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L’Anfora prende il volo

L’Anfora prende il volo

UDI - Al palazzo di vetro dell’Onu a New York / Intervista con Claudia Mattia e Katia Graziosi

Colanicchia Ingrid Martedi, 22/12/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2009

L’Udi… fucina di idee

Intervista con Claudia Mattia, Coordinamento nazionale Udi




È novembre, la Staffetta di donne contro la violenza sulle donne volge al termine, ma alla sede nazionale dell’Unione Donne in Italia fervono idee e progetti. Abbiamo incontrato Claudia Mattia, del Coordinamento nazionale dell’associazione nonché responsabile delle consultazioni dell’Archivio Centrale di Roma. Claudia, 36 anni, è arrivata all’Udi nel 2005 per le ricerche relative alla sua tesi sulla costruzione del welfare nel secondo dopoguerra e qui ha deciso di rimanere.



Cosa ti ha spinto a impegnarti nell’Udi?

Prima dell’Udi non ho mai fatto parte di un’associazione o di un partito politico: non mi sentivo attratta dalla politica istituzionale o istituzionalizzata ma all’Udi mi sono sentita a casa. Un po’ per il separatismo che l’associazione pratica e poi perché l’Udi, unica nel suo genere, rappresenta un osservatorio della realtà con un taglio specificamente femminile, non una visione generale. Ho scoperto così un mondo che, nonostante il mio corso di studi sia stato improntato alla storia, mi era rimasto celato.



La politica dell’Udi, che in questi anni hai vissuto da protagonista con la campagna 50E50 e adesso con la Staffetta, ti rappresenta?

L’Udi è, a mio avviso, l’unica voce veramente indipendente che ha dato espressione e parole alle donne. Riesce ad arrivare al cuore dei problemi, alle donne reali che abitano gli spazi che ci circondano: non quelle stereotipate, uniche che la società riconosca. E questo grazie all’autonomia politica ed economica che caratterizza l’associazione e che le consente di non dover mettere in atto forme di riconoscenza.



Quali sono gli strumenti che rendono possibile quest’autonomia economica?

In primo luogo il tesseramento ma altrettanto importante è la distribuzione del calendario, un appuntamento fisso che ha accompagnato i 60 anni di storia dell’Udi. Da osservatrice privilegiata quale sono, in quanto responsabile delle consultazioni dell’Archivio, ho avuto la possibilità di visionare i calendari che l’Udi ha prodotto dal 1952 a oggi: le immagini, i testi seguono e rappresentano l’associazione per come si è andata evolvendo in questi decenni. Così nell’immediato dopoguerra il calendario trasferisce in immagini la scelta dell’Udi, appena nata, di concentrare i suoi sforzi sulla ricostruzione e sull’infanzia. Così come il calendario 2010 racconta l’itinerario della Staffetta attraverso le sue tappe in tutta la Penisola, dando visibilità alle donne che hanno partecipato, raccontandole nelle forme che hanno scelto per aderire al progetto (il calendario è prenotabile presso la sede nazionale dell’Udi, tel. 066865884 – mail udinazionale@gmail.com, ndr).



L’Udi è una fucina di idee e di iniziative: dalla campagna 50E50 fino alla Staffetta passando per la Scuola politica. Quali progetti per l’immediato futuro?

Dalla Scuola di quest’anno, dal titolo “Che ti sei messa in testa? L’ambizione tra politica, sapere e vita pubblica”, è nata l’idea di organizzare una serie di incontri, per la precisione 5finesettimanadipolitica a cura di Federica Giardini, docente di Filosofia politica all’Università Roma Tre, e Pina Nuzzo, delegata nazionale dell’Udi. Gli incontri, aperti a tutte le donne, si terranno con scadenza mensile presso la Sede nazionale e tratteranno temi diversi, ognuno dei quali approfondirà progetti che l’Udi ha avviato o introdurrà obiettivi futuri dell’associazione.



Qual è secondo te l’obiettivo fondamentale che l’Udi deve porsi?

A mio avviso l’Udi deve essere contemporanea alle donne e alla realtà che ci circonda. Deve rispecchiare e indagare i problemi delle donne di oggi, con i problemi di oggi, delle donne più giovani e delle straniere. Questo non esclude nessuna generazione perché ad esempio i problemi di chi oggi è madre si riflettono, a causa delle carenze del nostro welfare, sulle nostre madri e si rifletteranno un giorno, se non già ora, sulle scelte di vita delle nostre figlie.



L’ultimo degli incontri dei 5finesettimanadipolitica, dal titolo ‘Cosa mi rende felice’, si terrà a maggio e vedrà la tua partecipazione diretta. Ecco Claudia, cosa credi ti potrebbe rendere felice?

Vivendo l’Udi come la vivo io, posso dire che potrebbe rendermi felice il raggiungimento di una parità sostanziale tra donne e uomini, una società capace di accogliere le differenze, che senta il bisogno di porre al centro l’individuo con il suo carico di soggettualità e potenzialità.

E poi, mi piacerebbe diventare madre.





L’Anfora prende il volo

Intervista a Katia Graziosi, Portastaffetta Emilia Romagna




Lo scorso 31 ottobre la Staffetta di donne contro la violenza sulle donne ha deviato il suo percorso per una tappa straordinaria: il Palazzo di vetro dell’Onu a New York. Un riconoscimento politico importante di cui abbiamo parlato con Katia Graziosi che, in qualità di Portastaffetta della regione Emilia Romagna, è volata, insieme a Marta Tricarico, a New York.

Katia, 62 anni, pensionata, nonna di due nipotini e presto anche di un terzo, è delegata della sede Udi di Bologna e componente del coordinamento nazionale dell'associazione.



In che contesto nasce questa trasferta?

La trasferta si è concretizzata grazie all’eco che il messaggio dell’anfora ha avuto in tutta Italia e grazie ai rapporti che con pazienza e tenacia abbiamo tessuto, nel solco della migliore tradizione Udi, con le donne. Le nostre parole, ‘Stop al Femminicidio’, sono state raccolte, con l’intento di portarle in quella vetrina sportiva internazionale che è la maratona di New York, da donne di Trenitalia e dell’associazionismo sportivo che già avevano condiviso con noi il passaggio della staffetta in Emilia Romagna. Portare le nostre istanze e le nostre parole al Palazzo di vetro è stato possibile anche grazie alla presidenza dell’assemblea legislativa della regione Emilia Romagna che ha messo a disposizione i suoi contatti internazionali. E così otto donne in maglietta rosa con il simbolo dell’anfora e la scritta ‘Stop femminicidio’ hanno partecipato alla Friendship Run e alla Maratona di New York.



Una sede prestigiosa, un risultato politico importante. Che idea ti sei fatta della percezione del problema oltreoceano?

Siamo state ricevute dal Presidente della commissione Onu sulla condizione femminile nei Paesi occidentali e altri Stati, il quale ci ha voluto fornire un quadro degli obiettivi politici e dello stato dei lavori della commissione, soffermandosi sul rapporto donne e pace. Ci ha informate che per marzo è prevista una risoluzione sulle mutilazioni genitali femminili sostenuta dal Segretario Generale e ha affermato che entro il 2015 il femminicidio sarà sconfitto.

Nel nostro intervento ho ricordato al presidente la consegna all’Onu, nel 1949, di tre milioni di firme in difesa della pace, sottolineando come per noi la parola ‘sviluppo’ cammini insieme a ‘pace’, ‘donne’ e ‘diritti’.

La percezione che ne ho tratto è che questi prestigiosi organismi restano assai lontani dal vivere quotidiano di noi donne. Fissare poi un termine per la scomparsa del femminicidio ci è sembrata un’ingenuità: qui non si tratta di sconfiggere un virus… Forse non si è compresa interamente la portata di tale fenomeno: le donne sono sempre un passo avanti rispetto ai tempi della politica.

Penso che l’aver indicato nel nostro documento dei punti che richiedono risposte concrete, sia stato importante non solo per noi ma soprattutto per loro che sono così sollecitati a confrontarsi su questioni che non sono solo di principio.



Quali prospettive da questo incontro?

L’obiettivo fondamentale è stato raggiunto. Abbiamo fatto ascoltare la nostra voce, la voce delle donne, in merito alla violenza sulle donne e abbiamo sottoposto ad un organo garante quale è l’Onu le nostre richieste concrete contro il femminicidio: una legislazione di contrasto coordinata fra i vari Paesi per garantire pene certe e supporto immediato alla donna; risorse da destinare alla formazione e all’aggiornamento specializzato di chi affronta questi problemi; interventi puntuali e continuativi nella scuola. Abbiamo anche chiesto di riservare un’attenzione particolare alla rappresentanza femminile, intendendo con ciò sottolineare che la democrazia risulta monca quando le donne ne sono escluse.

Chiaramente continueremo a tenere monitorata la commissione sulla condizione femminile e continueremo a fare pressioni affinché le nostre richieste vengano accolte.



Qual è stato il momento più emozionante?

Credo che il momento più emozionante sia stato quello in cui io e Marta Tricarico abbiamo portato la bandiera ‘Stop Femminicidio’ nel Palazzo di vetro: abbiamo consegnato un anno di lavoro di tutte quelle donne, tante, che hanno partecipato alla Staffetta, fiere di portare la nostra esperienza a chi potrebbe fare qualcosa per cambiare le cose.

Ho raccontato a Marta di mia madre - Anna Zucchini fra le fondatrici del circolo di Borgo Panigale (Bologna) e responsabile all'interno della grande fabbrica Ducati già nei mesi successivi alla fine della guerra -, che nel 1955, per aver distribuito la mimosa con un volantino che chiedeva pace e diritti per le donne, si fece un mese di carcere. Oggi l’Udi, e con lei tante donne e associazioni, era all’Onu con un documento sottoscritto dalla Presidenza dell’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna. Ci commuoviamo: l’Anfora ha portato il suo messaggio.

 



(22 dicembre 2009)

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