Bistrattata, malfamata, depauperata. Passata da contenitore in cui i genitori lasciavano i figli sicuri che lì, tra quelle aule, seduti a quei banchi, si sarebbero formati e acculturati per avere un futuro degno dei loro sacrifici, a luogo che la 'vulgata' riduce spesso a corridoio di passaggio per insegnanti precari e adolescenti problematici. E a cui si è tolto, di fatto, il potere educativo. Tant'è che noi siamo il Paese della Buona Scuola, come se la scuola potesse anche essere cattiva. Già questa definizione, secondo la scrivente, la dice lunga. Ecco allora che la La Squola di Marilù Oliva (LiberAria), è un testo oltre modo attuale e coraggioso.
Tanto per cominciare perché descrive una scuola in cui ci sono dirigenti pronti a trovare una soluzione adeguata per ogni problema, docenti appassionati e motivati, supplenti che hanno come obiettivo la stabilità, non tanto e unicamente per ragioni economiche, ma perché vivono il trasferimento della conoscenza come un valore.
Ambientato in un liceo artistico della periferia bolognese, La Squola racconta le avventure del tenebroso e timido Fil, della bella e sensuale Miluna, del piccolo Cecio, della geniale Pauline, che reinterpreta col vocabolario della propria collera i versi dedicati da Catullo a Lesbia. In sotto fondo c'è Dante, con quei «prof sfigati» che lo amano tanto. Insomma, grazie a una equilibrata polifonia c'è l'adolescenza di oggi, tra tormenti e cronaca, tra voglia di fare i ribelli lasciando traccia di sé e comprensione che poi, la lealtà e l'amicizia, sono i veri binari su cui impostare l'esistenza. In tempi in cui con facilità si giudicano i giovanissimi inquieti, ambiziosi e poco volenterosi, Oliva ci restituisce un quadro diverso, con studenti scaltri sì, ma intelligenti, forse troppo cresciuti, ma non per questo con una moralità inferiore. Ci sono passaggi che fanno morire dal ridere, col minuto Cecio che venderebbe l'anima al diavolo pur di allungarsi di qualche millimetro. O che rattristano, con la baby squillo Miluna che percepisce di se stessa la 'sporcizia'. O che rasserenano, con Fil e Pauline che per strade diverse scoprono la gentilezza. Oliva narra tutto questo col loro linguaggio, alla 'Bela Vez', che noi abbiamo dimenticato. E fa parlare la Squola, che diventa personaggio, con un'anima. Un libro per ragazzi, ma anche per adulti, così distanti - forse perché impauriti dal cambiamento dei codici - dai quindicenni e sedicenni di oggi, che ascoltano Fedez, ma che non disegnano la Divina Commedia se proposta al ritmo del rap. A Oliva, scrittrice nota della narrativa italiana, che il 7 luglio uscirà con Questo libro non esiste (Elliot) terzo di una trilogia dedicata al tempo, va anche il merito di avere affrontato argomenti tanto forti quanto scomodi, come la prostituzione minorile, non fingendo che non esista. E di avere pubblicato con una casa editrice giovane e quindi minore. In pochi lo avrebbero fatto. Ma lei, insegnante di Lettere alle Aldini di Bologna, nella scuola, con la C o con la Q, ci crede.
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