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L’arte di trasformare il trauma in rinascita

L’arte di trasformare il trauma in rinascita

Personaggi/ Irfanka Pasagic - Il premio Langer 2005 alla psichiatra di Srebrenica che ha fondato Tuzlanska Amica dove, con gruppi di volontari e fondi esteri, ha creato un sistema di aiuti umanitari e adozioni a distanza

Giulia Salvagni Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2005

Aiutare gli altri, ascoltare e cercare soluzioni, creare strutture di accoglienza e di reperimento fondi, questo in sintesi il lavoro che Irfanka Pasagic ha svolto e che l’ha portata al Premio Langer 2005. Il prestigioso riconoscimento le sarà consegnato il primo luglio a Bolzano nell'ambito della manifestazione internazionale Euromediterranea.
Irfanka ha ascoltato i problemi della sua gente traumatizzata dal conflitto. E l’ha fatto da deportata quale essa stessa è stata. Infatti nata a Srebrenica nel 1953 Dopo aver studiato a Sarajevo e a Zagabria, ottenendo la specializzazione in psichiatria, è tornata a lavorare nella sua città natale. Nell'aprile del 1992, nel corso di una delle prime ondate di pulizie etniche, culminate nel genocidio di Srebrenica, è stata deportata, e dopo varie traversie, ha raggiunto insieme ad altre migliaia di profughi, la città bosniaca di Tuzla.
Lì, nell'ambito della rete internazionale, "Ponti di donne tra i confini" creata nel 1993 dalle donne di "Spazio Pubblico" di Bologna assieme ad altre donne della ex Jugoslavia, ha fondato il centro "Tuzlanska Amica". “Abbiamo iniziato a lavorare con donne violentate e con donne che erano state rinchiuse in campi di concentramento. Ben presto ci siamo resi conto che con loro vi erano molti bambini e non potevamo aiutare le donne senza aiutare anche i loro bambini” spiega Irfanka.
Grazie a un progetto di adozione a distanza fatto proprio da associazioni che operano soprattutto in Emilia Romagna e Liguria, in questi dieci anni Tuzlanska Amica ha dato una famiglia a oltre 850 bambini, ed è diventata ben presto uno dei pochi luoghi dove donne, bambini, uomini traumatizzati, possono ricevere aiuto psicologico, ma anche assistenza medica, sociale, legale. L'adozione a distanza non si limita alla raccolta e distribuzione di preziosi aiuti finanziari. Chi adotta riceve infatti un rapporto costante sullo stato di salute dei bambini e del loro andamento scolastico e familiare, ed è incoraggiato a visitarli a Tuzla o ad ospitarli per periodi di vacanza o di cura.
Grazie a un'organizzazione olandese, Mala Sirena, Irfanka Pasagic ha potuto mettere in atto quella che era stata un'altra intuizione importante: la creazione di un Team mobile, per andare a cercare e assistere nelle campagne, tra gli oltre 250.000 profughi che vivono in condizioni molto precarie nel distretto di Tuzla e Srebrenica, i casi più difficili e nascosti, attivandosi dapprima con un aiuto di tipo umanitario, per poi verificare l'opportunità di un intervento anche psicologico per i componenti più vulnerabili del nucleo familiare.
Una società patriarcale dopo un conflitto cade in mille pezzi. Sono rimaste moltissime vedove con la responsabilità di mandare avanti il nucleo familiare, ma: “Molte donne non si sentono in grado di assumersi anche queste responsabilità "maschili" e noi cerchiamo di dare loro forza e coraggio”.
Ci sono anche molti uomini traumatizzati, deboli. Per loro è ancora più difficile: “Non abbiamo mai avuto alcun progetto specifico su di loro. È un problema, è difficile reperire fondi per progetti sugli uomini. Senza dubbio sono comunque i bambini la categoria più a rischio, ed è su di loro che stiamo concentrando le nostre attività. Attualmente comunque stiamo lavorando anche con ragazzi di diciott'anni. Sono usciti dall'orfanotrofio ed ora si ritrovano sulla strada: in situazioni drammatiche, molti di loro sono tossicodipendenti. Grazie alla regione Emilia Romagna siamo riusciti a comperare una casa. Ne abbiamo trovata una proprio a Tuzla. I ragazzi verranno a vivere qui. E poi cercheremo di avviarli ad una professione. Non si tratterà solo di farli finire la scuola e prendere un diploma, che rischia di rimanere carta straccia, ma vogliamo che imparino una vera professione in modo che nel giro di due anni siano in grado di ottenere un lavoro”.
Irfanka Pasagic partecipa inoltre alla rete "Promoting a Dialogue: Democracy Cannot Be Built with the Hands of Broken Souls", guidato da Yael Danieli, psicologa e "traumatologa" di New York, consulente per le Nazioni Unite, per il quale ha effettuato viaggi di studio e lavoro in altri paesi, tra i quali il Ruanda. E' un progetto di dialogo interetnico teso a rompere quella "cospirazione del silenzio" che tanto contribuisce a perpetuare traumi e conflitti tra le generazioni.
E' questo anche il senso della sua collaborazione con l'associazione "Women of Srebrenica" e con molte persone, come la belgradese Natasa Kandic e la kosovara Vjosa Dobruna, già premi Alexander Langer nel 2000, impegnate nella stessa direzione.
(13 maggio 2005)

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