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La strage annunciata

La strage annunciata

L’Aquila un anno dopo - Intervista a Antonietta Centofanti, presidente del ‘Comitato vittime della Casa dello Studente’

Di Sabatino Guendalina Martedi, 06/04/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2010

La Casa dello Studente, in Via XX Settembre, nel centro storico dell’Aquila, ospitava circa 120 ragazzi fuori sede, figli di famiglie a basso reddito. Era la notte della domenica delle Palme, il 6 aprile 2009, quando la tremenda scossa delle 3.32 portò lutti e distruzione nel capoluogo abruzzese. Gli studenti erano ripartiti quasi tutti, in poco più di trenta erano rimasti per studiare, ma per otto di loro non c’è stato scampo: Marco Alviani, Luciana Capuano, Davide Centofanti, Angela Cruciano, Alessio Di Simone, Francesco Esposito, Hussein Hamale e Luca Lunati non sono più. Disastro annunciato, le macerie della palazzina, malandata e scricchiolante da un pezzo, hanno sepolto per sempre i sogni, le speranze, i progetti e il futuro delle giovani vittime. I familiari non hanno accettato i funerali di Stato. I riti funebri si sono svolti il 10 aprile nei luoghi di origine dei ragazzi. L’indomani Antonietta Centofanti, zia di Davide, 19 anni, originario di Vasto, iscritto al primo anno di Ingegneria Gestionale, ha costituito il “Comitato familiari vittime Casa dello Studente”. Antonietta è fuori casa da un anno, la sua abitazione è in centro storico, “zona rossa”, dove 4 milioni di tonnellate di macerie attendono di essere rimosse. La sua casa non è crollata, ma è molto lesionata. Lei si è rifiutata di uscire dalla città, è stata sette mesi nella tendopoli di S. Giacomo, a circa 3 km dall’Aquila, adesso alloggia nella Caserma Campomizzi. È rimasta in città per portare avanti le istanze di giustizia del Comitato. Il 6 di ogni mese organizza il presidio della memoria: gli aquilani in corteo, al lume delle fiaccole, raggiungono la Casa dello Studente per onorare la memoria dei ragazzi, poi proseguono per Piazza Duomo dove scandiscono i nomi di tutte le 308 vittime.



Perché ha promosso il “Comitato familiari vittime Casa dello Studente”?

Per chiedere che vengano accertate le responsabilità di una strage assurda. Solo nel mese di gennaio la terra aveva tremato 400 volte. I ragazzi da tempo lanciavano l'allarme preoccupati per le crepe e le infiltrazioni d'acqua, ma nessuno aveva dato loro ascolto nonostante la struttura fosse ad alto rischio in caso di sisma come aveva accertato, circa sei anni fa, uno studio della società Abruzzo Engineering, ex Collabora Engineering, commissionato dalla Regione Abruzzo e dalla Protezione Civile, relativo agli edifici scolastici e agli edifici strategici, tra questi: la Prefettura, l’Ospedale S. Salvatore, la stessa Casa dello Studente, il Convitto Nazionale.

Lo studio, costato 5 milioni di euro, indicava le somme necessarie per mettere in sicurezza gli stabili, ma pare che sia rimasto chiuso nei cassetti della Regione Abruzzo dal momento che nessuno ha ammesso di esserne a conoscenza. Sono riuscita a recuperarlo superando non pochi ostacoli e a farlo pubblicare sul quotidiano “Il Centro”. Per alcuni giorni è stato sul sito della Regione, poi è sparito. Ma la Procura ne è sicuramente in possesso.



Secondo lei sono stati il cinismo e l’incuria umana a uccidere i ragazzi, non il terremoto.

I periti della Procura hanno evidenziato numerose anomalie, riconducibili sia a chi ha costruito lo stabile negli anni Settanta e sia a chi, nel corso degli anni, si è occupato della sua ristrutturazione e manutenzione. Le perizie dei tecnici hanno accertato l’eliminazione di alcuni tramezzi, l’impiego di cemento scadente e la mancanza di un pilastro nell’ala nord, ossia la struttura centrale, quella che è crollata. E' agghiacciante la ricostruzione della mappa delle crepe: tutte localizzate in questo blocco che non ha retto. Nessuno si è mai attivato per mettere in sicurezza l’edificio, nonostante i ripetuti allarmi lanciati dai ragazzi.



Il Comitato in più occasioni ha organizzato sit-in contro il processo breve e anche una manifestazione nazionale a L’Aquila. Perché?

Fissare tempi contingentati per celebrare i processi, senza fornire strumenti e risorse alle Procure significa condannare alla prescrizione processi importanti, come quello per le vittime della Thyssenkrupp. La lunghezza dei processi va imputata sia alla mancanza di risorse per poterli celebrare in maniera più efficiente, sia alla mancanza di una legislazione che possa realmente accelerarne le varie tappe. Con il processo breve a L’Aquila sarebbero destinate a perdersi le inchieste complesse in corso di svolgimento, come quelle per il crollo della Casa dello Studente e del Convitto Nazionale, dove sono morti due ragazzi. Su tali crolli si indaga per omicidio e disastro colposo, reati puniti dal codice con una pena fino a dieci anni. La stessa sorte toccherebbe alle inchieste che debbono prendere avvio per i crolli di altri numerosissimi palazzi, luoghi di morte di decine e decine di persone, lasciando impuniti i colpevoli e senza giustizia i familiari delle vittime colpiti da lutti strazianti.



Cosa ricorda della tragica notte di un anno fa?


Una sorta di tempo sospeso. Non riuscivo a pensare a niente, gli occhi fissi sulle macerie.



(6 aprile 2010)

 

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