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La vera storia di San Valentino: nell'ultimo libro di Clarissa Pinkola Estés

La vera storia di San Valentino: nell'ultimo libro di Clarissa Pinkola Estés

"I desideri dell'anima", della scrittrice statunitense Clarissa Pinkola Estés, svelano i sensi più antichi riposti in fiabe, miti e leggende. Aiutano l'umanità a coccolare le proprie domande.

Giovedi, 12/02/2015 -
«Le favole finiscono dopo dieci pagine, la nostra vita no. Noi siamo una collana di parecchi volumi. Nella nostra esistenza, se un episodio è una catastrofe, pure ci aspetta un altro episodio, e poi un altro ancora. Si presentano sempre altre occasioni per rimediare, per forgiare la nostra vita nel modo che ci meritiamo di viverla. Non perdete tempo a rimuginare su un fallimento: è un maestro migliore del successo. Ascoltate, imparate, andate avanti. E' quel che facciamo con questo racconto».



Così si esprimeva Clarissa Pinkola Estés (autrice - d'origine ispano-messicana - di "Donne che corrono coi lupi") nell'introduzione al volume "Tales Of The Brothers Grimm" (Quality Paperback Book Club, New York, 1999). Con le sue parole, l'insegnante e analista professionista - direttrice del C. G. Jung Center di Denver - ricordava come nelle fiabe (racconti imperituri) siano incastonate le idee «più infinitamente sagge» elaborate dall'esperienza storica dell'umanità. Con queste parole, inoltre, esortava le sue lettrici ad immergersi negli enigmi dell'esistere, come in un mare denso di significati.



«Si potrebbe pensare», spiega l'autrice, «che la lettura e l'ascolto delle fiabe si limitino al trasferimento del loro contenuto a cuori e anime giovani o senza età; ma in realtà si tratta di un processo ben più complesso. L'ascolto e la memorizzazione delle fiabe hanno un effetto più simile a quello dell'accensione, in noi, di una sorta di "interruttore" elettrico. Una volta attivate, le fiabe evocano dalla psiche un sottotesto più profondo, una sagacia che, per tramite dell'inconscio collettivo, giunse in modo innato prima, durante o subito dopo che la prima delicata brezza soffiasse sul corpicino del neonato ancor umido, appena estratto dal grembo materno - del momento esatto non abbiamo coscienza. Sappiamo soltanto che una tale, profonda coscienza delle essenze contenute nelle storie, seppur non fatta di materia densa, solida, può essere avvertita in modo palpabile dal cuore, dalla mente e dall'anima di chi le ascolta».



Clarissa Pinkola Estés, allora, con il suo ultimo libro "I desideri dell'anima" (tradotto da Enrica Budetta, edito da Frassinelli, a Milano), ci spiega meglio perché è affatto possibile trattare le fiabe come un farmaco per la psiche, o perché nelle fiabe siamo catturati da quel linguaggio simbolico e misterioso - così simile ai misteri irrisolti delle nostre vite.



«Le fiabe hanno un loro lessico - un vasto plesso di idee in parole e in immagini che simboleggiano concetti universali. Nel lessico della psicologia del profondo, per esempio, la principessa dai capelli d'oro non rappresenta la bella lolita concorrente di Miss America, che poi crescendo diventa la solita bionda che sposa il capitano della squadra locale di football. La principessa bionda delle fiabe rappresenta un tipo di bellezza dell'anima e dello spirito, che è metaforicamente d'oro e che mai può essere svilita. La principessa dai capelli d'oro non è la vostra personalità consueta, quotidiana, ma incarna l'essenza dell'anima, che tutto eleva grazie alla sua bellezza e virtù».



Ne "I desideri dell'anima", Pinkola Estés ci racconta, fra altre fiabe, "La vera storia di Valentino: Eros", che qui accenniamo. Una storia che ci è familiare al punto da apparentarci a questo ragazzino zoppicante e pieno di cicatrici.



«I romani lo chiamavano Cupido. Eros e Cupido sono spesso rappresentati come cherubini tondi e paffuti, dolci come il miele, che stringono cuori rossi privi di aorte che forniscano il sangue o di vene cave superiori che lo trasportino. Ma i magnati del commercio sembrano non ricordare che Eros, pur essendo davvero un fanciullo, non era un roseo cherubino. Eros era... zoppo».



Verosimilmente, Eros era un monello di strada, un bambino un po' sciatto, con le mani luride, i capelli neri e arruffati, spesso coinvolto in risse per una crosta di pane, per un chicco di mais. Un alone di tristezza - che lo caratterizzava - era certo dovuto alle tantissime porte che gli erano state, nel tempo, chiuse in faccia: «perché molte persone non farebbero entrare nel proprio cuore l'Amore senza limiti e il Coraggio infinito».



La lettura de "I desideri dell'anima" di Pinkola Estés, ha il potere di cullarci - grazie ad un linguaggio semplice e favoloso (amato dai bambini e dai sognatori) -, di farci dondolare e riposare, come un tempo, su «un'amaca di dolce voce umana».

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