Sabato, 31/12/2011 - Sempre più coltivatrici indigene denunciano l’impatto dei cambiamenti climatici sulla loro vita, l’economia, le relazioni familiari e la salute fisica e mentale. Incarnano la povertà e l’abbandono in cui si trovano migliaia di famiglie peruviane in un paese la cui economia presenta un alto e sostenuto indice di crescita economica, ma dove il 40 per cento della popolazione, di 29 milioni di abitanti, vive in uno stato di povertà estrema. Le persone più svantaggiate si concentrano nelle zone rurali, dove il 70 per cento della popolazione vive in povertà e ha come attività principale l’agricoltura. Questo settore riceve meno dell’uno per cento del bilancio statale, anche se fornisce 7 delle 10 tonnellate di alimenti che si consumano nel paese. Lavorano duramente nei campi, ma basta una notte di freddo intenso e il giorno dopo ci sono solo cespugli secchi. Secondo la loro opinione, la pachamama (la madre terra) si sta ribellando perché stiamo distruggendo la natura, l’equilibro si è spezzato e dobbiamo rimediare. Il Perù, che è uno dei paesi più ricchi di biodiversità del mondo, è anche estremamente sensibile all’impatto dei cambiamenti climatici, un fenomeno globale causato dalle azioni dei paesi industrializzati. Anche se la variabilità e i repentini cambiamenti del clima colpiscono l’intera popolazione, sono le donne povere e che vivono nelle aree rurali i soggetti più esposti a rischi e minacce per la vulnerabilità dei loro diritti economici, sociali e culturali. Gelate, improvvisa siccità, esondazioni, sono fenomeni sempre più frequenti e rendono la sopravvivenza impossibile per molte contadine peruviane. Inoltre le stagioni che permettevano di definire i cicli dell’agricoltura e dell’acqua non sono più prevedibili. Le contadine chiedono che le zone dove vivono vengano rimboscate, che venga tutelata la biodiversità e si promuova la produzione biologica. Esistono delle iniziative in alcune regioni, ma manca una politica nazionale, tanto meno con un approccio sul genere. Il governo si è impegnato a dedicare speciale attenzione ai cambiamenti climatici e allo sviluppo sostenibile in tutte le sue politiche di sviluppo; la società civile vigilerà affinché vengano incluse anche le donne e le loro organizzazioni: le donne devono essere protagoniste del processo di salvaguardia delle risorse naturali, perché hanno le conoscenze ancestrali che hanno permesso la cura e tutela della biodiversità, come nel caso delle sementi native. Tra le proposte presentate dalle donne, formazione per le produttrici agricole per un efficiente utilizzo dell’acqua, miglioramento del terreno e produzione biologica, oltre all’istituzione di assicurazioni agricole che le tutelino. Hanno anche suggerito l’imboschimento delle zone alto andine per favorire la generazione di microclimi che attenuino le gelate, e politiche sostenibili per promuovere la tutela della biodiversità.
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