Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2009
“Io sto bene in due posti. Allo Stadio e a Teatro”. Albert Camus
Sul campo sono macchine da guerra. Fuori si tengono per mano. Quando giocano fanno sognare o dannare. “Undici miliardari in mutande” secondo Brera, “polli da batteria” per la Slepoj. Ammirati come ninfette. Corteggiati come principesse. Ricercati come titoli finanziari, riempiono stadi e pagine di giornali. Sono Calciatori, merci pagate a peso d’oro nel suq di un calcio non ancora globalizzato. Ma soprattutto sono Corpi. Fasce muscolari intelligenti, teste fragili di bambini, amati senza sospetti da tecnici pigmalioni, tifosi e giornalisti. Sgambettano dentro e fuori dal campo per il piacere di altri maschi, potenzialmente gay, protetti dall’anonimato nel fair play dell’ammirazione verso il campione. Nudi, si abbracciano dopo un goal come virilissime “streepteuse” che al posto del reggicalze lanciano al pubblico la maglietta. Solisti di un unico coro o coristi per il campione di turno scambiano baci e carezze “machissime”, protetti da altri maschi voyeristi ed emotivamente spaventati, che sanno tutto dei preti gay, ma che nel tempio del calcio mai ammetterebbero fidanzamenti e amori mercenari.
Lascia un Commento