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La sterilizzazione forzata delle donne Rom

La sterilizzazione forzata delle donne Rom

Quale Europa? - Alcune organizzazioni umanitarie denunciano che nei paesi dell’Est Europa le donne Rom subiscono ancora questa pratica violenta contro la loro volontà

Cristina Carpinelli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2009

Nella Slovacchia orientale le autorità starebbero ancora procedendo alla sterilizzazione forzata delle donne Rom. Tra le donne zingare e più povere della Slovacchia, quella di avere molti figli è una tradizione, almeno sei a famiglia. E ciò spaventa le autorità della Slovacchia che hanno lanciato una campagna per frenare la crescita demografica della minoranza zingara (10% della popolazione). Secondo un dossier “Body and Soul: Forced Sterilization and Other Assaults on Roma Reproductive Freedom”, redatto nel 2003 da un team d’investigatori slovacchi e stranieri membri del Centro per i diritti alla riproduzione (CRR), con sede a New York, i dottori della Slovacchia orientale avrebbero sterilizzato dal 1989, cioè dalla caduta del muro di Berlino, circa 110 giovani donne zingare contro la loro volontà. Nel suo resoconto, il Centro affermava di aver scoperto “chiare e consistenti prove”, che mostravano come dottori e infermiere della Slovacchia dell’Est fossero “complici nella pratica illegale e non etica della sterilizzazione delle ragazze Rom senza il loro consenso”. Dopo la pubblicazione del rapporto del CRR molti zingari hanno denunciato di essere stati minacciati dalla polizia per aver parlato con le organizzazioni umanitarie. Nell’Europa a 27, ad est di Bruxelles, la barbara pratica della sterilizzazione forzata delle donne Rom è una questione “non ancora archiviata”. Oggi, la Slovacchia deve fronteggiare la grave accusa di razzismo verso la numerosa popolazione Rom, condivisa anche da altri vicini dell’Est (Ungheria, Cechia, Romania e Bulgaria). Nel 2006, il Comitato ONU per l’Eliminazione della Discriminazione contro le Donne (CEDAW) ha condannato l’Ungheria in riferimento alla sterilizzazione di una Romni (termine con cui si indicano le donne Rom di origine bosniaca), avvenuta nel gennaio 2001 senza il suo consenso. Nel dicembre 2005, nella Repubblica Ceca, l’ombudsman Otakar Motejl ha dato ragione a 87 donne di etnia Rom di Ostrava (una fredda città industriale vicina al confine polacco, che ospita circa 12mila Rom slovacchi arrivati qui dopo la seconda guerra mondiale per lavorare nelle miniere di carbone e negli impianti chimici), a cui era stata praticata la sterilizzazione senza il consenso informato, e talvolta indotta con l’intimidazione. Nel rapporto finale del difensore civico Motejl si leggevano alcune raccomandazioni alle istituzioni: mettere fine alle discriminazioni sanitarie verso la comunità Rom, varare campagne informative sulla sterilizzazione e risarcire le vittime. Ancora prima del 1989, nella ex Cecoslovacchia, la sterilizzazione era una pratica semiufficiale utilizzata dallo Stato per limitare la popolazione Rom. Una politica che era stata condannata come “genocidio” nel 1979 dal movimento ceco per la difesa dei diritti umani “Charta 77” (negli anni ‘70 e ‘80 il governo cecoslovacco condusse una politica di riduzione controllata delle nascite, attraverso l’uso sistematico della sterilizzazione. Le donne Rom erano obbligate ad accettare questa pratica sotto la minaccia, in caso di rifiuto, di vedersi togliere i benefici sociali dallo Stato), proseguita, tuttavia, silenziosamente anche dopo la “rivoluzione di velluto”. Le prime notizie sulle sterilizzazioni di donne Rom risalgono agli anni ‘70. Esperti sospettano che da allora oltre 2mila donne Rom nella sola Repubblica Ceca siano state sterilizzate contro la loro volontà. Dopo la caduta del muro di Berlino, i medici cechi hanno insistito nel difendere la pratica motivandola su basi scientifiche. Dalle parti di Bratislava, dove nel 1995 il ministro della Sanità, Lubomir Javorsky, arrivò a dire pubblicamente che occorreva fare di tutto perché le nascite “bianche” fossero superiori a quelle Rom, e dove nel 2004 i Rom scesero in strada per protestare contro i tagli fino al 50% sui fondi per il sostentamento delle fasce più deboli adottati dal governo di destra (ricevendo in risposta la dura repressione della polizia), la discriminazione verso i Rom conosce ancora scuole separate, povertà allarmante, disoccupazione altissima (70-80%), difficile accesso ai servizi sociali. Un gran numero di Rom cechi ha raggiunto in questi ultimi anni il Canada. Perché fuggono? L’avvocato Max Berger di Toronto, che rappresenta qualcuno di loro, ha dichiarato: “Mi hanno detto che è per i pestaggi e le minacce degli skinhead e dei neo-nazisti”. Il “Decennio dell’inclusione Rom” è iniziato nel 2005, con i seguenti paesi firmatari: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Romania, Serbia e Slovacchia. In questi paesi, tre quarti di Rom non completano la scuola primaria. La povertà è superiore cinque volte al tasso degli altri cittadini di questi stessi paesi. L’aspettativa di vita per i Rom nell’Europa centrale e meridionale è di dieci anni inferiore a quella degli altri cittadini. Doppia la mortalità infantile nella Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. I bambini Rom sono più portati ad avere deficienze vitaminiche, anemia, malnutrizione e persino rachitismo. È stato scoperto che la probabilità di tubercolosi in una comunità Rom serba è due volte e mezza superiore alla media nazionale. Queste ed altre nazioni in Europa hanno bisogno di affrontare subito questi problemi entro il Decennio. Un recente rapporto delle Nazioni Unite ha descritto le condizioni di vita dei Rom del centro-est Europa come “più vicine a quelle delle popolazioni dell’Africa Sub-Sahariana che non a quelle degli standard europei”. Amnesty International e il Consiglio d’Europa hanno più volte condannato le gravi discriminazioni verso i Rom dell’Est. Nel 2004 l’European Roma Rights Center (ERRC) di Budapest ha pubblicato tutti i ricorsi presentati da donne Rom ceche, slovacche, ungheresi, romene e bulgare. Gli attivisti dei diritti umani sostengono che la caduta dei regimi comunisti non ha posto fine alla pratica delle sterilizzazioni forzate rivolte alle donne Rom per il controllo della popolazione, a volte offrendo soldi, bonus (“premi di sterilizzazione”) o regali (sacchi di carbone, elettrodomestici ecc.) per estorcere il consenso. La questione è rimbalzata anche sui tavoli dell’ONU. E gli effetti cominciano a farsi sentire. Una coalizione comprendente “Donne Danneggiate dalla Sterilizzazione”, “Centro Europeo per i Diritti dei Rom” e “Fondo Sviluppo per la Pace” hanno lanciato una campagna globale per offrire supporto alle donne Rom vittime di pratiche di sterilizzazione forzata nella Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia. La campagna è sostenuta dal Programma di Sanità Pubblica dell’Open Society Institute e dall’Heinrich Böll-Stiftung di Varsavia. Le sopravvissute e i loro avvocati chiedono ai movimenti per i diritti umani di rafforzare i loro sforzi per assicurare la giustizia, e hanno iniziato dal Women’s Worlds Congress 2008, che si è svolto a Madrid dal 3 al 9 di luglio, dove è stata inclusa una tavola di discussione sulle pratiche di sterilizzazione forzata nell’Europa centrale, durante la quale è stato deciso d’inviare lettere di protesta contro tali pratiche eugenetiche alle autorità della Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia, chiedendo ai rispettivi governi di riconoscere l’estrema violazione dei diritti umani perpetrata sul loro territorio e di assicurare scuse e compensazioni alle sopravvissute. Sempre nel 2008, uno spot della CCN ha annunciato che sarebbe stato trasmesso, durante la serie “Storie mai raccontate dal Mondo”, il documentario “Processo per un bambino negato” sulla sterilizzazione coercitiva nella Repubblica Ceca. Afferma Anita Danka dell’ERRC di Budapest: “Qualche settimana fa, mi trovavo in un albergo di Vienna. (…) Curiosa di vedere le notizie, ho girato sulla CCN e quasi sono caduta per la sorpresa. Uno spot annunciava che sarebbe andato in onda il documentario “Processo per un bambino negato”. Essendo stata coinvolta da vicino nell’assistere i produttori del film a Madrid, ero strafelice di vedere il loro lavoro raggiungere il mondo”. Nella prima metà del 2009, il governo ceco assumerà la presidenza UE, seguito dalla Svezia. Dieci anni fa, quest’ultima nazione ha deciso di fare quanto la Repubblica Ceca non ha ancora del tutto fatto: ammettere che il programma di sterilizzazione, adottato sul suo territorio dai primi anni ‘30 sino agli anni ‘70 per limitare la fertilità zigana, ha portato all’abuso dei diritti umani e, di conseguenza, compensare le vittime di questa pratica. La legge riparatoria è passata tra il 1999 e il 2000. Con questa legge, la Svezia ha riconosciuto 175mila corone svedesi alle persone coinvolte. Oggi, questo paese è fra gli Stati-fautori dei diritti umani e della giustizia. Infine, nel gennaio 2008 la Corte Costituzionale slovacca ha chiesto la riapertura di un’inchiesta su tre casi di sterilizzazione forzata nei confronti di donne Rom. Con una sentenza storica, la Corte Costituzionale ha chiesto alla Corte regionale di Košice di risarcire le tre donne, che erano state sottoposte a sterilizzazione forzata tra il 1999 e il 2002. Alle donne sono stati accordati risarcimenti “per danni” per 50mila corone slovacche (all’incirca 1.420 euro). È stato, inoltre, introdotto nel Codice penale slovacco il delitto di sterilizzazione forzata.

Per saperne di più sulla condizione delle donne Rom nell’Europa dell’Est collegati a:
http://www.romawomen.ro/index.htm

(17 febbraio 2009)

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