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La sfida della conciliazione

La sfida della conciliazione

Idee - E’ arrivato il momento delle buone politiche al femminile

Iori Catia Lunedi, 31/10/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2011

Ci sono troppe donne a casa, troppe culle svuotate dalla paura di non farcela, troppi bambini sballottati qua e là per tenerli occupati: credo che questo sia uno dei più terribili circoli viziosi che affliggono il nostro paese. Un’autentica trappola da cui non si esce, se non dando peso alle donne, valorizzandone capacità e talenti oggi trascurati, ignorati e discriminati, creando rapporti più efficaci ed armoniosi tra vita e lavoro. Non c’è tempo da perdere: occorre varare una serie di iniziative tangibili e coraggiose. E’ arrivato il momento delle buone politiche al femminile e per far crescere le donne bisogna rassicurarle sulla loro capacità di fare, alzando la loro autostima e permettendo loro un’autonomia economica e finanziaria di genere. Che non mi si parli dei tanto diffusi finanziamenti europei: non basta “metterci dei soldi”: bisogna deregolamentare, semplificare, accreditare, monitorare sulla base di un disegno chiaro ed articolato. Quando incontro amiche che “stanno a casa” mi accorgo che alla base della loro inattività sta essenzialmente la mancata flessibilità di orari e tempi come precondizione per entrare nel mercato del lavoro. Se l’evasione fiscale diminuisse, le donne avrebbero diritto a più nidi e forse a più case protette per i loro anziani genitori anziché sbattersi tra pupi e badanti straniere. Io trovo che si blateri tanto ma poi a mancare è un’effettiva regia da parte di un onesto politico che condivida la diagnosi generale e scelga di farsene carico, anche dal punto di vista della costituzione istituzionale. Ma per imporsi all’attenzione si debbono muovere le donne: serve anche l’azione degli uomini, beninteso, ma senza le spinte dei movimenti femminili anche Blair e Zapatero non avrebbero puntato così tanto sui temi della parità e della conciliazione. Io sono per natura sempre positiva ma le stime mi dicono che quanto a rappresentanza femminile, l’Italia è davvero la democrazia del gambero. Come invertire la rotta? Da un lato punterei sulle Regioni dove si è consolidata un’ampia rete di strutture istituzionali per la parità con competenze sul welfare e il mercato del lavoro e dall’altro mi concentrerei verso l’Unione Europea che da tempo offre all’azione politica delle donne una vasta gamma di risorse finanziarie, normative e organizzative ma sempre bistrattate da chi consapevolmente non le vuole usare. In ogni caso, amiche, bisogna imparare a fare un gioco di squadra: perché quando qualcuna di noi viene eletta sparisce tra i livelli istituzionali e smette di partecipare alle pubbliche assemblee che prima la vedevano in pole position e ora la danno per incredibilmente impegnata? Qualche anno fa la Fondazione Gorreri lanciò la proposta di stipulare un patto per i nidi fra Stato, regioni e Autonomie locali e molte ministre donne si mobilitarono ma il lavoro di squadra non ci fu e l’appello rimase lettera morta.

Ma la vera novità sta nel PD: qui si è raggiunta l’effettiva parità tra uomini e donne ma bisogna identificare le politiche giuste , produrle e comunicarle bene. E occorre anche andare al di là del “tradizionale familismo”: certo la famiglia conta ma le libertà e le opportunità dei singoli, anzi delle singole vengono “prima” ed è tempo di porle al centro della politica sociale. Chi può raccogliere la sfida???

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