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La vita che cambia

La vita che cambia

Terremoti in Emilia / 1 - Due forti scosse il 20 e 29 maggio hanno colpito tanti comuni in una vasta zona fittamente abitata e molto produttiva che va dall’Emilia Romagna, alla Lombardia al Veneto. La testimonianza di Liviana Zagagnoni dell’UDI di Fer

Bartolini Tiziana Domenica, 01/07/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2012

“Il sisma che ha colpito i territori di due province, Ferrara e Modena, ha sconvolto donne, uomini e bambini in maniera impressionante. Ferrara aveva registrato un sisma nel 1570. Da allora mai più nulla. Mi ricordo chiaramente le lezioni scolastiche che ci dicevano come si era formata la pianura Padana, stratificata dai detriti del fiume Po e per questo non a rischio terremoto. Ci hanno insegnato che il nemico da temere erano le possibili alluvioni. Dell’ultima, del 1951, la nostra gente porta ancora i segni e o ricordi”. Liviana Zagagnoni dell’UDI di Ferrara racconta come è cambiata la vita nelle terre operose della Pianura Padana. “La scossa alle ore 4,03 del 20 maggio ha cambiato l’aspetto della città e il carattere di noi cittadini. Le ferite monumentali ed abitative sono tante e il panico è enorme: all’improvviso è mancata la concentrazione sulla consueta attività, sono venute meno le certezze”. Liviana prova a spiegare cosa avviene durante una scossa: “Il boato, il tremore di 30 interminabili secondi che scuotono muri e mobili. Come se tutto diventi di colpo vivo, ante e cassetti si aprono e chiudono, libri e oggetti cadono a terra. Poi, improvvisa, una polvere riempie l’aria. Fuori i terreni si sollevavano in senso ondulatorio come se fossero percorsi da giganteschi vermi sotterranei. Poi strade spaccate a metà come grandi ferite da taglio, sabbia liquefatta dall’odore di zolfo che sollevava le pavimentazioni dei piani-terreni delle abitazioni, auto sollevate nei garage, navate crollate, campanili che si girano su se stessi”. Impossibile non avere i brividi a questo racconto di quanto è accaduto nei Comuni dell’alto ferrarese, e nei giorni successivi “tante altre scosse a più bassa intensità, che non danno pace. E poi dopo nove giorni ancora una fortissima scossa alle 9 di mattina che ha rimesso a dura prova l’equilibrio psico-fisico di tutti”.



Quale è stata la vostra reazione come UDI?

Dopo due giorni dalla prima scossa eravamo fra le donne di Poggio Renatico, uno dei Comuni duramente colpiti, il Palazzo comunale crollato e la Chiesa adiacente gravemente danneggiata (il campanile sarà fatto crollare dopo la seconda grossa scossa del 29 maggio), scuole inagibili come tante abitazioni. Colpite soprattutto quelle degli immigrati perché le più fatiscenti. Toccanti le testimonianze di chi affermava che erano stati loro i primi ad offrirsi per dare soccorso. Ovunque, l’arrivo immediato della protezione civile ha predisposto subito tendopoli e mense per gli sfollati. A Poggio, come a Scortichino di Bondeno, il giorno dopo, le stesse immagini, stessi sguardi terrorizzati, volti stanchi dalle notti passate nelle auto. Ma questo non aveva impedito alle donne dei Circoli UDI di impegnarsi in diverse forme di soccorso o gestione di aiuto.



Quindi, come vi siete organizzate?

Dopo due forti scosse in 9 giorni sembrava che fosse svanita la voglia di fare. Invece ci siamo trovate in assemblea per pensare “cosa fare” come UDI. Tante idee, tanti desideri di rendersi utili pensando alla nostra storia passata ricca di atti di solidarietà. Ironia della sorte, mentre eravamo riunite, è arrivato su alcuni nostri cellulari il messaggio ‘care amiche da voi c’è terremoto. Venite a casa mia al sicuro. Io aiuto voi’. Era Zekra dalla Bosnia, la donna che abbiamo tanto aiutato quando era in Slovenia in un campo profughi negli anni del conflitto jugoslavo e che tutt’ora ogni anno andiamo a trovare. Inutile dire come la commozione in noi è stata grande. Alla fine dell’incontro si è deciso di prendere contato con assessore o sindache dei Comuni colpiti, verificare i bisogni più emergenti di donne e bambini e insieme intervenire di conseguenza. In questa fase non è il caso di lavorare su progetti di aiuto distaccati da un contesto. In pochi giorni abbiamo completato il giro di incontri: S. Agostino e S. Carlo, Mirabello, Vigarano Mainarda e Cento. La sensazione registrata ovunque è di una Regione e di Sindaci, presenti nei punti nevralgici e di una protezione civile, attiva e competente fatta di volontari straordinari.



Avete richieste particolari?

Le richieste vengono da quelle giovani amministratore: psicologhe, molte psicologhe per intervenire con incontri singoli o di gruppo verso adulti e bambini per lo stato psico-fisico squilibrato; mediatrici culturali perché la popolazione delle tendopoli è fatta del 70% di immigrati dove le donne presentano difficoltà con la lingua e spesso si affidano ai figli piccoli. Ma hanno bisogno anche di volontarie e materiale didattico per attività ricreativa con i bambini. Ed è su questi bisogni che per ora ci siamo concentrate.

Nel futuro prossimo penseremo ad un progetto più strutturato. Siamo consapevoli che i tempi saranno lunghi e con equilibrio penseremo di intervenire con un progetto elaborato assieme alle donne interessate.



I terremoti hanno danneggiato molto anche il tessuto economico, puoi raccontarci anche questo aspetto?


Le zone industriali sono paralizzate per i tanti capannoni distrutti o lesionati. La situazione è grave perché il sisma ha messo in ginocchio un’economia già toccata dalla crisi più generale del paese. Anche le tante scuole fuori uso, dalle materne alle superiori, fanno pensare ad un nuovo anno scolastico a rischio. Il fermo del lavoro e dell’istruzione sono due aspetti di questo terremoto che vanno affrontati e risolti con estrema urgenza perché anche una regione solida come la nostra non può permettersi di abbassare la guardia. Già la macchia delle vittime sul lavoro è dolorosa per una regione che vanta giustamente punti di eccellenza della qualità della vita per i suoi cittadini. Ci sono poi i danni al turismo. Ferrara, che con fatica era entrata in un buon circuito turistico dando ossigeno alla propria economia, vede tutto congelato. Sarà necessario ripristinare i maggiori monumenti e luoghi culturali, per i quali la Commissione UNESCO ha dichiarato un danno del 30%. L’orgoglio per una pronta ripresa è palpabile in tutti, dagli amministratori ai cittadini e ovunque stazionano gru, Vigili del fuoco, persone con i caschetti e commissioni tecniche.



Infine la vostra Biennale Donna, che era in corso al momento dei terremoti. Ci sono stati danni?

La nostra Biennale Donna è stata graziata dal sisma e ha subito solo tre giorni di chiusura perché immediatamente messa in sicurezza e riaperta. La frase magica in queste settimane, è per l’appunto, mettere in sicurezza. La si dice anche quando non è necessario, ma dopo averla pronunciata ci si sente meglio.

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