Sola me ne vo… - In uno spettacolo frizzante e accattivante Mariangela Melato ricorda e si racconta nel luogo della sua libertà: il teatro
Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2007
Con la solitudine, “un’amica faticosa da portare a spasso”, Mariangela Melato è venuta felicemente a patti: nel suo ultimo spettacolo ‘Sola me ne vo’ se la porta a braccetto e giocando a rimpiattino con i suoi ricordi ne fa una perfetta compagna di scena. E mentre rovista con allegria nelle sue esperienze artistiche e nel felice disordine di una vita condotta con spirito un po’ ribelle e in totale libertà, canta e balla. Tanta musica, luci da camerino e costumi essenziali (calzamaglia sbrindellata o smoking: ed eccola tessere uno show tutto suo, attorniata a tratti da sei baldi boys. Con bravura e una punta di malizia offre al pubblico in visibilio del Teatro Alfieri di Torino (ma girerà molto) una scanzonata riflessione fra realtà e fantasia. Lo fa nello spazio che le è più congeniale, il teatro, l’ultimo luogo libero, quello che la fa sentire viva e la sottrae da questa vita da inferno. La brava attrice parte dal filo conduttore, il suo essere una autentica zitella. Mai uno straccio di matrimonio per lei. Non lo ha mai voluto. A metterle l’angoscia è stata l’istituzione in sé, che scricchiola per difetti strutturali. Sappiamo com’è l’andazzo: “Coniglietta, Passerottino…Non è una casa, è l’arca di Noé, che presto si arena sull’Ambarabà Cici e Cocò, parola aramaica che in italiano si traduce con ‘rottura di palle’. E il Pulcino e la Coniglietta si tramutano in due brontosauri rugosi e stanchi, stravaccati sul divano, davanti alla TV, in pantofole, sfatti, soddisfatti, senza più niente da dirsi. Due amebe”. “Per essere sincera, mi sarei anche sposata. È che non me lo hanno mai chiesto”, confessa. Così si è costruita con sano egoismo una vita rallegrata dal fatto che non deve lavare piatti e lucidare i pavimenti tutti i giorni. La libertà è diventata la sua variopinta bandierina. Niente è più appagante di un giorno libero, dopo essere stati in teatri, alberghi, letti. L’attività teatrale è un fardello; ma l’ha sempre sottratta a “questa vita d’inferno” porgendole il privilegio della fantasia.
Balenano in rapide proiezioni tanti generi di teatro, nomi di grandi registi e un nugolo di personaggi: la Monaca di Monza, Medea, Amleto, Re Lear… Dopo essere stata in compagnia di simili prodigi di mistero, di fascino, di intelligenza, cosa se ne farebbe la signora tutto spirito e disincanto con il ragioniere di Givoletto, un piastrellista, un miliardario? Stare da soli é dei geni (Leopardi, Beethoven, Napoleone).
Sull’onda di un testo sfavillante scritto da lei stessa insieme a Vincenzo Cerami, Riccardo Cassini e il regista Gianpiero Solari, Mariangela Melato, illuminata dal suo sorriso, con versatilità compie la gaia e divertente escursione nel tempo: dall’infanzia con la mamma sarta e il papà vigile urbano all’adolescenza (con birichinate e ribellioni) fino ai primi successi. Intanto la sua immagine in scena si trasfigura e si moltiplica, lasciando sempre intatta la genuinità. Che la semplicità sia autentica o costruita con finissima arte, Mariangela Melato ricordando che siamo fatti della stessa materia dei sogni, nel suo incantevole show offre al suo pubblico una avventura teatrale veramente fuori dell’ordinario.
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