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L’agricoltura delle donne. Per una nuova idea di crescita

L’agricoltura delle donne. Per una nuova idea di crescita

Imprenditoria agricola - Il convegno della Fondazione Nilde Iotti per capire le innovazioni possibili e quelle già realizzate in agricoltura. E non solo

Bartolini Tiziana Domenica, 05/05/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2013

In tv le trasmissioni sulla cucina abbondano mentre è scarsa l’informazione dedicata al cibo o all’agricoltura in generale e ancor meno si parla delle donne impegnate nel comparto, nonostante una azienda agricola su tre sia diretta da una donna e oltre 400mila siano le lavoratrici occupate nel settore. “Il mondo femminile agricolo era molto silenzioso e sconosciuto in passato, oggi è una realtà importante sia per i numeri sia per le capacità innovative che ha saputo introdurre trasformando in economia i saperi antichi, rigenerando le aziende con nuove attività legate alla qualità del cibo, alla multifunzionalità, alla cura del territorio e del paesaggio”. Alessandra Tazza, una vita in Coldiretti e oggi volontaria della Fondazione Nilde Iotti che ha organizzato il convegno L’agricoltura delle donne. Per una nuova idea di crescita (Roma, 11 aprile 2013, ‘noidonne’ è stato media partner) ha illustrato il senso dell’incontro che ha inteso valorizzare il ruolo femminile nel mondo agricolo soprattutto in relazione alla necessità imposta dalla crisi strutturale che attraversiamo di trovare nuovi equilibri e nuovi paradigmi economici fondati su valori condivisi: la cura dei beni comuni (acqua, suolo, paesaggio, diversità), la sostenibilità, la qualità, la dignità di persone e animali. “L’agricoltura ha nella sua memoria storica un giacimento di valori utilissimi, oggi, nella ricerca di nuovi modelli di consumo”. Non è un caso, quindi, che si stia affermando una nuova imprenditoria femminile basata sui “profondi cambiamenti che le donne in agricoltura stanno attivando, forti della loro capacità innovativa - come ha sottolineato Livia Turco, Presidente della Fondazione -, e che è indispensabile valorizzare con iniziative come queste”. Solido supporto alle riflessioni sono stati i numeri illustrati da Catia Zumpano, ricercatrice INEA. A colpire non è tanto il 3% del totale delle donne occupate in Italia (la media europea è del 4%) o che le imprese a conduzione femminile sono il 33%, piuttosto è quel 43% di donne che ruota intorno ad un’azienda agricola, forse contribuendo a vario titolo a quel dinamismo e capacità di innovazione che caratterizza il comparto. Del resto le politiche agricole in Italia da anni non sono al centro dell’attenzione di un Paese in cui l’agricoltura “rappresentava nel 1960 il 20% della ricchezza del Paese e oggi è il 2%, in cui in 50 anni la superficie agricola si è ridotta del 36% e le aziende agricole sono diminuite del 62%. Un Paese in cui un terzo degli intestatari di aziende sono over 65”. La fotografia consegnata da Anna Carbone, dell’Università della Tuscia, ha utilmente illustrato i punti di forza (eccellenze, tradizioni, reputazione, sinergie tra cibo e territorio) e le fragilità (la frammentazione del tessuto produttivo, la distribuzione poco internazionalizzata, la difficoltà a fare sistema, leggi poco efficaci contro le frodi). Caratteristiche e difficoltà confermate dalle testimonianze di Gabriella Ercolini (Unipol) e dalle imprenditrici Maria Annunziata Bizzarri (Donne in Campo /CIA) e Marina Di Muzio (Presidente Confagricoltura Donna). “Le donne sono la spina dorsale dell’agricoltura e per questo devono essere sostenute - ha affermato Adriana Bucco, imprenditrice dell’astigiano e Presidente del COPA (Comitato Europeo delle Organizzazioni Agricole) -. È indispensabile, quindi, riconoscere il ruolo femminile e la necessità delle Pari Opportunità. A Bruxelles abbiano chiesto che le donne entrino a pieno titolo nella PAC, ma la proposta è stata recentemente bocciata dal Consiglio. È stato un colpo durissimo alla possibilità per le donne di contribuire all’innovazione. E senza le donne non c’è innovazione”. Giuseppe Gaudio, ricercatore Inea, ha sottolineato come le esperienze di “nuova agricoltura” producano beni e servizi ma anche benefici che “travalicano il settore agricolo coinvolgendo il territorio” innescando contaminazioni positive nel benessere collettivo, nelle relazioni, nella reciprocità e recuperano valori tradizionali, innovati rispetto ai cambiamenti in atto, quali: sovranità alimentare, filiera corta, autonomia decisionale degli agricoltori, rispetto del territorio”. “Innovazione è la parola chiave per chi è manager del territorio, per chi vende il territorio. Infatti il contributo dell’agricoltura al modello di sostenibilità nel contesto economico ampio (italiano e europeo) è eccezionale e innovativo come nessun altro comparto produttivo” ha spiegato Annalisa Saccardo di Coldiretti parlando di un’impresa agricola che “modella e costruisce il paesaggio a seconda di come decide di investire e coltivare”. Alla produzione alimentare quale caposaldo si aggiungono “servizi ambientali e ricreativi (agriturismo) o dedicati all’istruzione (fattorie didattiche), attività che richiedono di sviluppare una capacità anche di sapersi proporre e comunicare”. Rossana Zambelli, direttore nazionale di CIA, ha sottolineato come “l’agricoltura rappresenta un unicum che si declina in ambiente, valore delle aree rurali, culture, tradizioni, alimentazione, PIL, economia. Importante tenere presente il tutto con le varie sfaccettature e parlare di agricolture e di mercati, al plurale. C’è bisogno di competenze e di una rappresentanza adeguata a in Europa anche sostenendo una capacità di spesa a livello regionale e la necessità di integrarsi superando conflittualità, complessità e miopie”. La politica, con le parole dell’On Susanna Cenni, già assessora all’agricoltura in Toscana, ha portato lo sguardo oltre il presente. “Occorre prendere atto che si è concluso, e ha fallito, un modello di sviluppo e ormai il cambiamento non va solo evocato, ma va praticato. Le donne sono già attrici straordinarie di questa voglia di innovazione e il successo di queste esperienze è nei numeri. Si riconosce valore al cibo e attorno al cibo si creano dei circuiti economici rilevanti che non sono più piccole nicchie ma che hanno l’ambizione di scardinare e di modificare profondamente le cose. Occorrono politiche adeguate, che superino la logica dei poli industriali o dei grandi cantieri e che puntino all’infrastrutturazione sociale, dove sarebbe utile investire per scardinare i danni pesanti di questo modello di sviluppo”. La strada è già aperta, quindi, e siamo ben oltre la sperimentazione. Il passo successivo è individuare le modalità per mettere a sistema un vasto patrimonio di competenze, tradizioni ed esperienze.










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