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La sfida di Darwin

La sfida di Darwin

Evoluzionismo e creazionismo - Nel tempo abbiamo costruito, in autonomia dall’autorità religiosa, un’etica eminentemente umana fondata sulla libertà e sui diritti, ma c’è chi teme ancora il cammino della scienza

Stefania Friggeri Martedi, 02/06/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2009

Nell’Autobiografia, Charles Darwin scrive di aver corso il serio rischio di non essere accettato a bordo della Beagle dal comandante FitzRoy per colpa della forma del suo naso che non garantiva un carattere risoluto. Sono parole che oggi ci fanno sorridere ma che documentano quanto sia stato lungo e contrastato il cammino della scienza per liberarsi dalla superstizione e dalle teorie pseudoscientifiche ignorando la prassi argomentativa dettata da Galileo: osservazione, ipotesi formulata in termini matematici, verifica sperimentale. Sempre Galileo raccomandava di tenere separato il mondo della scienza da quello della metafisica perché il libro della natura e quello delle Scritture rispondono a domande diverse: l’uno ci parla di come “vada il cielo”, l’altro di come “si vada in cielo”. Ma il clima culturale in cui si affaccia la teoria darwiniana dell’evoluzione è ancora intriso dell’ossequio verso le posizioni fissiste e creazioniste delle chiese, custodi dell’interpretazione letterale della Bibbia; e Darwin ne era così consapevole che quando pubblicò L’origine delle specie, anche per riguardo verso la moglie molto devota, si espresse in modo prudente e rispettoso, senza nulla togliere però alla lucida formulazione della sua rivoluzionaria teoria. Del resto per Darwin fu chiaro da subito il potenziale eversivo della sua tesi secondo cui tutte le piante e gli animali derivano da un unico progenitore. Le reazioni furono infatti furiose ed è rimasta famosa la risposta che il biologo T. Huxley (battezzato il mastino di Darwin) diede al vescovo S.Wilberforce che gli aveva chiesto se discendeva dalle scimmie per parte materna o paterna: “Io trovo meno vergognoso discendere da una scimmia che da una persona che usa la propria intelligenza per oscurare la verità”. Fu chiaro fin da subito insomma che la teoria darwiniana trascendeva il suo significato prettamente scientifico e rappresentava un’importante sfida anche culturale sia sul piano filosofico che, in particolare, su quello religioso. Perché, dopo che l’astronomia (Copernico e Galileo) aveva messo in cantina l’astrologia e l’idea che la terra fosse al centro dell’universo per ospitare l’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, Darwin teorizza che gli esseri non sono usciti dalle mani del Creatore (creazionismo) così bell’e fatti come li vediamo (fissismo). E dunque l’evoluzionismo costringe l’uomo a ripensare se stesso e Dio, non solo nell’universo ma anche nella storia, sfidando il modo di vedere e concepire il mondo che si era sedimentato nei secoli in cui aveva dominato il finalismo: il fine ultimo della creazione è l’uomo, l’unico essere dotato di anima posto da Dio in cima alla scala degli esseri viventi. Il che vorrebbe dire che sono state provvidenziali le catastrofi ecologiche che gli hanno lasciato libero campo con la scomparsa di intere specie, come i dinosauri. Ma l’estinzione dei dinosauri non è che una delle innumerevoli crudeltà della natura, come siamo in grado di documentare ancor meglio oggi: si è scoperto che il 98% delle specie viventi, essendo inadatte, si sono estinte nel tempo, tra le quali alcune specie di homo (dotate di anima?). Del resto, se ripercorriamo la storia del pensiero, dall’età classica in poi sono numerose le voci di pensatori che guardano con occhi lucidi e disincantati al tema della natura “matrigna” in cui l’uomo è immerso. Esemplari le parole di Montaigne : “Di tutte la vanità, la vanità più vana è l’uomo…È possibile immaginare qualcosa di tanto ridicolo quanto il fatto che questa miserabile e meschina creatura che non è padrona neppure di se stessa ed è esposta alle ingiurie di tutte le cose, si dica padrona e signora dell’universo?”. E analoghe riflessioni intorno al tema della natura indifferente al dolore dell’uomo si possono trovare anche nel Dialogo della Natura e di un Islandese di Leopardi. Ma se dicendo natura intendiamo il “creato” sorge un problema: se Dio è buono, come mai ha creato un mondo di sofferenza? Vuol dire forse che non è onnipotente? Domande su cui si affaticano i filosofi e i teologi, domande a cui la scienza non solo non sa dare risposte, ma soprattutto di cui non deve preoccuparsi perché non è il suo mestiere. Ora invece accade che di fronte alle Grandi Domande, al Mistero insomma, le religioni – non tutte – intervengano invadendo il campo scientifico. Vedi le parole di Ratzinger (2006) “la teoria dell’evoluzionismo non è ancora una teoria completa e scientificamente provata”. E nel marzo di quest’anno (a 200 anni dalla nascita di Darwin e a 150 dalla pubblicazione de L’origine delle specie), in sintonia con le celebrazioni che si tengono in tutto il mondo, si è tenuto un convegno alla Pontificia Università Gregoriana. Ovviamente nelle conclusioni si riconosce che l’evoluzione è un “fatto”, ma poi si entra nel merito delle teorie che la spiegano, cioè nel campo filosofico. E qui, dopo aver distinto fra l’evoluzione come “fatto” e l’evoluzionismo (la teoria che prova a spiegarlo) “dentro il contenitore dell’evoluzionismo finiscono non solo le filosofie materialiste ed atee, ma anche la teoria darwiniana stessa”. È il gioco delle tre carte, conclude il filosofo della scienza Pievani, il quale poi aggiunge: “qualsiasi filosofia o teologia è libera di argomentare, di …trovare un senso ultimo… rispettando davvero la scienza”. Ma nel convegno alla Gregoriana “non una sola parola viene spesa per capire piuttosto, all’inverso, come la teologia debba rimettersi in discussione alla luce di ciò che scopriamo nella scienza”. E allora attenzione: negli Usa infuria la battaglia dei fondamentalisti per introdurre il Disegno Intelligente nella scuola, qui non siamo ancora a tanto (anche se la Moratti ha tentato un primo passo fallito in parte per la protesta dell’intero mondo scientifico) ma dalla Gregoriana esce un messaggio che lancia infondati timori: l’uomo, compromessa la dignità che gli deriva dall’essere il fine della creazione, sarebbe incapace di costruire in modo autonomo, nella storia, una proposta morale che lo innalzi al di sopra del mondo animale. E invece la storia dimostra il contrario: l’umanità nel tempo ha costruito, in autonomia dall’autorità religiosa, un’etica eminentemente umana fondata sulla libertà e sui diritti. Leggiamo i testi sacri dunque, ma non disconosciamo che il mondo delle scienze, della filosofia e delle arti liberali ha donato all’umanità un enorme e ricchissimo patrimonio culturale.



(1 giugno 2009)

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