Lucha y Siesta davanti al Tribunale di Roma protesta per l’apertura del processo a carico della presidente
Tante le tappe di questa storia oramai. Prima l’occupazione e la lunga lotta per non essere sfrattate da un palazzetto abbandonato da anni e che era divenuto un luogo accogliente e pieno di iniziative per le donne; le minacce e gli atti di Atac per la vendita all’asta di questo immobile per recuperare il debito di questa azienda. La mobilitazione per affermare il diritto a Roma di avere luoghi di cittadinanza attiva al femminile e di servizi e accoglienza per le frange più deboli, in rete con altre realtà e in forte connessione con la lotta che la Casa Internazionale aveva portato avanti per difendere la sua esistenza. Poi l’intervento concreto della Regione Lazio di acquisto del luogo per consentire la continuità della esperienza di Lucha y Siesta. A creare un nuovo quadro positivo di riferimento poi è intervenuta la legge approvata dal Parlamento lo scorso anno, grazie all’azione delle Case delle donne, che riconoscendo tali realtà come beni di utilità comune consente nuove forme agevolate di convenzioni e rapporti con tali realtà.
All’iniziativa, promossa da Lucha y Siesta, erano presenti moltissime donne (e anche uomini) di tutte le generazioni e sono intervenute rappresentanti di molte realtà: DIRE ( Donne in rete contro la violenza), Differenza Donna, Be Free, Casa Internazionale delle Donne, Ponte Donna, Aidos, Action Aid, Non Una di meno, Scosse e NOIDONNE.
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