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L’amore negato

L’amore negato

Dunja Torroni - “il trauma dell’abuso, il dolore del ricordo che si riverbera in ogni gesto dell’amore”

Benassi Luca Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2008

Chiamatelo come volete: racconto in versi, poema in frammenti, anticanzoniere, libro denuncia, libro verità, confessione… Questa raccolta esce fuori dagli schemi e si fa leggere d’un fiato, percorrendone le pagine con il filo dei polpastrelli alla ricerca di soluzioni a verità fin troppo crude. “L’amore negato, Violazione dell’amore” (Edizioni il Foglio, seconda edizione, Piombino, 2007) della giovane Dunja Torroni, svizzera del Canton Ticino classe 1974, narra per espressa ammissione dell’autrice “in versi poetici la storia di un abuso sessuale; del ritrovato erotismo e delle relative conseguenze sul piano affettivo”. Scrive Guido Pedrojetta in una breve quanto illuminante prefazione: “trafitte dal male d’amore, queste istantanee che cedono alla tentazione del verso sono il rovescio di un canzoniere: Dunja Torroni vi raccoglie i cocci di una biografia sentimentale disertata dalla gioia, ovunque corrosa da rapporti difficili e crudeli, così come preannunciato – e poi lungamente ribadito – dal titolo, fin troppo razionalizzante: negazione e violazione.” Se dunque l’occasione è il trauma dell’abuso, il dolore del ricordo che si riverbera in ogni gesto dell’amore, tuttavia il sentimento della rabbia non sembra abitare questi testi: c’è invece la consapevolezza della stortura, dell’atto originario che distorce l’approccio del corpo fino a creare, nell’eccesso della pulsione erotica, una distanza incolmabile con la persona amata, l’inevitabile incomprensione e distacco. Il corpo mutilato della sua innocenza sembra farsi misura dell’esistenza, della scoperta del piacere, del momento voluto dell’incontro, di un eros finalmente scoperto ed esibito. Penetrare nel mistero di questa dimensione adulta e consapevole è entrare nella selva oscura di dantesca memoria, è andare a fondo in uno stato di coscienza attraverso il quale fronteggiare gli spettri del passato. Dunja Torroni indaga se stessa attraverso l’adozione di diversi punti di vista, scrivendo i testi a volte al maschile a volte al femminile, mettendosi nei panni della bimba violata e del vecchio violentatore, della donna amata e indifferente, di quella passionale, dell’amato stupito e bramoso del corpo. Ne risulta un contrappunto di voci che non cede mai al distacco ma proietta il lettore in un coro d’anime appassionate. Ci sono libri dalla consistenza minerale, altri fatti di liquido o rarefatti come aria d’alta quota. Questa silloge invece ha la consistenza molle della pelle: scivola come seta, sensuale e accattivante, solleva a tratti brividi erotici; eppure, come la pelle liscia di un grembo, nasconde viscere, sangue, vene, dolori, escrementi, smanie rapprese come crampi allo stomaco. È una lettura che si pianta come un ago e allo stesso tempo alliscia come la più dolce e ambigua delle carezze; una lettura da fare, prima che con il cuore, con il corpo, le dita, le orecchie, i sensi tesi di un animale braccato dall’inquietudine. L’uso delle rime alternate nasconde, nella sua apparente semplicità, nella musicalità lieve e veloce, il senso duro di un significante scheggiato come una lama di selce. La lingua è piana, a tratti colloquiale a tratti gonfia come una ferita rossa e infetta; i testi non sono quasi mai compatti ma spezzati in strofe, spesso in coppie rimate di versi: un percorso tortuoso dell’anima e della parola. Come dice Pedrojetta nella prefazione, Dunja Torroni vuole andare dritta al cuore e noi le auguriamo buon viaggio.
Il ricavato della vendita di “L’amore negato, Violazione dell’amore”, dal quale sono tratti i testi qui pubblicati, andrà a favore dell’associazione Demetra, attiva nel campo degli abusi su minori.


TESTI

Io me ne andavo per la mia solinga strada
che ormai altro più non aspettavo,
quando mi immersi in un’oscura contrada.

Qui m’apparve un disegno opaco
della diffusa indifferenza;
della umana sofferenza:
un gatto pellegrino e il volto sconvolto
di un vecchio ubriaco.




Un rumore sospetto
Turba il silenzio nella stanza.

Una bimba nel suo letto.
Graziosa e attraente,
per il suo unico diletto.

Sotto le coperte, le gambe scoperte,
l’uomo la guarda e le sussurra
le parole d’inganno.

Senza esitazioni e con un solo colpo,
presto è fatto, su tutto il suo corpo
la vergogna a sua condanna.




E fu l’uragano che tutto fracassa,
la chiamata d’amore
che tutto sconquassa.

L’attesa di un segno,
per evitare il dolore,
l’attesa di un tuo pegno,
per assicurare il cuore




Le fiamme nel camino,
arancioni-gialle,
giocano,
fanno all’amore;
si illuminano
di araldici colori.
La legna giace e avvampa,
nel camino
si strugge e dissolve
nell’aria gli odori:
il muschio e la rosa
che emana
la nostra pelle.




Ho tutto un universo
da esprimere
qua dentro:
tra Dio e il nostro
flusso.

Ho tutto un terrore
da sopprimere
qua dentro:
tra me stessa
e il mio passato.


(25 novembre 2008)

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