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La via dell' incontro e dell' ascolto

La via dell' incontro e dell' ascolto

8 MARZO AL TEMPO DELLE CRISI/3 - Italiana di religione islamica e presidente di Life, Marisa Iannucci parla del femminismo islamico, delle differenze tra le donne, dell’ascolto che manca e dei pregiudizi verso chi indossa il velo

Costanza Fanelli Sabato, 28/02/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2015

Marisa Iannucci è studiosa del mondo islamico, specializzata in lingua e cultura araba con una attenzione particolare al pensiero riformista dell’Islam, agli studi di genere e alla tutela dei diritti. Attivista dei diritti umani, è presidente dell’Associazione Life, una onlus indipendente che si occupa di tematiche di genere, dialogo interreligioso e interculturale e culture del mondo musulmano. Di religione islamica, vive a Ravenna e ha pubblicato numerosi saggi e materiali sulla questione del genere nella dimensione religiosa. L’abbiamo incontrata alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, in occasione di una affollata presentazione dell’ultimo libro che ha curato insieme ad altre “Femminismi musulmani. Un incontro sul Gender Jiad”.



Da studiosa del mondo Islamico e come donna impegnata direttamente per valorizzare l’apporto originale di un femminismo musulmano, secondo te cosa dovrebbe essere, oggi, l’8 marzo e cosa non è?


La Giornata internazionale della donna è una data importante perché ricorda il protagonismo sociale e politico delle donne nella storia, cosa che forse le giovani generazioni addirittura ignorano. In questo senso e non come “festa della donna” - accezione riduttiva e fuorviante - è un’occasione di incontro, condivisione e confronto importante tra le donne, soprattutto tra le protagoniste delle lotte degli anni ’70 e le più giovani. È significativo poi che attualmente venga celebrata in tutto il mondo, soprattutto in paesi dove la vita delle donne è più difficile, e dove le attiviste femministe sono poche.



Che distanze e vicinanze caratterizzano oggi “le comunità” di donne nel mondo nelle loro diverse forme di lotte di libertà individuale e collettiva?


È importante che le donne si incontrino e si ascoltino. Donne di diverse età, di diversa provenienza geografica, culturale e religiosa. Ciascuna ha una propria storia e la porta con sé insieme ad un pezzo di mondo. Insieme si può tessere un tappeto in cui ogni individuo è un nodo, e insieme si è più resistenti. Le distanze sono evidenti, ma io sono convinta che nella società multiculturale che viviamo le donne impareranno ad incontrarsi ed ascoltarsi, se pure con fatica. In fondo anche negli altri paesi è così. Ci sono diverse comunità di donne che hanno in comune elementi che a noi in Occidente sembrano omogeneizzanti, ma che non lo sono affatto. Vorrei portare l’esempio significativo del Marocco, dove nel 2004 è stato riformato il Codice di famiglia. Le numerose associazioni femminili e femministe del Paese avevano ed hanno orientamenti molto diversi: ve ne sono di laiche e di religiose, sia riformiste che conservatrici. Hanno portato avanti istanze in parte comuni in parte diverse, ma tutte sono riuscite ad incidere nel processo di riforma, che è apparso come un primo passo, con un lungo cammino ancora da fare. In Italia le donne musulmane femministe e che si occupano di studi di genere sono poche. In questi anni - dal 2000 circa - non ho visto interesse da parte degli ambienti femministi italiani per il nostro lavoro. In qualche caso vi è stata aperta ostilità. Ora qualcosa sta cambiando per una maggiore consapevolezza delle donne attiviste musulmane - il femminismo islamico per quanto giovane, come movimento si sta rafforzando - per le numerose sollecitazioni della società in cui viviamo e degli avvenimenti mondiali che condividiamo ormai in tempo reale. Ma le distanze sono ancora molte. A Ravenna, la città dove vivo, la mia associazione (Life) non è stata coinvolta nella Casa delle donne recentemente aperta. Abbiamo diversi fronti di impegno; il patriarcato delle comunità musulmane, l’islamofobia in crescita, che colpisce soprattutto le donne (velate) e anche la solitudine, perché spesso non sentiamo la solidarietà delle donne che tanto si impegnano nella lotta femminista. Ci vuole più ascolto reciproco, e più conoscenza. Conoscenza che significa poter creare delle relazioni personali prima di tutto, tra persone reali. Condividere le storie, le pratiche di ognuna per fare emergere le vicinanze, che ci sono, perché soffriamo degli stessi mali. Il patriarcato opprime tutte le donne, e anche se le forme di lotta sono diverse, e a volte anche il fondamento - è il caso dei femminismi musulmani -, abbiamo obiettivi comuni. Cambiare una cultura patriarcale e sessista che anche in Italia è manifesta: la violenza sulle donne è un problema che riguarda tutte, un problema culturale e quindi strutturale; la politica, che è espressione di un potere totalmente maschile; il lavoro, dove non c’è ancora parità, nonostante le importanti conquiste fatte in passato grazie al femminismo.



Da donna italiana di fede islamica vivi problemi particolari nel quotidiano nel tuo paese?

Ogni scelta che si fa nella vita ha delle conseguenze e vanno messe in conto. Essere musulmani in Italia significa fare parte di una minoranza (piuttosto rilevante ormai) e per questo si è più soggetti a discriminazioni, anche multiple, essendo una donna, e anche velata. La mancanza di un riconoscimento da parte dello Stato italiano (non c’è un’intesa che regoli il rapporto con le comunità islamiche) rende la quotidianità più difficile, ma è il pregiudizio e la paura del diverso a generare le maggiori difficoltà. Il velo è ancora un problema per l’accesso al lavoro, competenze e titoli non riescono facilmente a penetrare questa preclusione. La situazione internazionale e la disinformazione su tutto ciò che riguarda il mondo musulmano non aiuta. L’islamofobia nel nostro paese è ormai istituzionale. Inoltre come italiana sicuramente suscito qualche diffidenza in più, perché è difficile comprendere una scelta che ha a che fare con valori che non sono conosciuti. Sono soprattutto le donne ad avere più difficoltà a relazionarsi con me, perché associano l’Islam all’oppressione delle donne e quindi ritengono questa scelta non solo autolesionista ma addirittura un’offesa, venendo da un’italiana, alle lotte che le femministe hanno portato avanti e che hanno permesso i cambiamenti che ci sono stati nel nostro Paese. Ovviamente non è così, ma c’è bisogno di conoscenza reciproca per capirlo e di un grande rispetto per le scelte di libertà degli altri. Ognuno ha percorsi diversi, di vita e di liberazione.



SGUARDI DA SVELARE


“I veli non sono solo quelli che coprono fisicamente, ma anche quelli che ci velano lo sguardo, i più difficili da sollevare perché non si vedono”. Le curatrici del libro “Femminismi musulmani. Un incontro sul Gender Jihad” (Fernandel Edizioni) Ada Assirelli, Marisa Iannucci, Marina Mannucci e Maria Paola Patuelli ci riportano al dibattito sulla condizione delle donne musulmane, per raccontare il senso del lavoro che hanno fatto per creare luci nuove alla comprensione di quanto si è mosso e si sta muovendo nel mondo musulmano sul piano di una visione e costruzione politica e culturale femminista. Il libro nasce da un percorso di incontri tra donne, femministe italiane e di altri paesi, musulmane, di religione cattolica e non credenti e anche di un uomo musulmano femminista, praticando un metodo di relazioni in presenza, che non ha nascosto le diversità, i conflitti, la realtà a volte di grovigli non subito dipanabili. Toccando nodi che fanno tanto discutere (rapporto tra religione e norme, tra Islam e Stato, tra uguaglianza di genere e Sharia) il volume ci aiuta a entrare nel complesso percorso di disvelamento e liberazione da interpretazioni delle stesse Scritture Coraniche, convinzioni e pratiche storiche che hanno costruito e consolidato regole, comportamenti di subalternità e oppressione delle donne. Un lavoro paziente, individuale e di gruppo, che però è in crescita e da anche i suoi frutti, se pensiamo al percorso fatto in Marocco per varare il nuovo Codice di famiglia o anche in Tunisia per quanto riguarda la nuova Costituzione. Versione integrale: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=06129

Costanza Fanelli

 

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