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L’arte italiana al tempo del fascismo

L’arte italiana al tempo del fascismo

Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics. Italia 1918-1943: è la mostra sull'arte italiana del ventennio curata da Germano Celant

Lunedi, 26/02/2018 - A Milano, negli spazi della Fondazione Prada, una grande mostra dal titolo "Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics. Italia 1918-1943", curata da Germano Celant, racconta l’arte italiana al tempo del fascismo.
"Questa mostra è nata dall’idea di indagare la condizione dell’artista e dell’uomo sotto una dittatura: quali opportunità sono offerte all’artista e quali compromessi estetici sono richiesti; quali dilemmi morali e quali rischi assillano l’essere umano?". Così Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, presidenti della Fondazione Prada, illustrano in catalogo le questioni che sono all’origine della grande mostra sull’arte italiana tra le due guerre, "Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics. Italia 1918-1943", ideata e curata da Germano Celant per gli spazi della sede milanese della Fondazione, dove la rassegna è in corso fino al 25 giugno 2018 (Largo Isarco 2; info 02 56662612).
Eccezionale per numero e qualità delle opere, la mostra riunisce oltre 600 lavori, tra dipinti, sculture, disegni, fotografie, manifesti, arredi, progetti e modelli architettonici, realizzati da più di cento autori, esponenti dei più diversi orientamenti stilistici. Tra gli altri, solo per fare qualche nome, vi sono pittori come Boccioni, Balla, Sironi, de Chirico, Severini, Depero, de Pisis, Carrà, Morandi, Casorati, Carlo Levi, Mafai, Antonietta Raphaël (una delle poche artiste presenti), Scipione, Fausto Pirandello, Capogrossi, Guttuso; scultori come Adolfo Wildt, Arturo Martini, Marino Marini, e architetti come Piacentini e Terragni. L’esposizione è inoltre arricchita da rare fotografie, libri, riviste, lettere, cartoline e altro materiale d’archivio, per un totale di circa 800 documenti, disposti entro vetrine a formare, lungo il percorso, dei focus tematici, ad esempio, su Gramsci, Gobetti, Moravia o su Margherita Sarfatti, critica d’arte e biografa di Mussolini.
Opere e documenti restituiscono con immediatezza il clima politico, sociale e culturale di quegli anni, ma l’aspetto più originale, e davvero esemplare dell’esposizione, sta nell’allestimento, affidato allo studio 2x4 di New York, sotto la regia del curatore.
Con un’attenzione filologica ormai rara nelle mostre odierne, Germano Celant ha infatti voluto presentare le opere d’arte nel loro contesto originario, facendo rivivere così l’atmosfera e il gusto dell’epoca. L’impresa ha naturalmente richiesto un enorme sforzo di ricerca, prima per individuare le fonti visive di riferimento, quindi per ritrovare (e ottenere il prestito) di quelle opere, e non altre, che le fotografie ritraevano sulle pareti di sale espositive, case di collezionisti, studi d’artista. In mostra si incontrano ben 24 ricostruzioni parziali di questi ambienti, realizzate tramite l’ingrandimento in scala reale delle fotografie storiche, sulle quali le opere ritrovate sono state collocate, esattamente al loro posto, mentre le altre che le affiancavano sono “presenti” attraverso la loro immagine in bianco e nero.
Il titolo della mostra riprende il poema parolibero sull’assedio di Adrianopoli di Filippo Tommaso Marinetti, e appunto con il fondatore del futurismo che, fino alla morte, nel 1944, ha promosso in Italia e all’estero gli artisti futuristi, ha inizio il percorso espositivo. Tra le opere più sorprendenti spicca un dipinto di Giacomo Balla, "Fascisti e antifascisti" (1924-25), maturato nel clima drammatico seguito al delitto Matteotti ed esposto nel 1925 alla terza Biennale Romana. Da notare che per Balla gli eroi sono i fascisti, ma d’altronde quanti allora credevano nelle istituzioni parlamentari? Anche uno scrittore come Luigi Pirandello, così lontano dai miti del regime, si iscrisse al partito fascista proprio all’indomani del delitto Matteotti, salvo poi restarne deluso. Comunque ciò che appare straordinario nel dipinto di Balla non è certo il soggetto, ma la modernità della concezione pittorica, sintetica e vivace, tanto da sembrare eseguita da un graffitista contemporaneo.
Una sala immensa fa poi rivivere, attraverso foto d’epoca proiettate su otto schermi giganti, gli ambienti della Mostra della Rivoluzione Fascista, allestita nel 1932 nel Palazzo delle Esposizioni, per celebrare il decennale della Marcia su Roma, da un gruppo di artisti e architetti d’avanguardia. Il visitatore fa così esperienza diretta del carattere “immersivo” della propaganda fascista, che nel corso degli anni trenta diviene sempre più pervasiva. Nelle ultime sale si passa dalle fastose imprese murali e urbanistiche, ai preparativi per l’Esposizione Universale di Roma del 1942 (esposizione che non si farà mai per il precipitare degli eventi), per giungere alle drammatiche immagini di guerra, stragi, fucilazioni, lager, tra le quali si impone il dipinto di Aligi Sassu, "I martiri di piazzale Loreto" (1944), dedicato ai quindici partigiani fucilati il 10 aprile 1944 a Milano dai fascisti. "Ho dipinto I martiri di Piazzale Loreto – ricordava l’artista – nell’agosto 1944, subito dopo aver visto il ludibrio che la canaglia repubblichina faceva dei corpi dei nostri fratelli. Eppure vi era in me, nel fuoco e nell’ansia che mi agitava, nel cercare di esprimere quello che avevo visto, una grande pace e non odio, ma una tristezza immensa per la lotta fratricida. Da quei corpi sanguinanti e inerti sorgeva un monito: pace, pace".
La mostra, completata da cinegiornali dell’Istituto Luce, da una rassegna cinematografica e da un catalogo di oltre 650 pagine edito dalla Fondazione Prada, offre dunque un’importante occasione per tornare a riflettere sui rapporti tra arte e potere, con rigore, senza censure, ma anche senza quel fanatismo che, recentemente, ha talvolta caratterizzato, soprattutto negli Stati Uniti, il dibattito sui monumenti “politicamente scorretti”. Resta tuttavia ancora una questione da approfondire, quella dei rapporti tra arte e politica coloniale fascista, un aspetto che richiederebbe in Italia una più vasta consapevolezza pubblica per contrastare con efficacia anche l’attuale ritorno al razzismo.
Foto
Immagine della mostra “Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943”
Foto Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti
18 febbraio - 25 giugno 2018
Fondazione Prada, Milano
Courtesy Fondazione Prada
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