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L’arte d’amare nel Roman de la rose

L’arte d’amare nel Roman de la rose

Esposti a Parigi un centinaio di manoscritti del romanzo francese più diffuso nel Medioevo: Roman de la rose

Domenica, 20/01/2013 - Una cinquantina di passi per attraversarla tutta, da cima a fondo; tre ore circa per inoltrarsi in ogni insenatura delle varie sale; un centinaio di manoscritti disseminati in questo spazio “in miniatura”, tre registrazioni audiovisive di supporto alla visita: cifre indicative della densità dell’esposizione in corso nella capitale francese. Per potersi immergere in questa “galleria allegorica” si dispone di ancora qualche settimana: i manoscritti miniati del Roman de la Rose resteranno esposti al pubblico fino al 17 febbraio alla Bibliothèque de l’Arsenal a Parigi (ingresso libero – dal martedì alla domenica, dalle 12 alle 19 h). Un’iniziativa promossa dalla Biblioteca nazionale di Francia, con la collaborazione dei musei e delle biblioteche francesi che custodiscono alcuni di questi esemplari e li hanno messi a disposizione per permettere di esplorare un’opera attualmente nota solo in ambito accademico, che però conobbe una diffusione eccezionale (300 manoscritti), tanto da potersi considerare un vero e proprio best-seller d’età medievale, secondo soltanto alla Commedia di Dante, anche se di tutt’altra fattura.

Il Roman de la rose – da non confondersi con l’opera Il nome della rosa di Umberto Eco, ma i visitatori della mostra non possono sbagliarsi poiché in apertura troveranno lo splendido frontespizio del poema ornato dallo scriba Nicolas Flamel per il sovrano – non è un testo facilmente accessibile, tanto più per il lettore odierno poco avvezzo alla narrazione allegorica in versi. Eppure il tema centrale del racconto non è poi così distante, né polverosamente noioso: eterna croce e delizia di ogni essere umano, l’amore in ogni suo aspetto, dalla seduzione al tormento, dall’inganno alla gioia, è protagonista di queste pagine sotto forma di una rosa da conquistare, simbolo della giovane di cui il sognatore-pellegrino si innamora.

Per arrivare a congiungersi con l’oggetto del suo desiderio, l’amante compie un viaggio iniziatico, durante il quale incontra un ventaglio di personaggi – racchiusi in un piccolo corridoio dove sono esposti una dozzina di particolari miniati su pannelli, dove sono presentate le personificazioni dei vizi e delle virtù. Le attrici di questo teatro delle ombre danno vita a una serie disparata di situazioni, che vanno dai toni cortesi della prima parte al cinismo e alla misoginia di alcuni passaggi della seconda. Tutto si svolge in un’atmosfera primaverile, stagione del risveglio della natura e dei sensi, ideale ambientazione per lo svolgimento del sogno, che proseguirà in un giardino circondato da alte mura e custodito da una dama: idilliaco debutto a cui è dedicata la prima sala, che evoca l’incantevole cornice in cui si inscriverà l’avventura amorosa. Oltrepassata la soglia del giardino, si penetra nella grande sala dell’esposizione dove sono ricostruite in una trentina di manoscritti miniati le principali tappe del percorso amoroso.

L’immensa opera non è però il prodotto di una sola mano, bensì di due autori che hanno dato vita a due diversi universi poetici: i primi 4.000 versi sono il frutto dell’ispirazione poetica di Guillaume de Lorris, i successivi 18.000 versi, scritti a 40 anni di distanza intorno al 1270, sono il risultato del chierico parigino Jean de Meun, una personalità ben diversa da quella del suo predecessore. Nel complesso il capolavoro restituisce un affresco letterario, filosofico, enciclopedico della mentalità del tempo, tuttavia sia allora che ancor oggi suscita reazioni contrastanti. L’ultima sala raccoglie l’eredità di quel successo editoriale, con i successivi tentativi di moralizzarne il racconto (manoscritto di Jean Molinet, XVI secolo), oppure di controbattere alle infamanti oscenità insinuate contro le donne (manoscritto della Vision di Gerson; manoscritto dell’Epistre au Dieu d’Amour dell’inizio del ‘400 di Christine de Pizan; altra magnifica miniatura, la celebre immagine della costruzione della Cité des Dames nel manoscritto 607), per poi approdare alle prime edizioni a stampa (1480).

Già nell’immediato quei versi provocarono un vivace dibattito in cui fu coinvolta una donna di grande cultura, prima scrittrice di professione della storia, Christine de Pizan che attaccò quel romanzo come “indecente” e offensivo per l’intero sesso femminile; riscoperte agli inizi del secolo scorso, quelle pagine continuano a dividere e a stupire per la capacità di coniugare eleganza e bellezza formale con una cinica misoginia – inquietante alla luce delle recenti giustificazioni del femminicidio proprio da parte di un prelato, il discorso di Geloso invita a picchiare le mogli infedeli, con parole volgari e offensive.

La melodia del verso può andare a braccetto con la virulenza e la crudeltà del linguaggio? In tal caso, l’arte d’amare si fa tecnica, una strategia dove poesia e cinismo sembrano tendersi la mano al fine di formulare consigli per avanzare la propria mossa in quel sottile gioco di scacchi che è l’amore, dove intervengono molteplici fattori, di cui nella storia sono state date innumerevoli letture, spesso moralizzanti e degradanti per la donna… per poi concludere il Romanzo con un’immagine metaforica che invita alla perpetuazione dell’opera del Creatore, ovvero ad una sessualità finalizzata alla riproduzione della specie. Un colpo di scena tanto per non cambiare e non far tremare le fondamenta della società patriarcale, ieri come oggi!

Temi che ancora suscitano insofferenza, riflessioni e dibattiti, ma anche ammirazione per le preziose miniature che ornano quegli antichi manoscritti, dal 2009 accessibili in rete grazie alla progettazione e “edificazione” di una biblioteca digitale che mette a disposizione in libero accesso oltre 130 manoscritti al sito www.romandelarose.org Un’idea frutto del partenariato della Johns Hopkins University e della BnF, con il sostegno nella Fondazione Andrew W. Mellon: insieme hanno creato e messo a disposizione di studiosi e non solo un prezioso strumento che consente di sfogliare quegli antichi manoscritti, altrimenti destinati a restare inaccessibili.

Il supporto dell’informatica sta dunque diventando un contributo fondamentale nella ricerca scientifica – anche se l’accesso alla versione elettronica non intende sostituire la lettura diretta del manoscritto, come ha puntualizzato Stephen Nichols, coordinatore del sito e grande medievista presente al convegno cui si accenna di seguito - in quanto permette di superare barriere logistiche insormontabili e di accedere a oggetti di studio in qualsiasi momento, così come è possibile accedere virtualmente all’esposizione dal sito della BnF, http://expositions.bnf.fr/aimer/index.htm, visionare le miniature del Romanzo e ascoltare i contributi di emeriti esperti sull’argomento.

In concomitanza con l’esposizione, oltre a periodiche visite guidate per gli studenti dei licei (si “accompagnano” i visitatori nel percorso visivo con pannelli esplicativi che la rendono fortemente pedagogica: non si può restare immuni al “seduttivo casting” assemblato dagli autori medievali per fornire consigli sull’arte d’amare!), sono stati organizzati incontri e dibattiti per approfondire il valore letterario del poema ma anche lo spessore artistico delle miniature che arricchiscono i manoscritti. In particolare, è stata riservata un’intera giornata all’interrogazione “Perché leggere oggi il Roman de la rose?” durante la quale sono intervenuti i più grandi esperti e studiosi della materia. Si è svolta il 18 gennaio scorso nel Petit Auditorium della BnF François Mitterand, con un intenso programma d’interventi che si sono susseguiti dal mattino al tardo pomeriggio. Mentre fuori una sottile nevicata iniziava ad imbiancare la città, nei sotterranei della imponente biblioteca le menti pensanti più raffinate in materia confrontavano disparate letture suggerite dal poema medievale. La journée d’étude è stata aperta da un emerito professore dello spessore di Michel Zink, che ha introdotto alla novità d’un arte che affonda le radici nell’antichità, quindi durante la mattinata hanno preso la parola esperti in ambito letterario (Jacqueline Cerquiglini-Toulet ha tracciato il dibattito sulla Rose che coinvolse Christine de Pizan, mentre fra gli altri si è distinto per l’ironica erudizione l’intervento di Armand Strubel, professore dell’Università di Montpellier e curatore dell’ultima edizione del Roman in Livre de Poche), mentre nel pomeriggio sono stati affrontati gli aspetti d’interesse artistico che sollevano le miniature, quindi approfondite alcune tematiche iconografiche (per citare solo alcuni nomi di coloro che sono intervenute/i, Fabienne Pomel ha sapientemente mostrato in alcune miniature l’autore nascosto dietro altri personaggi rappresentati; Lori Walters, ha indicato in una copia una possibile risposta alla Pizan nella scelta d’inserire tre soggetti femminile in scena; per poi concludere con una lettura dinamica mostrata da Stephen Nichols, ideatore del sito, che ha trasmesso la potenza delle immagini proiettando un manoscritto privato di miniature per una loro brutale copertura, nel ms. 525).

Una giornata intensa, che ha catturato i pensieri e gli sguardi del pubblico, il quale continuava a porre interrogativi nonostante fosse trascorso l’orario previsto per il convegno. Una parte degli uditori hanno poi sfidato la gelida serata e si sono incamminati verso la Biblioteca dell’Arsenal, per continuare l’immersione in quell’universo onirico con una visita guidata… Chi ha potuto, ha invece solo rimandato al giorno successivo la magnetica contemplazione di quelle pergamene decorate con finezza. Impossibile resistere al richiamo di quelle immagini, alla cui bellezza estetica però si accompagna un sentimento di rabbia e fastidio, insopprimibili agli occhi di una donna che in quei consigli sull’arte d’amare intravede pericolose insinuazioni a danno del proprio sesso.



Vedi altre foto di Maria Alessandra Soleti: http://www.noidonne.org/fotogallery-dettaglio.php?ID=0083

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