Intervista a Valentina Carnelutti - Una delle più interessanti giovani attrici del cinema italiano
Colla Elisabetta Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2009
L’abbiamo vista nel film-tv ‘La Meglio Gioventù’ e nel lungometraggio ‘Tu devi essere il lupo’, ultimamente sono usciti in sala diversi film dove recita in ruoli diversi e complessi ed in tutti si fa notare per la capacità d’interpretare e “sentire” i suoi personaggi: fra gli altri ricordiamo ‘Tutta la vita davanti’, del regista Paolo Virzì, dove veste i panni di una ragazza della periferia romana che lavora in un call-center, poi ‘Jimmy della collina’, ‘Sfiorarsi’, dove è anche coautrice della sceneggiatura, ed ‘Un gioco da ragazze’, di Matteo Rovere. Lei è Valentina Carnelutti - figlia dell’attore e doppiatore Francesco Carnelutti - lunghi capelli neri e bel viso intelligente: attrice, danzatrice, interprete radiofonica, autrice di testi, doppiatrice (voce fuori campo di ‘Vogliamo anche le Rose’) insomma un’artista a tutto tondo, nonostante la giovane età.
Come hai cominciato a fare questo lavoro e quali erano le tue aspettative?
Ho sempre desiderato fare questo lavoro, da quando mi ricordo. Quando ero piccola papà lavorava spesso in teatro, io mi trovavo nel suo studio durante le prove, in questo senso sono figlia d’arte, poi ho fatto il liceo, ho avuto due figlie – la prima a 17 anni – ed ho iniziato a frequentare la scuola di teatro. C’è stato un momento in cui ho iniziato a capire che volevo fare questo mestiere, ma ho fatto altri mille lavori, ho insegnato lingue (Valentina è in grado di recitare correttamente in inglese, francese, spagnolo e portoghese, ndr) ho lavorato in una fabbrica, ecc. Non sapevo bene cosa aspettarmi ma sicuramente mi era chiaro cosa non volevo di questo lavoro e, anche quando ho avuto delle parti al cinema, ho continuato a lavorare col teatro, con la radio, guadagnando quanto bastava per vivere ma senza incanalarmi negli ambiti di questo lavoro che mi allontanavano dalla mia “etica”. Insomma ho sempre scelto di privilegiare la qualità della vita interiore a quella della vita esteriore/economica. Col tempo s’impara ad avere la consapevolezza degli aspetti positivi di questo mestiere ma anche di quelli negativi (lunghe attese, momenti difficili). Adesso sono serena: le scelte rigorose danno dei risultati più solidi e soddisfacenti.
Qual è la tua filosofia di vita?
Innanzitutto ho bisogno di trovarmi bene con me stessa, siamo tutti molto soli (nonostante gli amici veri che sono pochi) e quindi bisogna trovarsi bene da soli. Cerco di non fare niente che vada contro me stessa: a volte si perseguono cose che ti fanno stare bene ma quando non ci sono più quelle cose, non ci sei più nemmeno tu. Questo non mi piace affatto. Io sono stata piuttosto fortunata e, per una serie di circostanze, forse perché non amo troppo apparire, ho potuto fare scelte oculate, ho avuto ruoli belli e particolari, (spesso opere prime), che si sono poi trasformati in occasioni di crescita. Ho imparato anche a non lamentarmi troppo. Puoi fare questo lavoro solo se hai una specie di fame di farlo, oppure diventa superficiale, nel tempo non dura, ha senso raccontare un percorso, un tragitto una trasformazione, sia nella carriera sia in ciascun lavoro che si fa.
Hai interpretato personaggi di donne molto complesse: come ti prepari?
Fare il lavoro dell’attore è senz’altro un privilegio ma bisogna restituire autenticità e spontaneità. In genere cerco di togliere da me stessa tutto ciò che “è in più” rispetto al ruolo, e lasciare solo l’involucro fragile per farmi abitare dal personaggio, da un altro da te. Talvolta (come nel caso del film di Virzì) il personaggio è agli antipodi rispetto a me e questo dà libertà, spesso gli attori desiderano certi ruoli per fare cose diverse. Per fare questo bisogna essere come un foglio bianco, da usare interamente.
Cosa sono per te il mistero e l’inquietudine?
Un attore, proprio perché svolge un lavoro pubblico, deve conservare il mistero, un po’ per riflesso, c’è mistero in tutte le relazioni umane che non sono mai completamente chiare. Mi piace capire, e restituire anche la parte oscura delle relazioni, renderla nel personaggio, c’è quello che si dice ma c’è anche tutto il non-detto, è bello recitare anche ciò che è intimo, ciò che si può raccontare, anche nelle parti meno visibili. Mi sono capitati ruoli di donne inquiete in modo diverso, dalle relazioni liquide e complicate, è anche un fatto generazionale, un’inquietudine che ci appartiene. Ma vorrei fare anche qualcosa di semplicemente positivo, dove l’inquietudine è più nascosta.
Quali sono i tuoi progetti nel breve futuro?
Ho appena finito di girare un film con Francesco Maselli (Il fuoco e la cenere) uno degli ultimi registi della sua generazione. E’ stata un’esperienza meravigliosa fare cinema con lui, io ho il ruolo della direttrice di un centro sociale, con un carattere forte ma al tempo stesso flessibile alla mediazione, è un film politico. Sto lavorando ad un corto diretto da Wilma Labate, che farà parte di 33 corti sui Diritti Umani. Nella post-produzione, sto lavorando con Andrea Caccia ad un lavoro di ricerca ed improvvisazione su Antigone, un personaggio femminile che mi ha da sempre affascinato. Quanto al doppiaggio ho avuto molte belle occasioni (Il matrimonio di Lorna), benché io non ami i film doppiati, cerco di fare solo cose che abbiano un certo valore. Poi vorrei scrivere un altro spettacolo; nel frattempo faccio la giurata in diversi Festival (ad esempio il Med Film, grande occasione d’incontro con le cinematografie straniere).
Cosa suggeriresti alle giovani donne che intraprendono la carriera di attrici?
Benché abbia studiato tante arti diverse, credo che la cosa più importante sia quella di vivere tantissimo e fare quante più cose possibili, per essere capaci di esprimere ruoli diversi, e dare interpretazioni diverse: questo serve davvero per fare l’attore. La scuola richiede molta costanza: è importante fare teatro rituale, regia teatrale, allargare il più possibile gli orizzonti, ma nella vita ogni tanto c’è un ostacolo e per risolverlo si trovano soluzioni diverse, ogni soluzione la prendi da un’arte diversa, se vuoi interpretare la fatica o l’amore devi conoscerli. La cosa fondamentale in questo lavoro: restituire una verità emotiva attraverso la faccia, il corpo, la voce Quello dell’attore è un percorso ponderato ed io ho cercato, nel corso della mia vita professionale di trovare sempre il gusto di fare le cose, dando sempre il massimo. Oggi posso documentare di essere un’attrice e di non sapere niente del domani, ma di essere sicura di quello che voglio oggi, delle mie scelte. Desidero vivere e fare più cose possibili, perché il nostro mestiere è proprio quello di recitare tanti ruoli di esseri umani diversi: consiglierei alle giovani donne di fare tante esperienze.
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