZIONE
Il buon livello di innovazione mette la regione al vertice in Italia e in Europa: coi suoi centri di ricerca e le sue università, l’Emilia-Romagna produce quasi il 17% dei brevetti italiani di invenzione, il secondo dato più alto a livello nazionale.
Incentivi regionali e centri di trasferimento favoriscono il raccordo di innovazione e tecnologia dal mondo della ricerca verso le imprese. L’innovazione permea settori che sono il cuore dell’attività industriale emiliano-romagnola, come la meccanica, ma anche ambiti di ricerca che investono la qualità della vita futura, come l’ambiente e la salute.
Le imprese che investono nella ricerca e nell’innovazione possono contare sul sostegno della Regione, in Emilia-Romagna il 41% delle risorse pubbliche è stato erogato in questo ambito (Rapporto Unioncamere 2008). E infatti il sistema produttivo emiliano-romagnolo si conferma tra i più avanzati in Italia facendo registrare il 13,8% di addetti in ricerca e sviluppo sul totale nazionale (Istat, 2006).
COESIONE SOCIALE
Nonostante la Regione Emilia-Romagna si caratterizzi da sempre per un forte civismo e una solida coesione sociale e registri un tasso di povertà pari ad un terzo di quello nazionale, come nel resto d’Europa, anche nella nostra regione alcune categorie di persone incontrano difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro o a mantenere un’occupazione, rischiando l’esclusione sociale. I motivi sono numerosi e, soprattutto, molto diversi tra loro. Anche in Emilia-Romagna possono essere oggetto di discriminazione le persone con disabilità, le minoranze etniche e i migranti, i carcerati ed ex carcerati e i soggetti appartenenti alle fasce delle nuove povertà.
Il nostro obiettivo è quello di sviluppare percorsi d’integrazione e migliorare l'inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati per combattere ogni forma di discriminazione nel mercato del lavoro. Promuovere la piena integrazione e partecipazione alla vita attiva dei gruppi svantaggiati è infatti un elemento prioritario di tutte le politiche comunitarie e in primo luogo di quelle occupazionali in quanto l’integrazione lavorativa è uno degli strumenti privilegiati per il conseguimento dell’integrazione sociale e della autonomia delle persone.
Le politiche a favore dell’inclusione sociale hanno già rafforzato l’integrazione socio-lavorativa delle categorie deboli e svantaggiate. Importanti risultati sono stati sicuramente ottenuti nei confronti delle persone con disabilità, grazie anche alle risorse provenienti dal Fondo Sanitario nazionale e dal Fondo regionale per l’occupazione dei disabili. Meritano particolare attenzione e devono essere rafforzate le opportunità a favore delle famiglie monoparentali, come per i detenuti, in particolar modo extracomunitari e tossicodipendenti, per i quali persistono ancora difficoltà nell’inserimento e reinserimento lavorativo e sociale e quelle a favore delle nuove povertà.
AMBIENTE
L’intero sistema Emilia-Romagna, se vuole mantenere alti livelli di benessere, di qualità sociale e ambientale, non può esimersi dall’essere protagonista nella strategia di sviluppo sostenibile.
Qualità, innovazione, competitività sono obiettivi che impongono il rispetto dei parametri di Kyoto e l’adeguamento alle normative dell’Unione europea. I termini - tecnologici, economici, sociali, ecc. - con cui viene analizzato o approfondito il tema sono ormai multidisciplinari ed integrati tra di loro, nonché connessi con una pluralità di politiche di tutela ambientale (gestione delle risorse idriche, produzione energetica, risparmio di risorse, riduzione di emissioni inquinanti, ecc.).
In questo contesto si colloca il nuovo Piano Territoriale Regionale, in cui una delle chiavi decisive è evidentemente l’integrazione delle politiche per aree geografiche omogenee, con la cooperazione tra i vari livelli istituzionali e attraverso accordi tra soggetti pubblici e privati. Le politiche di sostenibilità richiedono l’abbandono sia delle logiche centralistiche, sia di quelle localistiche, valorizzando le intese fra Regioni ed Enti locali come elemento essenziale per ottenere risultati duraturi. L’obiettivo deve essere quello di rendere sempre più incisive le politiche di programmazione e di governance condivisa delle risorse, con logiche che travalichino i meri confini amministrativi, assumendo come riferimento sistemi di area vasta (i bacini idrografici, i distretti ecc.). Per costruire la governance, occorre condividere non solo le principali politiche, ma anche le modalità di costruzione degli obiettivi e delle responsabilità tra tutti i soggetti. L’integrazione delle considerazioni ambientali nelle politiche di sviluppo non sono scontate. Gli effetti ambientali vanno valutati preventivamente e verificati nel tempo. Per questo è anche necessario migliorare la capacità di comunicazione e informazione ambientale e sviluppare procedure partecipative volontarie, alla ricerca di nuovi strumenti di coinvolgimento dei portatori di interesse che possano affiancare la logica, ancora necessaria, del “comando e controllo”.
È necessario essere consapevoli che alcuni fattori esterni alle imprese sono ormai essenziali per la competitività: la ricerca, il sistema di mobilità, la qualità delle infrastrutture e lo sviluppo delle reti immateriali, il costo e l’efficienza del sistema energetico, ma anche che tali fattori vanno incrociati con le criticità ambientali del nostro territorio. Solo la piena condivisione di queste chiavi di lettura dei sistemi produttivi, territoriali e ambientali potrà consentire di disaccoppiare la crescita dal degrado ambientale, unica garanzia di successo delle strategie messe in campo.
La nuova sfida, insomma, è rappresentata dalla promozione ed attuazione di politiche che individuino nell’ambiente un’opportunità di sviluppo, anche economico, e una nuova dimensione delle politiche di territorio.
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