In occasione del mese che celebra la Giornata internazionale della donna un omaggio iconografico, dal Museo storico della comunicazione, al lavoro che le donne hanno svolto all’interno dell’amministrazione postale italiana
È del secondo decennio del Novecento, forse del 1916, stando all’annotazione appuntata a matita in fondo al cartoncino. Nella parte superiore, invece, l’autore della nota cronologica commentava, senza lasciar trasparire grande entusiasmo, «una delle conseguenze della guerra». Perché è dall’industrializzazione che la società italiana si apre alle figure femminili, individuando specifiche professioni per le quali le donne sono ritenute più adatte, da quelle legate alla cura (per insegnanti, infermiere, segretarie), a quelle che richiedono attitudini fisiche e psichiche considerate tipicamente femminili, come garbo, pazienza, attenzione, adattabilità (per archiviste, bibliotecarie, telegrafiste, telefoniste e impiegate postali).
Ma è poi soprattutto durante la prima guerra mondiale che il lavoro femminile sostituisce per la prima volta in modo più pervasivo quello degli uomini impegnati al fronte. Le donne portalettere, allora, raccolgono e distribuiscono la corrispondenza indossando il loro abito scuro (diverso per le addette alla posta in città e per quelle che prestano servizio nelle zone rurali), con rifiniture color carminio, cappello e borsa in cuoio con apertura con patta e lunga tracolla – poi trasformata in iconico accessorio di moda con il nome di “postina” – divenendo spesso depositarie di cultura, intermediarie e lettrici di lettere dal fronte e di biglietti d’amore, testimoni di un’Italia ancora analfabeta, la cui tradizione culturale era prevalentemente tramandata a voce.
L’immagine e il testo fanno parte della presentazione Profili di genere che Graziella Rivitti, responsabile del Museo storico della comunicazione, con sede a Roma, parte del Polo culturale del ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha presentato al Tavolo dei postali l’8 settembre 2023 a Palermo.
Articolo di Graziella Rivitti, pubblicato in 'Il Collezionista n. 2 marzo-maggio 2024, gentilmente concesso
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