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La sfida di Mariarca

La sfida di Mariarca

Italia di oggi - Contraddizioni in un paese malato, nonostante 150 anni di Unità...

Bartolini Tiziana Venerdi, 28/05/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2010

C’è un Paese in cui il costo delle opere pubbliche è gonfiato a dismisura con il risultato che fiumi di denaro pubblico arricchiscono i già ricchi e potenti. C’è un Paese in cui una Asl per mancanza di soldi non paga gli stipendi e chi ha lavorato si lascia morire per protesta. È l’Italia di oggi, una nazione dell’Occidente progredito in cui convivono arcaiche espressioni del potere e flebili incursioni in una modernità più annunciata che realizzata. La notizia ha qualche settimana: Mariarca Terracciano, infermiera di 46 anni dell’Ospedale San Paolo di Napoli e madre di due figli, è morta probabilmente per conseguenza dello sciopero della fame e dei quotidiani e volontari prelievi del sangue. Da mesi non prendeva lo stipendio e simbolicamente voleva dire: ci dissanguano e ci riducono alla fame. Aveva scelto una forma di protesta estrema anche per denunciare un sistema lesivo della dignità. Quello che colpisce di questa vicenda è la pacatezza di Mariarca, che ha affidato ad una tv locale (Julie Italia) la sua testimonianza. Un gesto così pericoloso e di cui la donna (infermiera) aveva coscienza è stato dettato da una rabbia talmente profonda che non aveva bisogno di essere nominata ma anche dalla sensazione - e questo è davvero disperante - di non avere più argomenti, luoghi in cui organizzare altre forme di protesta. La solitudine di una donna su un lettino mentre un ago le buca la carne è un’immagine che interroga la politica, le istituzioni, le altre donne. Il mondo dell’informazione non ha raccolto quella protesta solitaria, se ne è parlato dopo il decesso perchè, evidentemente, alle persone ‘comuni’ per diventare notizia non bastano più i tetti o le ‘Isole dei cassintegrati’, devono morire per davvero. Per diventare notizia ad un politico qualsiasi, invece, basta poco: tutti i giorni interi tg sono confezionati intorno a parole vuote o inutili dichiarazioni, oppure un’intercettazione e voilà, paginoni a non finire. Sennonché ‘quella’ notorietà infastidisce ministri, sottosegretari o zelanti ‘servitori dello Stato’ e allora ecco che tempestivamente si confezionano leggi per impedire ai giornali di informare i cittadini circa comportamenti scorretti o eticamente deprecabili prima che siano definiti reati dai magistrati. Un Paese in cui convive la corruzione come sistema e un debito pubblico inarrestabile, i tagli ai servizi primari e intatti privilegi e sperperi senza che tutto ciò susciti adeguate reazioni e proteste è un Paese profondamente malato. È l’Italia di oggi che - come quella di sempre, dopo 150 anni di Unità - non ha ancora imparato che la legalità è la linfa che tutto tiene in vita: solidarietà, diritti, progresso e democrazia. Per quanto ci riguarda, come donne, la legalità è l’unica strada che possiamo percorrere per salvaguardare diritti conquistati e aprirci nuovi territori. Dovremmo prendercene cura con maggiore attenzione.



(31 maggio 2010)

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